mercoledì 28 novembre 2018


Il colore degli occhi

Di Vincenzo Calafiore
29 Novembre2018 Udine

“ …che c’è di più bello di un tuo sorriso?
Vedere come illumina il tuo volto, quanto
ti fa bella? E’ il tuo sorriso, è il colore degli
occhi… che fanno di te la mia rotta, il mio andare…
solo se tu lo sapessi… chissà! “
                          Vincenzo Calafiore

Io lo sapevo, i tuoi occhi li avevo immaginati, come avevo immaginato te; eri così bella nei miei sogni che mi costringevi a rimanerci e io ci rimanevo fino a quando l’aurora non ti portava via.
Allora in quelle mie immaginazioni e nei frequenti sogni che venivano a tenermi su un confine tra realtà-sogno io ti vedevo così bella e piena di luce e fu in un sogno di questi che dissi allora: - Tu un giorno sarai mia - !
Di tempo ne è passato, ne passò molto e non sai che non ho smesso mai di cercarti, mai di pensare a quegli occhi così fondi, così irrequieti … come una notte che s’imbroncia e rimane lì, sospesa sui riccioli dorati di un’aurora infuocata.
Tu ora lo devi sapere, devi conoscere tutto anche i pensieri più reconditi di quel tempo, di come mi hai fatto impazzire in quelle notti bianche, di quanta strada ho fatto pur di trovarti, sì, trovarti perché ne ero convinto, certo che in qualche modo la mia anima avrebbe ritrovata la sua “parte” mancante, la migliore.
Tu lo sapevi già che quello che stavi vivendo non era ciò che volevi,
eri a conoscenza di non voler quelle mani e quelle labbra che ti hanno avuta,
eri come una finta Principessa triste, perché sentivi che c’era una parte di te che vagava in cerca della sua metà.
La mia Principessa triste, la Principessa dagli occhi tristi persa in un tramonto in attesa di un qualcosa che sentiva e non capiva!
Io ero già in te!
Ero io a svegliarti al mattino, a starti vicino in quei momenti tristi, ma anche in quella tua allegria che luccicava negli occhi.
La verità è che siamo legati da un qualcosa di inspiegabile, qualcosa invisibile, indistruttibile.
So e lo sento che sei – Anima – e comunque vada so che ti porterò dentro di me per tutta la vita e avrai in te qualcosa che ti farà sentire nonostante tutto che io sono e sarò sempre in te,
come fosse un altro cuore che batte seguendo i tuoi ritmi, i tuoi silenzi, la tua tristezza nel vedermi negli occhi di un altro.
Per sempre ti amerò!
Se potessi abbracciarti, ti stringerei così forte da non farti più andare via.
Se potessi volare,verrei a trovarti ogni giorno.
Se potessi vedere i tuoi occhi guardare il cielo…….
Se potessi raggiungerti,sarebbe la prima cosa che farei. Sempre!






Amarti, è bellissimo

Di Vincenzo Calafiore
27 Novembre 2018 Udine

“ …. Pensa a quanta vita sprechiamo
o si spreca in quest’inganno che è l’attesa!
L’attesa di un bacio, di una carezza..
si è un sogno che s’appresta lesto alle soglie
di desideri e sconfitti a volte torniamo
a vivere in una speranza fragrante di
essenze e aromi di un amore che sempre
più si rafforza ai limiti di un tempo fugace!”
                        Vincenzo Calafiore

Ai margini di un giorno sciupato, tu vieni, e porti seco quell’odore di vita che inebriandomi mi fa scordare la lungaggine e la noia di un giorno inutile.
Ci incontriamo ogni sera con gli abiti di scena pronti a volare sulle tavole di un palcoscenico, parlando e danzando sulle note di un valzer che ci porta via e ci allontana dalla mediocrità.
Noi siamo nei margini di una notte che avrebbe voluto vederci dentro gli bagliori degli sguardi con cui ci cerchiamo per non smarrirci in quelle solitudini che noi conosciamo, io e te e i nostri anni più belli, su quel palcoscenico ogni notte cantiamo e danziamo un inno all’amore, alla vita.
La nostra vita!
Ora come ora vorrei stringerti forte a me nel mio vorticare d’amore in attesa, di un momento magico, di quel momento magico in cui le nostre labbra unendosi in un lungo bacio sospendono il tempo e si mischiano per gustare l’amore, si uniscono per appartenersi.
C’è il tempo di appartenersi,
il tempo di amarsi, ma è che ancora adesso, dopo tempo, non faccio altro che domandarmi: che significa amarti, che significa desiderarti, che significa aspettarti?
Io lo so, lo sento, e lo voglio, appartenerti, lo immagino e lo immaginai già quando ancora non ti avevo trovata nella mia lunga ricerca ed era per me un motivo per andare avanti in quel  preludio di vita, allora come ora mentre lo dico mi commuovo e, penso che quando due si appartengono, tutto appartiene,le mani, le mie mani che non smettono mai di cercarti, e gli occhi i miei occhi che se non ti vedono non si sentono a casa e la mia anima, alla mia anima manca una parte.
Ma la vera domanda è: ma quando si appartiene fin nel profondo dell’anima, si smetterà mai di appartenere? Questo mi chiedo!
Ma c’è anche quel – sei mia – sussurrato o  quel – mio Dio… - detto piano piano con gli occhi chiusi e pieni di te!
E  cerca, cerca il mio sguardo come se fosse sempre la prima volta, e leggimi, leggi le mie labbra che sussurrano solo che – ti amo -; ma cerca anche le mie mani le stesse della prima volta che sanno stringerti e accarezzare il tuo volto, non farmi attendere, o desiderare, sfiorami col tuo respiro, col tuo corpo di nuvola.
Voglio o vorrei il tuo profumo sulla pelle per ricordarmi sempre o per ricordare che lontani io e te non possiamo stare.
Ti penso con questa mia malinconia che non se ne vuole andare via!








A volte un sogno si attarda
Di Vincenzo Calafiore
24 Novembre 2018 Udine

“ Pensi che io forse non abbia argomenti
su cui scrivere. Dovrei forse scrivere
della violenza, del sopruso, della mancata umanità,
della povertà, della miseria, della pedofilia, della violenza
politica? Ma ti rendi conto che si tratta di pattume,
di dissacrazione di ogni ordine di quei sacrosanti principi,
dei valori, di una umanità ormai troppo violenta?
Ecco perché scrivo e parlo di              

sentimenti che sono: l’Amore e l’amicizia … di cultura,
di poesia! Che altro c’è o ci è rimasto di cui valga la pena
di parlarne? ”      Vincenzo Calafiore


La cosa più bella è addormentarsi con quel pensiero in mente!
Svegliarsi ed avere ancora la testa persa nella dolcezza dell’ultimo sogno che si è attardato a uscire di scena.
In questo teatro di periferia, noi attori di terz’ordine, ci siamo andati in scena tante di quelle volte che si è perso il conto e ancora siamo qui, con tutta la nostra esistenza, con le trascorse esperienze più o meno belle come lo è stata e lo è ancora la nostra vita, una vita da “luci della ribalta..”.
E ancora dormiamo tutti assieme nelle poche stanze che possiamo permetterci, con la nostra intimità tutta sotto un lenzuolo o una coperta, che mai sarà o è stata violata; e in quelle stanze ci cuciniamo il pasto misero e nobile allo stesso tempo.
C’è sempre una finestra da cui guardare il cielo di notte, quando uno di quei sogni belli e felice s’attarda ad uscire di scena e costringe invece il cuore a tenerti sveglio, perché in quel sogno c’è un amore a cui andare o da tenere ancora affisso negli occhi e nell’anima, c’è una donna che chissà da un qualsiasi altrove sarà lì anche lei a guardare il cielo e a sperare in un tuo ritorno o arrivo, prossimo o imminente che sia.
Noi e il cielo!
Separati da una finestra, da una semplice lastra di vetro… a guardarla bene una finestra di tanti riquadri e in ogni riquadro una scena diversa, e quindi tanti palcoscenici da cui poter guardare il mondo, la vita che c’è oltre, o il sogno da raggiungere, l’amore che non c’è, l’umanità perduta in un rigagnolo di sangue che lento scorre lungo tutti i marciapiedi, che macchiandoli, putrefatto esala un odore che sa di morte.
E’ notte alta ed è quasi l’ora di andare in scena, e noi siamo qui, tutti …  funamboli e saltimbanchi, giocoliere, la ballerina sul ghiaccio e il domatore di leoni, l’attore di classe e l’attore pezzente, tutti qui pronti ad andare in scena su questo palcoscenico sconnesso e senza suggeritore, ognuno con la nostra parte da recitare a ruota libera, nulla di scritto o imparato a memoria, è tutto vero è tutta vita, limpida o opacizzata dentro in un bicchiere troppo piccolo per contenerla, un bicchiere di vita da mandare giù e sbronzarsi di vita più che di morte!
Perché è di questo che si tratta oggi e che va in scena replica dopo replica: Signori… la morte è servita!
La morte bianca, quella che ti affascina e poi ti lascia cadere rumorosamente a terra, quando ti sei votato al successo e alla notorietà; ma anche quando hai cominciato a rubare fino a diventare una bestia famelica e insaziabile a discapito di altri…
La morte solitaria, quando non sei nessuno o peggio ancora quando ti fanno diventare nessuno, perché privato dalla dignità di uomo, della libertà di uomo, dell’onore e del significato di essere uomo!
Che notte dietro una finestra a scrutare il cielo, in cerca di una stella in quel mare nero, cercarla come un faro a cui dirigere per non affondare o morire annegato in un mare di lacrime che dentro scorrono silenziose, prima goccioline come piccoli diamanti, poi sempre più fiume, sempre più vita.
Ed è un pianto miracoloso, che passando fa sbocciare profumati gelsomini… mentre lenta negli occhi scorre lenta l’immagine di una donna che sorride, la donna che si ama, la donna sogno di sempre, palcoscenico su cui andare in scena una vita per una vita ancora!
Una donna da vivere fino in fondo come sogno, come vita!!!!! 




giovedì 22 novembre 2018


I giorni inutili non sanno attendere

Di Vincenzo Calafiore
22 Novembre 2018 Udine


“ …. Chissà se hai ragione tu,
chissà dove sarà andato a finire il grande Sogno!
Senza non c’è significato.. ma vedi, il fatto è
che ci sono troppi significati e che invece di
una verità assoluta v’è un brulicare di verità
relative che si contraddicono l’un l’altra quando
l’unica certezza in questa vita è:
 la saggezza dell’incertezza! “                                                                                                
                                                                                                                                                Vincenzo Calafiore


E’ una di quelle notti col viso tagliato da rughe profonde come solchi lasciati da un aratro lucido e affilato; intorno un’atmosfera aspra e silenziosa, per certi versi opprimente, ritagliata in esigui spazi ove vivo, marmorizzati nella malinconia.
Estingue la gioia, opacizza i sentimenti, fa avanzare i giorni inutili che non sanno attendere e si diffondono in un’insinuante proiezione d’ombre che fanno parte di una storia personale ormai quasi ai limiti del precipizio che l’attende, e delle cose stesse che dilagono in sordina in ogni luogo dell’anima, incrinano i pensieri stendendo un insidioso velo di grigiore, quei giorni inutili che non sanno attendere il loro giusto momento.
E’ ora uno di quei giorni inutili che s’appresta a prendere possesso della mia anima così lontana  e così vicina alle amate e fugaci immagini, così appresso a tanto desiderio di così tanto amore che si sperde lento nelle grumose ore di questo giorno.
L’amore o amare a volte e specie in questi giorni inutili, crea una dimensione discorsiva un po’ ovattata, ricca di sollecitazioni, ma che si rallenta in pause e segmenti di magie in attesa, di un si che a volte non arriva.
La mia confusa disperazione è un buio davanti agli occhi, tanta attesa che svena e toglie pian piano le vane speranze di poter risentir profumo e essenza di un viso da stringere tra le mani, di occhi in felicemente annegare di felicità, si avviano così una sorta di sfida tra me e loro che, cedendo a poco a poco le reciproche passioni finiscono per sentirsi ancor più attratti … noi che non finiamo di dirci .. ti amo che già c’è il desiderio di ripeterlo come fosse una conferma, o una promessa, o un richiamo di vita.
E in questo mio silenzio si infittiscono monologhi e dialoghi sottovoce, interrotti e ripresi senza tregua, gli incisi che preparano altri ideali incontri in quel buio davanti agli occhi…
E sempre agisce una frenesia che travolge il cuore di passione e sensualità evaporata ai bordi di un’esistenza fatta più di attese che di realtà.
Verrebbe voglia di andare a prendersela quella felicità distante, così come l’amore vuole che sia; l’amore è per i coraggiosi, disposti ad affrontarne le sofferenze, pur di assaporare i pochi momenti di passione.
Ma la passione a volte fa anche paura, poiché in ogni caso implica la resa di fronte alle distanze, alle lontananze e queste lasciano chi ama sospeso in una sorta di limbo in cui non vale la pena di sapere che giorno sia.
Questa è una condizione in cui si è liberi di amare, di desiderare, e di amare desiderando ogni cosa di lei, o tutto di lei!
Però, in tutto questo c’è la mia solitudine che con la stessa sollecitudine propone e leva allo stesso tempo come a volermi trattenere in quello suo stallo opaco e senza orizzonti a suo compiacimento.
Non capisco a volte se l’amore o amare è sofferenza o se lo è se non c’è l’amore… è una domanda a cui non riesco a dare una risposta, ma forse questa sta tutta in quel gran significato che è l’amore nella vita di ognuno; ma è tuttavia vero che la solitudine è l’altra faccia dell’amore come lo è la passione e altrettanto anche l’attrazione dei corpi, sfaccettature di un diamante che a guardarlo inonda gli occhi di luce come quando sogno lei anche ad occhi aperti!



… Ti dovrei inventare

Di Vincenzo Calafiore
21 Novembre2018Udine


“ tratto dal mio terzo o quarto manoscritto:
- La ragazza dallo strano nome -  credo sia del
2009 tre anni di notti bianche. Una pagina questa scelta, perché credo sia la più bella, dove il personaggio esprime ciò che per lei sente e lo fa alla stessa maniera di come lo potrebbe fare un adolescente … E la dedico a coloro che si amano e si cercano come l’erba vuole il vento, come il mare che cerca la spiaggia, come gli occhi cercano una stella in cielo…”

“ La ragazza dallo strano nome” Una dichiarazione d’amore lunga 112 pagine. Di
Vincenzo Calafiore, mai pubblicato!

Ciao Ragazza dallo strano nome,
il tuo nome è bello anche nel pronunciarlo ….. anche se la mia pronuncia lascia molto a desiderare; sono tante le cose che vorrei dirti, ma tante davvero! ,  che mi fanno entrare in confusione, non sono nelle perfette condizioni di scriverti, farò anche confusione, sbaglierò pure qualcosa, e sai perché? Perché ti amo, perché mi piace tutto di te, specialmente quella tua maniera di sorridere, e di come mi guardi con quegli occhi da gabbiano che tieni.
Ma non ho alcun dubbio a riguardo del mio sentire.
Se non avrei potuto averti, avrei dovuto inventarti, ti dovrei inventare!
So che esiste la felicità, la sento in me, l’avverto continuamente nel lento scorrere delle ore, ma come quantificarla, o descriverla?
Sin da giovane, quando sui banchi di scuola invece di seguire le lezioni, disegnavo con la biro sulle pagine del quaderno di latino, un viso di ragazza che stranamente poi nel tempo non è mai andato via dalla mia mente.
Io era con te con una donna come te che volevo vivere, dividere la mia vita, ma più che altro condividere con te i miei momenti; pur sapendo che per te sarebbe stato difficile stare accanto a un uomo sempre con la testa altrove.
Nel tempo la mia vita è cambiata, a un certo punto tutto si è fermato, una parte di vita è andata perduta, i ricordi si sono sdruciti, ma tu, la mia ragazza dallo strano nome invece no, sei rimasta lì nel posto tuo: nel cuore!
Sono andato via dalla mia vita per rifarne un’altra, in un altrove diverso e molto distante dal mio che confinava col mare e col mare io cominciai a parlare d’amore, a lui consegnai i miei affanni, i miei pensieri, i miei desideri ….
Nell’altrove dove sono stato precipitato come accade mi sono fatto la mia famiglia.
E tu?
Di te non ho mai saputo nulla, tu eri la mia donna perfetta, quella che sognavo e immaginavo, e speravo di incontrare in tutte le strade che ho attraversato, a un incrocio, a un semaforo.
Non ho mai smesso di cercarti, mai smesso di amarti, mai smesso di desiderarti nonostante non ti avessi mai conosciuta eppure io lo sapevo, lo sentivo, che tu c’eri, che da qualche parte tu c’eri, in carne e ossa, così come io ti disegnavo su quel quaderno di latino che ancora conservo.
Io lo sentivo che Tu eri lì … da qualche parte, perché il mio cuore me lo diceva sempre ed era da te che voleva venire, per sentir frinire gli anni dentro il lampo negli occhi che li costringeva a chiudersi.
Avevo immaginato il tuo profumo di pelle, una pelle bruna come il mare all’imbrunire, tanto che lo avvertivo nell’aria e di notte in quei sogni che ci vedevano assieme.
Com’è possibile che questo, che tutto questo accadesse regolarmente ogni notte, così per tutto il mio tempo; era come se anche tu dal tuo altrove inconsapevolmente mi stessi cercando, ci cercavamo, i nostri occhi si cercavano, così pure le mani, le braccia che volevano ad ogni costo stringersi.
Ero, tornato dopo tempo al mio mare e sono stati giorni di lunghi silenzi e di spazi vuoti, ma la memoria no, lei tornava a riproporre la stessa immagine di allora.
La sera passeggiando tra la gente ho sentito un brivido che attraversò il mio corpo quando una donna mi passò vicino, sentii nell’aria quel profumo di donna di sempre.
Il mio cuore ebbe un forte strattone non era dolore era felicità.
Dopo tempo ti avevo trovata, noi che siamo stati predestinati finalmente ci siamo incontrati.
Io e te, non più sogno ma finalmente realtà!
E il mio cuore lo sa, la mia anima lo sa.
Ora te lo posso dire che ti amo, che ti ho sempre amata.
Ora te lo posso dire che voglio finire i miei giorni con te.
Per sempre ti amerò!


lunedì 19 novembre 2018


E’ la vita

Di Vincenzo Calafiore
20 Novembre2018 Udine


Sono le tre del mattino, c’è chi si alza a impastare del pane per poterlo sfornare caldo e croccante e l’aria sa di cosa buona, sa di vita; ma ci sono altri che magari negli ospedali non dormono perché magari lottano per la vita, o la vita la stanno lasciando, o perché la vita arriva e fiorisce.
Questa è l’ora giusta del “ pensiero “ … la poesia delle – ricordanze – penso a quanto sia bella e serena la mia vita; penso pure in verità anche con un pizzico di nostalgia ai miei giorni che si sono vaporizzati magari troppo in fretta senza averli potuto godere, così come pure non ho potuto godermi mamma e papà … allora pensai al mio futuro e li ho visti in tempi e da luoghi sempre diversi e sempre più lontani da loro, invecchiare.
E oggi tocca a me! Sto invecchiando assieme al mio tempo, ai miei ricordi che finiranno con me, come finiranno di vivere con me mamma e papà, in un certo qual senso finirà la nostra personale eternità.
Ma questa non è tristezza semmai è contrariamente felicità, perché se oggi sono qui è perché non mi sono mai lasciato vincere dal mare grosso della vita, quando con le sue bordate di onde anomale cercò di farmi annegare.
Amo questa vita e l’amo più di ogni cosa al mondo, non vita come anno..età, ma vita come amare, sì potere amare una donna come la qualsiasi pagina scritta o da scrivere.
Amare perché è l’unica cosa al mondo che fa stare bene.
Sognare perché è il sale della vita.
E allora chiedersi, piuttosto che piangersi addosso, piuttosto che essere tristi, quale sia il segreto o meglio la ricetta per fare felicità quotidiana e felicità intima, preziosa, e comunque sia, comunque la mettiamo che sia sempre felicità.
Basterebbe un pizzico di follia; la follia è la base di questo pane chiamato: felicità!
E vi aggiungiamo un bel viso di donna, della donna che si ama, quella che sta nel cuore, o che si frequenta da poco, o da una vita, o quella a cui da poco o da sempre hai giurato amore.
E di questo viso ricordare o immaginare i suoi occhi, il suo sorriso che la illumina, ricordiamo le sue mani, la sua voce, la sua risata.
Aggiungiamo anche un pizzico di fantasia,
un pizzico di allegria.. la musica, la colonna sonora della nostra vita!
Un pizzico di desiderio, e perché no, un pizzico di coraggio.
Impastare il tutto e dargli la forma che si vuole senza dimenticare che questa ricetta è da farsi ogni giorno aggiungendo quelle arie che lascia la musica, una bella canzone come: La vie en rose, C’est la vie, Amapola, My Vay, Il nostro anniversario, Resta cu mè, Un grande amore e niente più e via via… facciamone colonne sonore del nostro giorno!
Bandiamo la tristezza della quotidianità, del malinteso, dello sparlare a vanvera, dell’impiccio o dell’impicciarsi dei fatti altrui, non giudichiamo se poi non vogliamo essere a nostra volta giudicati, facciamo del bene  o opera buona senza aspettarsi un grazie.
E invece di arrabbiarsi condiamo con un ottimo e d’annata: Vaffa!
Ma il sale di tutto questo impasto sarà e dovrà essere: lei, la donna meravigliosa che si ama.
Mettiamola al primo posto, che sia il primo pensiero, che sia quel ti amo per sempre!
Facciamo di lei il nostro nutrimento quotidiano senza violarla, offenderla, oltraggiarla, manipolarla, sfruttarla! Amiamo questa donna nella stessa misura con cui si ama la vita, perché lei è la nostra vita, è il nostro orgoglio, il nostro quotidiano, il nostro vivere un’eternità che sta nella stessa misura, nell’uguaglianza, nell’identità, in quella piccola parola: ti amo.
Ecco, se noi riuscissimo ogni giorno a fare questo, saremmo dei bravi fornai che a queste ore di notte si alzano a impastare un pane!
Un pane che sa di felicità piccola o grande che sia, quella felicità che ci fa camminare un pizzico più alto dalla nuda realtà.
Amiamo per essere amati e soprattutto ricordiamo per essere ricordati.
Pensiamo ad un amico o a un’amica, chiamiamoli o chiama mole anche per chiederle o chiedere solamente come stai o per dare un buongiorno e mai dimenticarsi di loro, e peggio ancora chiamare solamente perché sia ha bisogno di aiuto quando invece tu, noi, non lo abbiamo mai dato loro… potremmo non ricevere alcuna risposta.

sabato 17 novembre 2018


La ragazza dallo strano nome: “ M “



Di Vincenzo Calafiore
17 Novembre 2018 Udine

In certe albe è facile perdersi nei paesaggi di terra e d’aria, forme geometriche che si disperdono a volte, e vicine si presentano ammuffite, giocano d’azzardo e troppo velocemente ingannano gli occhi.
Sono cattedrali dell’anima in cui ogni cosa reale è già secolo di ieri, e una ragazza che passa veloce nello spazio ristretto di uno sguardo è una cometa, passa veloce, e un’altra ancora, forse quella amata, come un soffio di sogno, rimane impigliata nell’anima e nella memoria.
La ragazza dallo strano nome, rimane ai bordi della notte tra le immagini più care mai uguali e insieme ad altre, a comporre la mia storia degli affetti veri della vita, tra le cose tangibili e grumose e il volare alto nell’aria del cuore, sulle ali della felicità, e assieme attendere la fine di ogni incontro con un bacio.
Ha gli occhi di gabbiano che svelano parole impigliate nella rete di distanze e lontananze e quando passa lascia di se, essenze che rammentano una vita.
Impronunciabile il suo nome, la chiamo così d’istinto – M – Emme!
Un nome veloce che la raggiunge sempre,ovunque si trovi… amarla o poterla amare è un disegno geometrico in cui l’ordine, tragitti, tempi e voci si compone attraverso i miei deragliamenti, le crepe, gli interstizi, il salto degli intrecci dei desideri, le sbandate del mio sentirla profondamente in me come un formicolio di parole e desideri che via via pensandola e immaginandola sempre più s’intrecciano fino a divenire radici in fondo al cuore; tanto che la mia vita si affaccia ogni dì alla nuova vita felice e si rintana nuovamente nell’attesa, di un sì o di un passaggio veloce dinanzi agli occhi miei sempre in attesa di coglierla e trattenerla fino alla vicina ormai nottata di sbandate e annegamenti in un mare di solitudine con le braccia che stringono il nulla.
La confusa disperazione dei pensieri sempre di lei, davanti al buio dinanzi agli occhi, il cercarla e desiderarla che non finiscono mai colpiscono e feriscono, cedono a poco a poco passi alla notte che incombe minacciosa e severa, finisco per sentirmi sempre più attratto, sempre più innamorato, sempre più solo.
Nel buio si infittiscono i lunghi monologhi e i dialoghi di un cuore che man mano impazzisce come onda anomala salta gli insoluti e dilaga, stravolge l’anima; dialoghi interrotti e ripresi senza tregua, gli incisi che preparano altre tensioni che il cuore si porta dentro, l’intreccio serrato e aperto alle sue voci che da una distanza sopraggiungono, e sempre agisce una frenesia d’amore che rendono volutamente un assetto asimmetrico l’assetto con i vertiginosi incontri dei si, delle braccia che si intrecciano delle mani che si cercano, dei corpi che si vogliono, si cercano.
La mia battaglia perduta di separare la presenza dall’assenza, il desiderio dalla paura di perderla. E intanto passa la vita che trasforma il desiderio in parole e versi e riscoprono quella fantasia inutile come le preghiere della sera.
Cado a volte vittima di un realismo lucido e increspato, mostra la dura ricerca della felicità e dell’amore, sorpassa la prevista mimesi del visibile costringe a salire alla ribalta con visioni stravolte dal desiderio delle sue labbra, delle sue mani, del suo corpo, del suo “ SI “,  la ragazza dallo strano nome: “ M ” !




sabato 10 novembre 2018


Il giuoco dei sensi
Di Vincenzo Calafiore
11 Novembre 2018 Udine

“ L’Amore non ha mai fine, potrà finire la sessualità fisica ma
no quella – mentale – che porta ancora desideri e immaginazioni
di un possibile quasi impossibile. Resta però l’Amore
questo grande paradiso in cui risiedendo si rinasce a nuova vita
ogni momento del giorno, ed è questo, proprio questo il miracolo
della vita che si eterna ogni volta che gli occhi si incrociano e si
raccontano. E’ questo l’Amore, quando a una lei si riesce ancora
a darle un’emozione, un sorriso e tanto altro ancora!”
                                                         Vincenzo Calafiore

Ci diciamo che tutto va bene, consci che è una menzogna, perché non va bene, non è vero, nascondiamo a noi stessi tutta la solitudine, le insoddisfazioni, i desideri, l’agognata libertà.
E’ capita che certe notti tutto questo torna e si fa quasi l’alba in un letto quasi prigione; è come se il mare di dentro all’improvviso vomitasse tutto e venisse rotta una tregua.
Ma le cose cambiano quando di mezzo c’è l’amore, i sentimenti, i desideri; capisci che non c’è nulla, ma proprio nulla che li possa fermare.
Non si tratta del semplice atto sessuale, è un qualcosa di più, ma molto di più grande, è di corpi che si cercano, di mani che si stringono, di labbra che cercano altre labbra e occhi dentro altri occhi con tutta la passionalità dell’amore sentimentale e dell’amore fisico che si fondono in un unico, in un grande desiderio dell’altra e dell’uno.
L’ Amore è un grande sentimento che fa scaturire tantissime altre emozioni ad esso collegate
come la passione, l’appagamento, la gioia, la malinconia, la tristezza.
L’Amore, da cui trarre l’energia per la vita, è un tutto che manifesta una riverenza incantata verso la bellezza, intesa come scintilla di vita, perfezione della natura, e come ispirazione alla vita. Con l’Amore si  raggiungono, così, livelli altissimi di un profondo senso di appartenenza a qualcosa di superiore che tutto nutre e tutto contiene, inclusa quell’umanità oggi troppo spesso dimenticata e dimentica il ruolo fondamentale ricevuto in dono in quel “Tutto”. Ma nel lento scorrere del tempo più mi rendo conto che il fuoco di dentro obbliga ancora a riempirlo di più ogni giorno, ogni momento del giorno. Quanto più invecchio, tanto più inutili mi sembrano le grandi soddisfazioni che cercate nella vita, tanto più comprendo dove andare a cercare la gioia e la felicità. In questa età dopo tanti naufragi e salvezze si impara che l’essere amati è uguale e nella stessa misura all’Amare, e sempre più si comprende che a da valenza all’esistenza è la capacità di – sentire -. Ovunque guardando s’incontrano occhi che chiedono e raccontano qualcosa che si può o si possa chiamare –felicità- e ci si rende conto che nulla ma proprio nulla, denaro, potere, lusso, ricchezza, miseria e povertà non sono niente di fronte a un briciolo di felicità, a un amore sentito che passando dagli occhi alle mani raggiunge il cuore. La verità è che nulla è più grande dell’Amore, la bellezza non è niente, la salute non ha un gran peso, ognuno ha la sua salute, ci sono malati pieni di voglia di vivere e fioriscono fino a poco prima della fine e ci sono sani che avvezzano angosciati dalla paura della sofferenza. Ma la felicità è ovunque un uomo ha forti sentimenti e vive per essi, non li lascia, non li violenta, ma li coltiva e ne trae godimento… come la bellezza che non appaga chi la possiede, ma chi sa amarla e adorarla. Io penso che più forte è il desiderio più forte si ama la vita, perché di questo si tratta, felicità del vivere la vita e l’Amore. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa. L’Amore è desiderio fattosi saggezza, l’Amore non vuole avere, vuole soltanto dare, amare!



venerdì 9 novembre 2018


Ah, questa felicità…
Di Vincenzo Calafiore
10 Novembre 2018 Udine
… non è un’abitudine, al mio risveglio
il primo pensiero a te, è una richiesta
dell’anima … poi lo scrivo quel mio:
ti amo! Nel scriverlo mi commuovo
ed è un messaggio che rimane lì come
una fotografia tutto il giorno. Chissà
perché sto bene e mi fa capire che in fondo
la – felicità- è la migliore medicina, il
più dolce veleno per morire dentro
un pensiero, un ti amo! “
           Vincenzo Calafiore

Ah la mia felicità dentro e attorno, la mia felicità senza luogo né tempo, a volte pensiero spezzato, frangente come le onde del mare su una spiaggia vinta dal sole.
I pensieri si posano leggeri sulla ragione, in riva di un - ti amo -, come piccole pietre  che si urtano trascinati via dalla risacca.
Vorrei tu fossi qui, dinanzi ai miei occhi ad ascoltar la mia voce spezzarsi dalla commozione  e farsi pigra, indolente  in un tempo presente, il presente sospeso dell’arresa e dell’attesa, del desiderio e della malinconia.
Tu, il “ mio” rifugio che mi accoglie e mi lascia andare seguendo forse il movimento del mio mare di dentro, come impeto di una passione che non si placa e si rinverdisce nella sua continuità di immagini scorrere lente ai margini di un desiderio senza fine.
Tu lo sai che nulla è permanente, né una casa, nemmeno le cose, nemmeno la vita, ecco perché ti chiedo di amarmi ora in questo mio tempo, in questo momento a cui mi aggrappo per non lasciarlo andare via.
Ecco allora la mia notte tempestosa, proprio come il mare, che si lascia scrivere ai ritmi di una vita che vale, di un flusso e riflusso che non si quietano mai, non si consumano, non consumano.
E di notte il tempo della contemplazione, mi trova solitario in cima a un mondo, il tuo. E’ Il tempo del riposo, del pensiero, il tempo del mare, infinito fluttuante, sciabordante, nell’eterno conflitto e nell’assoluta complicità tra l’andare e il venire, tra l’amare e sentirti mia e l’amarti con desiderio.
Il tempo della distanza, dal tuo amore, dal tuo sapermi amare, dal mio amarti così, così come sei.
Il tempo del piacere del contenimento misto indistintamente al dispiacere della prigionia di un occaso che negli occhi si orla della mia felicità.
Lo so che non bisogna imbrigliare il tempo, cadenzarlo, so che devo lasciarlo andare, non prima di essermi consegnato interamente all’amore.
Ecco allora che la mia vita asseconda il mio tempo forse con lo stesso ritmo di una nave  che si stacca dalla terra per muoversi silenziosamente maestosa e lenta verso l’orizzonte.
E, pian piano si mostra, prima sfocata e poi sempre più meravigliosa, più meravigliosamente visibile, la piccola, immisurabile e vicina vita, quasi ferma nel tempo, amabilmente disordinata; la mia vita come una montagna capovolta affondata in quel mare di sogni ove tu vivi.
Un mare capace di introdursi mansueto in ogni sua insenatura, di spaccarsi violento contro ogni difesa.
La mia vita, come un diario d’amore, quasi una metafora e immagine di me stesso o di noi, dell’esistenza umana circondata da un mare    azzurro, blu, grigio, celeste,viola, buio, bianco, cobalto, il mare che lambisce i suoi contorni e li modifica ininterrottamente, così come accarezza i contorni dell’anima, li travolge e li ridisegna spostando il significato dalla vita di ciascuno, di qualcuno, alla vita di sé, in tutte le sue forme.
Ecco perché il più delle volte mi ritrovo a dirti – t’amo – e non mi aspetto una conferma, né una notte d’amore, ma un sorriso sì, che è una conferma della tua esistenza entro la mia esistenza, come una mano dentro l’altra mano.
E’ questa la vita, così dovrebbe essere, senza pensare a nulla di più dello stare bene assieme, del condividere non solo la felicità o la gioia da essa, ma anche la tristezza, il momento della solitudine, le incertezze.
Fossimo almeno capaci di fare questo! E invece l’intorno è sempre più di cattiveria, di miserie umane, di ipocrisia, di assenze e lasciti vuoti d’ogni sentimento.
Fare dell’amore la protagonista assoluta del nostro personale diario, con la semplicità complessa dei suoi stessi vitali elementi: fuoco,acqua,aria, terra.
Fare dell’amore la madre dei pensieri e del tempo non quello che batte la pendola, o quello segmentato del ticchettio di un orologio, ma bensì quello del cuore definito dai: luce-ombra; sole, buio; alba,tramonto; estate-inverno; autunno-primavera.
Vivere nella prospettiva di sosta, di sollievo e di sorpresa, di consegna, nello sciabordio del nostro esistere che si poggia sul bagnasciuga di ciottoli, di storie uniche e personali.
L’amore ci ricorda, con la sua vastità e immensità, che non siamo niente. Niente di rilevante, niente di durevole… ma non importa, possiamo superarlo solo con l’unica arma che possediamo sin dalla nascita: l’Amore.
Amarti è come lasciare le mie impronte sulla tua anima. Ecco perché ti amo!

             

lunedì 5 novembre 2018


Di lei mi ricordo tutto

Di Vincenzo Calafiore
06 Novembre 2018 Udine

“ … ti confesso una cosa, proprio a te
che mi leggi. Devi sapere che io scrivo
perché mi piace scrivere. E’ un dolce malanno
dal quale non guarirò mai e almeno fino a quando
i miei occhi reggeranno. Non pretendo nulla
da te, voglio solo che siano motivo di coscienza
i miei scritti, che ti inducano a pensare in maniera
diversa dal gregge.
Non voglio il solito inutile “ mi piace” è solo una
maniera di porsi sbagliata; meglio un grazie o un
commento anche se attinente o no, ma il
“ mi piace “ è ipocrita, una cosa da non fare
specialmente con uno scritto, storie di passaggi
esistenziali, come frammenti di un affresco
assai più grande, che per farlo ci vuole
tempo e il mio tempo è notturno! “  Grazie
                                              Vincenzo Calafiore


Di lei ricordo tutto, perfino il ritmo del suo respirare, adesso non so se è la memoria a proporlo o è perché tanto amandola ricordo ogni cosa di lei, anche la maniera di come solo lei sappia prendere tra le mani il mio cuore, la maniera di accarezzarmi con i suoi occhi che ancora adesso in questa mia età balorda e ruffiana, per certi versi ingannevole visione di un
“Altrove” ancora da raggiungere, da esplorare e viverci fino al prossimo sogno, fino alla prossima vita; ormai sono solo che un vecchio che si rattoppa i giorni addosso, come fossero loghi adesivi di città visitate sui vetri di una finestra.
Ma oggi anche il tempo invecchia in fretta, passa rapidamente su noi o perde senso in questa era veloce, sporca di sangue, arrugginita dalla smania di depredare e barattare tutto, ogni cosa, persino i grandi sentimenti come l’amicizia, l’amore.
Io l’amo e più di ogni cosa, con tutti i suoi se, con le domande, coi suoi sorrisi, con quegli occhi che sanno come Circe ammaliare.
Io e lei nella nostra terra dai confini sfumati e valori da ridefinire, la nostra terra coinvolta in guerre vicine e lontane, Viviamo sempre in espressione di un amore intramontabile, per un sempre  - sì – che sa di eterno, pur nella sua stessa brevità vitale.
E’ dunque così il tempo è aria che muove in su e in giù, è respiro di labbra che si sfiorano in una indimenticabile notte e lei la lascia esalare da labbra appena socchiuse in attesa di un bacio!
Il tempo, l’acerrimo nemico, tutto segna e riesce assieme ad essere lieve come la coscienza, allusivo come i vocaboli e gli aggettivi scelti con cura per non ferirci, per non finirci.
Così come in Tristano Muore, Tristano si chiedeva: .. la vita appare un po’ qui un po’ là, come meglio crede. Ma sono briciole, il problema è come raccoglierle, dopo, è un mucchietto di sabbia e qual è il granello che sostiene l’altro?
E come capita, alla fine di Tristano resta il suo profilo, un’impronta che ricorda l’ombra stampata nella memoria.
Guardarla negli occhi solamente, senza dire una parola, nel silenzio ascoltare i respiri lenti come di chi sta adagiato nell’estasi, e poi nella poca luce di un chiarore notturno con la punta delle dita seguire le linee del suo volto già imparato a memoria e farlo solamente per sentirne leggero il pulsare del desiderio sottopelle provenire da una meta ancora più lontana.
Trascorrere così una sola notte sarebbe uguale ad altre mille d’amore, perché è proprio lì che sta la bellezza, lì risiede la passione nell’attesa della pelle del passare delle dita… e lei queste cose le sa, e rimane così in attesa come me dalla’altra parte del mondo che svegliandomi la prima cosa che riesco a dirle è : ti amo! Tutto ciò tuttavia è un “ notturno indiano” il fascino e il senso di un amore più grande di noi stessi, è quella nota di indefinita nostalgia che vivo accorgendomi dello scorrere lento e inesorabile della vita e allo stesso tempo avvertire il mio essere indefinito.
Io sono un controtempo che torna spesso alla realtà effettuale, a far la guardia alle rovine,desolate ma umanissime del mio essere uomo che si oppone all’erosione, ai muri e confini in cui questa società vorrebbe che fosse, ma perché l’inverno dello scontento non sia soltanto protesta o acredine!
Mio Dio, quanto sarebbe stato bello potergliele dire queste cose, invece di scriverle e alla mercé di una platea distante, troppo distratta, avvezza alla consuetudine, che non immagina neppure quanti mondi vi siano celati in ogni suo rigo di parole di ogni scritto!


venerdì 2 novembre 2018


Che Euopa è ?

Di Vincenzo Calafiore
1 Novembre 2018 Udine

Questi che stiamo attraversando non sono “ bei tempi “ ovunque in ogni parte del mondo non v’è contentezza, ma neanche gioia di vivere; tutti siamo pervasi dalla strana e incombente sensazione di un grande malessere sociale planetario.
Pare che l’uomo altro meglio non sappia fare, oltre gli stati di tensione, le guerre, le repressioni, lo sfruttamento dei più deboli, l’economia, il denaro, il potere.
E per ottenere la supremazia, il potere, la ricchezza, non si risparmia in niente.
Per l’Italia non è un gran bel momento, non lo è neanche per noi  - italiani – sono troppe le disuguaglianze, sono troppe le cose mal fatte fin qui, è troppo il rancore che divide una maggioranza dall’opposizione….. è troppo tutto.
Un’Europa così fatta non serve a nessun Stato se questo ha perduto la Sua Sovranità, se non può dettarsi delle regole, se non può attuare la giustizia che più vuole, e questo lo dimostra il risarcimento che l’Italia o meglio lo Stato dovrà elargire in favore della famiglia di un mafioso condannato al 41bis, un uomo responsabile di atrocità, un sanguinario, una belva!!!!
Nietzsche ha affermato che ogni nostra azione ha come fine ultimo l’aumento del potere o del nostro potere. Inoltre afferma che certe madri hanno bisogno di figli felici, onorati; altre di figli infelici : altrimenti la loro bontà materna non può manifestarsi.
Fa pena questa società con i suoi costumi e le sue mode, questa società modernissima con i suoi polmoni forti e i nervi fragili … la prima a spaventarsi di se stessa.
Non far valere i propri diritti ed esercitare il potere costano fatica e richiedono coraggio. Perciò tanti non fanno valere i loro diritti, perché questi diritti sono una specie di potere, e loro sono troppo vigliacchi per esercitalo; indulgenza e pazienza vengono chiamate virtù che mascherano questi difetti.
E’ un disastro non solo italiano, ma planetario. I problemi filosofici riprendono oggi in tutto e per tutto quasi la stessa forma interrogativa di duemila anni fa: come può qualcosa nascere dal suo opposto, per esempio il razionale dall’irrazionale, ciò che sente da ciò che è morto, la logica dall’illogicità, il contemplare disinteressato dal bramoso volere, il vivere per gli altri dall’egoismo, la verità dagli errori?
La filosofia metafisica ha potuto finora superare questa difficoltà negando che l’una cosa nasce dall’altra, invece la filosofia storica afferma che quelle cose non sono opposte tranne che nella consueta esagerazione, non esiste a rigor di termini né un agire altruistico, né un contemplare disinteressato, entrambe le cose sono soltanto sublimazioni.
Questa Europa del potere finanziario, quel potere che decide quale nazione deve vivere e quale morire come è accaduto alla Grecia.
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che allo stato presente delle singole scienze può esserci veramente dato è una chimica delle idee e dei sentimenti morali ed estetici, come pure di quel bagaglio che è in noi italiani del grande e piccolo commercio della cultura e della società.
L’umanità ama scacciare dalla mente i dubbi sull’origine e i principi: non si deve forse essere quasi disumanizzati per sentire in sé l’inclinazione opposta?
Ci vorrebbe una forte democratizzazione dell’Europa e Platone è l’archegeta di questo “ movimento” all’uomo sono state poste molte catene affinchè egli disimpari a comportarsi come un animale, è veramente egli è divenuto più mite, gioioso e assennato. Ma ora soffre ancora del fatto di aver portato per tanto tempo le catene, di aver mancato per tanto tempo di aria buona e di libero movimento.
Queste catene però sono gli errori gravi e insieme sensati delle idee morali. Solo quando la malattia delle catene sarà superata la prima grande meta sarà raggiunta: la separazione dell’uomo dagli animali.
Ora noi siamo impegnati nel nostro lavoro di togliere le catene che questa Europa ci ha imposto, e ci è necessaria, in tale circostanza la massima prudenza.
Questa Europa così fatta non serve a niente, è carta straccia, una cosa da buttare, una cosa da scordare. E’ l’ora di circondarsi di un’antica e grande parola, che fu detta per tutti e che si è fermata sopra l’umanità intera. Non è tempo che a tutti gli uomini possa accadere come a quei pastori che videro rischiarato il cielo sopra di sé e udirono quella parola: Pace in terra agli uomini di buona volontà!
Questo è ancora il tempo degli individui! Quelli che stanno schiavizzando un mondo intero per il proprio interesse e l’Europa o per lo meno “ quelli che sono lì, in quei palazzi dorati per loro legiferare e incatenare popoli”!
O si cambia rotta o andremo a sbattere contro gli scogli….. e sarà la fine.






























Tanto scappo lo stesso

Di Vincenzo Calafiore
03 Novembre 2018 Udine

… io ti parlo e non mi ascolti,
ti scrivo e non mi leggi, o leggi con superficialità
ma tu lo sai che dicendomi che sono – matto –
in realtà mi stai dicendo d’essere un uomo libero.
Libero dal preconcetto, di amare, di sognare…
e se non sono amato come tu credi d’essere
non importa io sarò sempre due passi avanti a te
perché c’è una follia in me e si chiama: amore! “
                                                                                                                                                             Citaz.  Vincenzo Calafiore
                   

E’ di prospettiva che si tratta, di visione o di immaginazione che si ha della vita, da cui dipende e si manifesta in tutta la sua ampiezza la nostra quotidianità o il nostro vivere.
A quest’ora di notte, < strabica> per la cecità della lampada che illumina il piano della scrivania, la luce, muove le sagome dei pensieri come fossero sagome di passanti nella penombra, sono pensieri che muovendosi levano il sonno, o sono tanto vecchio che una volta dormito quelle ore torno a svegliarmi e in piena mattinata, sono appena le 4,30 e ho già consumato il primo caffè, fumata la prima sigaretta.
Ma in realtà questo è il mio stile di vita ormai da troppo tempo, quasi da una vita.
Quello che angoscia la mia vita è la – prigione – non quella delle sbarre e dei cancelli, è la prigione in cui un sistema sociale mi costringe e da questa angolazione la visione della vita che appare non invita alla permanenza ma alla fuga ed io non so più da quanto tempo sto scappando credendo di non essere raggiunto e invece in questa follia mi ci ritrovo pienamente e forse inconsciamente ancora adesso alla mia età sto cercando ancora una via di scampo, un porto sicuro, un approdo felice, e questo potrebbe essere l’Amore non il sesso, la sessualità, questa semmai potrebbe essere un margine, o una conseguente pienezza.
Non so cos’è la follia, potrebbe essere tutto o niente. E’ una condizione umana, in noi è presente, esiste, come lo è la ragione.
Il fatto è che la follia resta ancora oggi un tabù.
Ecco, allora, che diventa fondamentale andare oltre la – follia – riconoscere la follia là dove essa ha origine, e cioè nella vita.
E per farlo è importante portare le storie dei matti come me o come te, come tanti milioni di altri, al centro della riflessione culturale; i matti non lo sono sempre o per sempre è che quando si capisce che così – non va-  che bisogna fare qualcosa e questo qualcosa non la si può fare e quindi subire, si entra in crisi.
Ma si può entrare in crisi per tantissimi altri problemi. E se invece di dare parola o seguito alla violenza verbale e non, se invece di dare ascolto al rancore e vivere da rancorosi, dessimo ascolto alla bontà, alla riflessione, all’ammissione, e soprattutto all’amore, cambierebbe la nostra vita?
“ Tanto scappo lo stesso “ ecco è questa una sana follia è così è stato per Artaud o Alda Merini, io stesso e per tutti coloro che ne soffrono del sognare e immaginare, dell’essere liberi, e di volare sopra la monnezza della quotidianità; persone fuori dal mondo-prigione, chiuse in un mondo-prigione.
E’ vita o sarà vita il sognare o per lo meno ipotizzare che è possibile che è un miracolo che potrebbe accadere ogni giorno ogni istante del giorno, vivere lontano da tutto ciò che obbliga o che restringe … è un cancro che corrode le ali e non ci fa volare via, spiccare il volo per andare a finire o a vivere o morire dove meglio ci aggrada.
La questione è che la società di ieri era una società della disciplina, quella di oggi è società dell’efficienza. E le competenze richieste in ogni campo, la competitività imperante accrescono sempre più il senso di inadeguatezza dell’uomo, della donna; così il non raggiungimento dei risultati, il non sentirsi all’altezza degli obiettivi aumentano i sensi di colpa e il misconoscimento della propria identità …. e quando non sai chi sei perché non ottieni risultati, non sai amare o non sei amato, perché lavori troppo o non lavori proprio che fai?
Il problema è che ormai ( e sarà sempre peggio) gli uomini e le donne, non sono più i soggetti della storia ma dei funzionari di apparato e devono funzionare esattamente come macchine, come computer, quindi sono guardati e considerati solamente per la loro efficienza e funzionalità!!!
Sono la –filosofia, la cultura- ad avere e dare un percorso alternativo.
Seneca sosteneva che la filosofia deve spingere a fare e non solo a dire, è anche vero purtroppo e Seneca lo sapeva bene che la filosofia e la cultura sono la volontà di potenza debole rispetto all’economia e alla volontà di potenza forte, per cui la filosofia soprattutto può descrivere la situazione attuale, può dire ad alta voce che – l’umanesimo è finito- !!
Chissà, forse le storie dei matti e io ne faccio pienamente parte sono le storie di tutti e la follia è costitutiva della nostra identità, anche due innamorati che tirano fuori la loro soggettività parlano come i deliranti ….
Ma la follia imperante è quell’essere straniero non solo l’uno nell’altro o nell’altra, ma anche ciascuno con se stesso. E’ come se ciascuno fuggisse da se stesso come dal peggior nemico.
I momenti di riflessione sono sempre meno e c’è un spazio vuoto, siamo presi dall’ansia e per questo invitiamo “ l’ospite inquietante” la solitudine dentro.
Per questo non potrò mai essere prigioniero: tanto scappo lo stesso!