martedì 27 aprile 2021


 

Questa mia vita

 

 

Di Vincenzo Calafiore

29 Aprile 2021 Udine

 


….. che bella sera questa!

Con la luna in mezzo, piena di luce

sembra un qualcosa di divino a guardarmi

mentre lento scorre il sipario e torna

la memoria a tradirmi allo stesso

modo di come fa la luce dell’aurora

che s’adorna e si prepara alla scena… !

                                Vincenzo Calafiore


 

Basterebbe poco per trovarsi fra le braccia la felicità, quel poco che c’è nello spazio tra occhi e cuore;

eppure non la si trova, è così difficile?

Forse a depistarmi  saranno quei mille rivoli in cui mi perdo ogni qual volta che il pensiero prende la tua via.

E ora, adesso, poco distante dal confine, poco distante dalle amate dune di sabbia di bianco salino, tra le cose abbandonate trovo la mia età, il mio bagaglio di 75 volte, di 75 oltre, nelle mani di un uomo che non conosco.

Sono io, mutato e stravolto! Vedermi è stato come guardare un quadro dipinto da un pittore della new-age, a tinte opache … cerco con lui un approccio senza alcun risultato; il mio interlocutore non ha parole, troppo vecchio, troppo stanco come un legno stanco di troppe correnti.

Rimane il silenzio mentre il mare comincia a salire e ricopre piano l’ultima gobba di uno scoglio sprofondato nel mare.

La sommità da cui poter spiccare il volo verso un altro “ ancora “ o un nuovo “ altrove “; il confine è cancellato, non ci sono più frontiere, attorno l’ombra di un occaso e un mucchio di parole, una scrittura non riuscita, un po’ come la mia vita!

Una fitta sequenza di voci che portano in superficie, attraverso confessioni e testimoniate emozioni, lasciano il fascino della rivelazione e contemplazione allo stesso tempo, frammenti di emozioni e illusioni sommersi nella frenetica  fantasia notturna, dove tutto è fluido e le immagini evolvono l’una nell’altra e quello che era illusione diventa realtà.

Facendo deragliare i tragitti più conosciuti creando costellazioni di immagini imprevedibili per farle vivere in contesti armoniosi e sinceri.

E’ un universo il mio, scompaginato, rovesciato, per certi versi pungente da radenti lame lessicali, smussato da penombre e volute didascalie …. Una deriva dolce e serena che lascia scoperte le vene più nascoste della vita mia, fa crollare i muri delle apparenze e penetra nello spettacolo che riduce tutti coloro che non hanno sogni, a fantocci con la stessa identica maschera.

Ma soprattutto  entra nella fucina dell’opera ove si formano le architetture poetiche d’una attesa disillusa.

La scrittura cercherà poi la sua equivalente immagine tra sensazioni e emozioni lontana da un mondo coatto senza u prima e un poi.

Viene in soccorso della notte l’estremo paesaggio della memoria che finisce con l’apparire distante, alternativo alle visioni e alle sensazioni di un amore custodito in fondo all’anima.

Ed è nell’abitare questa distanza che forse sarà possibile cogliere la fragranza dell’amore che si accompagna al diverso percorso della vita.

Mi perdo in questo paesaggio-memoria che scandisce il tempo con tutta la sua irrevocabilità, che mi fissa in uno scenario distante da ogni cosa.

Ho saputo sempre chiaramente a cosa andavo in contro ogni volta che sognavo l’amore, come un uomo che spera di essere rapito dal suo sogno, per fuggire a un sole maturo che piove dal cielo; la vita così è un racconto che inanella episodi su episodi, scarnificandoli, trasformandoli in frantumi esemplari di un universo di pulsioni e di mete inavvicinabili, di miraggi azzerati, passioni incenerite.

La vita paradossalmente prende vigore là dove  si spezza in aneddoti, rinasce sugli incompiuti e raffinate emozioni di un bacio rubato, o di una carezza attesa invano, di un amore troppo giovane nella testa di una vita da scogliera.

Allora tu! Nitida freschezza, dominata da un oltre che non è mio, vieni coi tuoi passi in continua variazione! Amami ora, adesso!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 21 aprile 2021


 

Dagli occhi tuoi di mare

 

Di Vincenzo Calafiore

21 Aprile 2021 Udine

 

“…. ecco, mi vedi ?

Sono qui accanto a te, stingiti a me

più forte che puoi, solo così potrai

ascoltare ciò che il mio cuore ti sussurra.

Nessuna cosa al mondo mi porterà via da te!

Sei nel mio cuore e li resterai per sempre,

sempre ci sarai!

Non lasciarmi mai andar via da te. “

                        Vincenzo Calafiore

 

Prima o poi, io smetterò di amarti!

No perché non t’ami più, ma perché tutto ha una fine. Ed io lo so che un giorno senza potertelo dire io andrò via; ma ora ecco vedi? Io sono qui vicino a te più di quanto tu possa immaginare.

Tu ragazza dagli occhi di mare lo sai, ho sempre avuto uno strano concetto di amore, che non è certo quello della continua seduzione, o di una tetta che sbuca fuori da un reggiseno.

Amore o amarti è sapere che voltandoti ci sarò io a proteggerti anche se distanti.

E’ cercare le tue mani e trovarle, tuffarmi nei tuoi occhi di mare,

è sentire un profumo sulla tua pelle.

E’ riconoscerti ad occhi chiusi tra mille. Tu con la tua voce, il tuo sorriso, la tua maniera di sorridere, e i tuoi occhi di mare.

Io penso che l’amore, l’amore quello vero sia solitudine, distanza, attesa, a volte dolore, è a volte distacco, ritorno.

E’ conoscere profondamente l’amina dell’altra.

Con te voglio finire i miei giorni, amore!

Meraviglioso è presentarsi all’amore nudi, non per fare sesso, ma per lasciarsi entrare, nelle paure, nel futuro, nei sorrisi, riempirsi gli occhi di questo amore.

Ecco, lo vedi? Torna la domanda! Quella che spesso mi pongo: sono stato importante, tanto da lasciare un segno nella vita di qualcuno? Mentre è  molto triste sentirmi di essere solo che di passaggio, in me ci sono tutti e visibili i segni che hanno lasciato gli anni, i miei anni, tutti quanti assieme sulla stessa giostra.

E tu, adora l’amore, fanne la cosa in assoluto più bella, perché la vita è una sola mentre gli uomini, i libri, ci saranno sempre, ma dopo l’amore non c’è niente, c’è solo il silenzio, l’angolo buio.

A volte mi lascio cullare dall’apparente sensazione di esistere, a volte mi prende qualcosa dentro che non so esattamente definire e ti assicuro non è angoscia, non è neanche il timore dell’ignoto, ma è desiderio …. Desiderio di vivere che mi lacera dentro, mi stringe in gola.

Con occhi distratti mi sono guardato allo specchio .. non sono più quello che ero; devo essermi perso da qualche parte, tra le delusioni e le false speranze.

Questa è solitudine, quella vera solitudine quella in cui nessuno sa dove sono e cosa stia pensando, quella che mi fa sentire stupidamente estraneo in qualsiasi luogo.

A volte ho paura di non essere capace di viverti, di non essere in grado di amarti come tu devi essere amata; ma tu resta così come sei, resta qui con me, fammi innamorare ogni volta che ti guardo, tu resta sempre!

Sei bellissima, e se dovessi  ricominciare daccapo tutto, ti sceglierei sempre, perché sei l’unica, ti sceglierei sempre e solo te.

Ma lasciami ancora il tempo d’amarti, di guardarti dentro, di respirarti, per averti ancora!

sabato 17 aprile 2021


E ...... Dio?

 

Di Vincenzo Calafiore

18 Aprile 2021 Udine

 

“ …. Mi sono sentito  parte di un  -ovunque –

anche fuori posto, ma non in una chiesa vuota

che d’estate si riempiva di passeri.

Volavano alto quando entravo e sempre

verso le piccole vetrate colorate; una volta

seduto e tornava il silenzio, tornavano a posarsi

sul nudo altare in pietra e lì stavano sereni ….. “

                                                     Vincenzo Calafiore

 

Quella chiesa è rimasta nel cuore tanto che ancora adesso in questa terra che mi ospita, in chiesa ci vado quando è vuota, c’è il silenzio

“ quell’attimo di raccoglimento” , per poter  parlare con lui: Dio !

Non ci sono passeri è una chiesa fredda molto diversa dalla mia, che d’estate in quella frescura entrano pure gli asini.

Non vado ogni domenica a messa, ciò non significa che non la santifichi.

E Dio… questo Dio a cui  consegno la mia anima mi dà conforto?

Rispondo di si, a questa domanda che spesso mi pongo, nei miei momenti di smarrimento.

Sono credente e trovo conforto nel rito della religione, non nella religione in sé, la mia è uguale come fede e credenza a tutte le altre che sono nel mondo.

Amo l’ immagine, la figura di Gesù, la sua disponibilità di parlare con chiunque, il suo coraggio di portarsi la croce con la coscienza di chi sa di essere martoriato e ucciso; credere in lui, confidargli le proprie paure, i pentimenti, le manchevolezze, i piccoli peccati …. è liberatorio, ma è anche ricevere risposte a cose e domande che non ne hanno, credere in lui … in Dio è trovare e dare uno straccio di significato alla mia vita, all’esistenza mia.

D’estate, in quelle lunghissime estati senza fine, ero quasi sempre a pescare in mezzo allo Stretto, ho visto e vissuto le più belle poesie scritte da Dio, era per me l’esperienza del contatto con Dio che riempiva di energia e coraggio.

Come accade quasi sempre e in maniere diverse, arrivò il momento inevitabile del “ peccato” il momento in cui si conosce l’amore …. – peccato – per i preti di allora era così; e invece fu qualcosa di sublime che mi permise di entrare nel mondo, con me stesso; l’amore che mi fece capire le divine scritture, l’amore del vivere, che c’è in un tramonto, negli occhi della gente.

Ero e sono ancora una persona semplice, forse anche un po’ complessa ma confesso che il mio rapporto con Dio non è mai stato difficile come il mio con gli altri.

Per questo faccio fatica a spiegarmi perché non mi sono mai sentito così vicino a Lui come quando mi sento abbandonato dalla vita.

“La Poesia è di Dio, e del poeta è l’amore “ !

Vivo non sommando giorni e anni a quelli già sommati, vivo per cercare e capire, imparare conoscere, prendere atto, come quello di morire, perché so che il mio passaggio sulla terra ha avuto un senso, dei significati, l’unica cosa palpabile che potrò portarmi dietro in quella eternità.

Mi ronza qualcosa in testa, è quel mio pensiero di andare in una qualsiasi chiesa vuota, quella che ho trovato e che un po’ rassomiglia alla mia, non posso raggiungerla, il pensiero mi strappa dal profondo dell’ombra verso una bianca luce emorragica di immagini, i miei occhi dentro un liquido occaso colpevoli di destinati amori.

Così fino all’alba del nulla senza angosce senza parole nel sentire la paura di cadere nell’abisso raccapricciante,  sempre attorno, odio i miei piedi che lo pestano ogni giorno mentre la mia esistenza per parlare con Lui usa la lingua del silenzio.

 

 

 


mercoledì 14 aprile 2021


 

E’ quasi l’alba

 

Di Vincenzo Calafiore

14 Aprile 2021 Udine

“…. io ero con te quella notte.

I tuoi occhi erano così belli, così profondi

non puoi immaginare quanta bellezza

c’era dentro i tuoi occhi.

Ai miei occhi così austera, con quegli occhi

sottolineati da un filo di matita, rimasi

 a fissarti in silenzio ……… “

                                Vincenzo Calafiore

 

I tuoi capelli neri, un ciondolo attorno al collo esile, e un foulard bianco su un vestito lungo.

Restammo seduti sulla spiaggia a fissare in silenzio, il mare.      

Ti guardavo in silenzio in quell’alba nella tua innocenza, bella e perduta nei tuoi pensieri, a cosa pensavi?

Rimasi prigioniero della tua solennità e pensai a quel sole che pian piano se ne andava a dormire, così tu un giorno pian piano uscirai dalla mia vita.

Rimanesti ferma, poi, all’impiedi, sola come non lo eri mai stata nella tua vita, mentre l’emozione si faceva sempre più forte e nel tuo esile pallore si accentuò; guardandomi cercavi un abbraccio, il tuo rifugio sicuro.

Ti guardo mentre ti passi la punta della lingua sulle labbra, fissando le mie.

<< Io vado via! >>

<< No non puoi andare via, non puoi lasciarmi … >>

<< Vado via, qui non c’è più posto per i sogni, almeno nel luogo dove andrò avrò la certezza della mancanza di sogni ; forse è meglio il vuoto che la falsa pienezza di vita. >>

<< Rimani non andar via, qui almeno ci sono io, nel mare che hai in testa, nel tuo cuore che non vuole separarsi da me! >>

Allungasti le mani sulle mie sacrileghe, c’era la solitudine che all’improvviso cadde addosso, mentre il mare si lasciava cullare dalle maree.

Ti fossi vista …. Avresti creduto alla tua rara bellezza; tutta di celeste nella tua bellezza solitaria, eri apparsa dagli abissi stessi dell’amore come una dolce visione che mi ammutolì!

La tua serenità, mi ricorda i quartieri dei poveri, la domenica, quando escono dalla chiesa più felici di quando sono entrati.

Oggi tu, Clara sei così : felice.

Ti ho abbracciata, ti aggrappasti a me stringendomi forte, una maniera per non lasciarmi andare via.

Quella notte fosti di fuoco, la tua intensità mi fece capitolare, la tua audacia mi rese codardo, la tua solitudine mi suggerì di non andar via, rimasi a corto di parole.

Quanto sudore su quella spiaggia, non hai avuto paura immersa in quel mare nero come il petrolio, quanto amore è fluito dal tuo corpo Clara, quella notte!

Eri così indifesa quella notte, è un grande amore, Clara. E quella notte i tuoi occhi mi chiesero di tenerti così per sempre, non ci siamo staccati, come la barca dal mare che scivolava via dalle mani.

L’alba ci trovò lì, infreddoliti e abbracciati, i nostri profumi divennero uno solo. Si è portata via le mie parole ancora nell’oscurità; ora mi capita di cercarle, tendendo l’orecchio nel silenzio, il silenzio ascolta, Clara, io e te lo sappiamo, e le parole torneranno magari a sera, assieme ad altre parole del mondo, in tutte le lingue, Amore …. Prenderanno forma in migliaia di altri volti, di altre bocche che si cercano e di altre mani che si stringono.

Ora l’oscurità mi taglia fuori dal tuo spazio e allo stesso tempo mi avvicina.

Mi protegge e mi esclude dall’abisso vicino … sempre quell’abisso, mi immergo nei miei orribili rumori e taccio!

E’ quasi l’alba Clara e devo andar via …… !

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               

 

 

martedì 13 aprile 2021


 

Rapsodia

 

Di Vincenzo Calafiore

13 Aprile 2021 Udine

 

E rimanere lì, infilato in un sogno e continuare a viverlo fino in fondo, come un buon bicchiere di grappa, sorseggiandolo lentamente e scoprirne il profumo le essenze.

Lo so bene, la conosco la magia dei sogni, fa dimenticare tutto, cosa sei, come ti chiami e ti intrappola chiudendosi lentamente come un fiore al tramonto; va a finire che vivi in un’altra vita, in un altro mondo e quando ti risvegli a fatica ti riconosci, a fatica vivi questo mondo e non vedi l’ora di tornare lì dove da poco eri venuto.

Una voce saudente e gentile riapre i pesanti portoni d’una città sotterranea, fuoriescono luci d’ambra ed echi di parole … sensazioni che al cuore vanno con la stessa voce intensa sanguigna, gitana, flamenca, è la voce dell’amore uguale a una folata di primaverile vento che ti leva il fiato con le sue musiche, con i suoi incanti …! Poesie d’ogni giorno, mai lette, mai comprese.

Il profumo intenso del caffè salendo stuzzica le narici, da automa, con gestualità meccanica lo mescolo piano con la mente e gli occhi  altrove lì in quel sogno primordiale; mentre fuori la notte si arrotola su se stessa come  cambio di un fondale scenico sempre uguale; giunge l’eco d’una voce che mi ricorda la morte, la miseria, d’una disperata crociata che tenta di salvarsi, in questa poltiglia che nulla ha di te  … e la chiamano vita.

Mi manchi, non te l’ho detto mai,

mi manchi, mi manchi da morire e non saprai mai quanto!

C’è il silenzio e fa paura, è un silenzio che fa impazzire,questo è il momento giusto per sentirmi ovunque, purché tu sia con me, in me vita!

Pian  piano, a poco a poco … ti ho persa, quanto ti ho cercata nelle notti più buie dall’altra parte del mondo, ecco vedi siamo noi, miseri e cenciosi, mendicanti, attori,pagliacci, scrittori, poeti, tutti assieme a cercarti in quelle note leggere e soavi che vanno dappertutto nelle vene fino a raggiungere il cuore, è musica, rapsodia vitale!

Cosa ne sanno  i morti viventi di come noi ci amiamo?

Che ne sanno loro di quanto rimaniamo assieme su quei tetti a guardare la luna sfiorarci tanto è vicina?

Che ne sanno loro, di quanto io ti ami!

Eppure siamo in tanti sotto questo cielo lunare a guardarti, come randagi ci aggiriamo nei pressi della vita.

Io ti amo vita e i motivi sono tanti per poterteli spiegare stanotte però voglio dirti che ti amo

perché mi stai ad ascoltare, ti racconto delle mie paure, sai comprendere i miei occhi quando vorrebbero annegare nelle lacrime.

Ti amo perché sai farmi tornare sempre anche quando sento d’essermi perduto da qualche parte.

Forse non lo sai, ma io avrei tanta voglia di stare tra le tue braccia!

Restano solo che parole, che formano pensieri e questi delineano dei sentieri che poi diventano vie, tangenti che convergendo allo stesso punto raccontano l’amore che si ha per la vita!

Mi pare a volte di vedermi dall’alto di una scatola ove  io vivo un’altra vita!

Ma lo sai?

Lo sai quanto meravigliosa sei? E quanto sia altrettanto meraviglioso vivere in te, di te, come in una corsa fino al traguardo finale?

E ora, mia dolce vita …. Che dirti ora che sono in questo sottopasso ferroviario poco illuminato da neon che lampeggiando a tratti illuminano muri fatiscenti di scritte scolorite e graffiti corrosi dalla muffa … mi soffermo davanti a un poster, mi dice che c’è un futuro, parola che non riesco più né a scrivere né a pronunciare, mentre su di me sferragliano treni su binari all’infinito; treni che si fermano in stazioni importanti come Milano che sprofondata per sua stessa mano  vanta ipocritamente una vita che non ha.

Io non so se capirai, mia dolce vita, una volta vidi come scivolavano lacrime sul tuo viso, e allora solo allora mi resi conto che non potrei più permetterlo, per questo io ti amo vita mia.

sabato 10 aprile 2021


 

 

 

Di troppo mare

 

Di Vincenzo Calafiore

10 Aprile 2021 Udine

 


“ … con leggerezza e ironia

rievocare certi ricordi e indugiare

sul presente per raccontare le ragioni

della ribellione.

E poi la terza età, ciò che significa per me,

uomo pienamente libero e convinto che

la maggior parte dei modelli imposti

portino a una forma di pregiudizio

contro la “ vecchiaia” non dissimile

dagli atteggiamenti sessisti e razzisti. “

                              Vincenzo Calafiore

 

Chi mai sarà in grado di dirmi di che carne sono fatto!

Ho girato abbastanza, tanto da sapere che ogni carne è buona e sono uguali, ma è per questo motivo che a certo momento uno si stanca e cerca un posto per fermarsi, non importa dove , importante è diventare terra comunità, perché la sua carne abbia valore più di ogni altra cosa.

Questa nuova età, la mia terza età è un viaggio  in cerca della comunità, di un paese per il piacere di tornarci, rimanerci o di andarsene, per non essere solo, comprendere che nelle persone, nel luogo, vicino la soglia di casa ci sarà sempre qualcosa che ci appartiene che anche quando sei via, rimane lì ad aspettare, allo stesso modo i ricordi … son sempre lì e aspettano.

Ora in questo tempo non tempo, di vita non vita c’è solo solitudine e tempo di trarre da questa immagini crude di una realtà avvilente, di poca poesia è di un tempo disumanizzato che si tratta.

Questa mia terza età è un viaggio in cui procedo lentamente avanti con il tempo di toccare con mano le paure, il mio mal vivere.

Di passi ne ho fatti tanti e con coraggio, determinazione,ostinazione, credendo sempre nella magia e poesia della vita; questa modernità non la capisco, poco la comprendo, finisce ogni giorno per allungare la sua esistenza a colpi di grandi magie … per occultare in realtà il decadimento collettivo: abbiamo smesso di credere alla grande e fantastica avventura su questo pianeta che mal ci sopporta.

Non abbiamo neppure una sola religione a tenerci “ assieme “, nessuna idea, nessun futuro, da condividere.

La solitudine altro non fa che mettere in evidenza  il grande imbroglio di questa osannata modernità, il suo aver portato l’umanità dall’umanesimo all’inferno; è come navigare in un mare di navi arenate e sprofondate nella sabbia.

Navighiamo in un mare di chincaglierie che non servono a niente.

Camminando in questo mio ultimo viaggio ho capito che tutti noi, abbiamo bisogno del sacro, della sacralità, di più poesia, più cultura, più esistenza che di questa inciviltà barbarica.

Questo tempo che sto vivendo o che stiamo vivendo è una forma di autismo atroce, un’epidemia di peste peggiore di quella che tutti stiamo vivendo adesso.

Cerco ogni giorno in questa nuova epidemia di peste che si diffonde nel mondo, di scendere sempre più nel profondo della mia esistenza, di riconquistare questa vita senza più punti cardinali, trascinata in una paura liquida; cerco in realtà di scarnificare una realtà avvilente.

Bisognerebbe avere il coraggio di amarla questa – vita – piuttosto che relegarla dietro le sbarre dei divieti, della libertà negata; sperare in un qualcosa di miracoloso: una reazione di grande umanità per la salvezza.

La nostra salvezza è la poesia che ancora c’è nei ciclici versi di nostra madre terra, dovrebbe essere questa la nuova religione per tutti i popoli, che ci terrebbe insieme, questa antica bellezza che dovremmo proteggere e accudire.

 

 

 

 

mercoledì 7 aprile 2021


 

 

Là dove il mare è mare

 

 

Di Vincenzo Calafiore

8 Aprile 2021 Udine

 

  … l’umanità salina dello Stretto

ricca come una terra primordiale

e allo stesso tempo immensa come

un mare grande come un oceano … “

Era bello quel mare che a Motta Sant’Aniceto dalla fortezza bizantina, guardavo … quando nelle belle giornate all’alba ero già lì a guardare in sacro silenzio lo Stretto!

Ancor di più lo era guardarlo e respirarlo  da un ferry boat, era troppo largo 

“ Stricto Sensu” dicevano i marinai a bordo che respiravano acqua salata e nafta.

E sentivi qualcuno dire a un altro guardando la Costa calabrese avvicinarsi:

“ … quella è l’ Italia “, ci restavo male, perché la Sicilia, Messina, non era Africa!

Ci restavo male perché appartenevo e ancora adesso, a quel tipo di terrone che andando e venendo da Messina, esportavo Meridione … Sud e importavo Italia.

Ero orgoglioso di quell’Unità d’Italia che mi faceva sentire essere italiano … ora non sono né italiano, né calabrese, ma neanche friulano; sono come un pesce, un tonno che ovunque vada si trova sempre a casa sua”E li ho visti i tonni in banco attraversare lo Stretto, per andare là dove il mare è mare!

Quel mare è proprio bello perché è – stretto -, perché dalla “ Chianalea “ di Scilla puoi vedere punta Faro ( Capo Peloro) che divide il mare!

Da una parte lo Jonio calmo e trasparente, dall’altra parte il Tirreno, cambia il paesaggio, da lì guardare oltre lo stretto significa guardare non solo alla Calabria, ma all’ Italia, cosiddetto “ Continente “ una terra apparentemente così vicina e che invece è lontanissima, per modi di vivere, usanze, tradizioni, clima, contesto e tanto altro ancora, è l’ultimo caposaldo del Sud.

E quel mare, che sembra breve, appena 3 Km in realtà è grandissimo e porta le due terre ad essere lontanissime.

I vecchi al riparo del sole e del vento conversano del mare e con il mare; lo Stretto è un dono di Dio, dico sempre, io che soffro di “ Stretto “ mi dicono sia una malattia inguaribile, è come  stringersi a Dio.

Ma io mi ricordo, ricordo che solo se si sale su un ferry boat si percepisce la separatezza di una terra che non si congiunge mai con il futuro.

E’ dai tempi del Liceo che amavo guardare quanto si somigliassero Scilla e Cariddi, non solo perché sono sorelle povere, neglette, luoghi storici della maledizione risarcitoria del Sud che imputa alla smemorata politica dell’Italia ogni frattura.

Il punto è che nessuno a Roma aveva capito che Messina e Reggio sono un’unica città divisa da un tratto di mare e da un abisso di trascuratezza, disattenzione, menefreghismo, colonialismo, che ti fanno bestemmiare contro i mostri, Scilla e Cariddi che dormono nell’abisso, brutti come il cane cirneco, che è lo storto e spelacchiato cane dell’Etna, arrivato chissà da dove.

E li vedi passare di notte i ferry boat, scivolano silenziosi lasciandosi dietro una leggera scia di fumo che dissolvendosi sparisce agli occhi.

E tuttavia a noi “ terroni “ quando il sole si era appena alzato, dentro quella luce da mattino del mondo, a noi viaggiatori viaggianti ci pareva davvero che l’Italia fosse un bellissimo miraggio, fosse futuro, fosse Patria, e così mai è stato.

Ora in questi tempi di colera, prigioniero in semi libertà, cerco e non trovo il mio mare, non sento il rumore di ferraglia, il vociare per la strada, la stretta di mano, il profumo delle caffetterie, il profumo del pane, della zagara, della salsedine.

Vivo invece nella paccottiglia della marginalità e vedo ora come allora l’Italia nel colore cangiante dell’acqua.

Cerco l’Italia in quelle diverse velocità delle correnti e trovo invece  i vortici, le scale di mare, le macchie, i garofali, che si mettono a friggere.

Divento sempre più – isola – in questo mare che non mi appartiene, che sempre più mi allontana dal mio.

Ho imparato a mie spese che un – meridionale – è sempre in viaggio su un ferry boat sempre nello Stretto della separatezza e della marginalità, sia pure accanto a una bellissima donna con gli – occhi ladri -, la speranza! Alla quale qualcuno dal ferry boat le urla: < componiti e smettila di ingannare > !

Lo Stretto è in realtà è un Universo pesante e povero dove tutto rimane addosso; è l’onore e il disonore, è cortesia, dolcezza, cultura, pudore, fragilità.

Ma è anche il << come se >> nulla fosse cambiato, neppure l’ossessione del sentirsi sfruttato e deriso, abbandonato al proprio destino, onanismo,vita e morte.