martedì 25 giugno 2019



Leda


Di Vincenzo Calafiore
26 Giugno 2019 Udine

  …. A un certo momento ti rendi conto
di non avere poi così tanto tempo e vorresti
in qualche modo fermarlo o quanto meno
rallentarne il suo respiro.
Ti rendi conto che è inutile, come a volte
ti appare la vita!
E invece no! Vivi per lasciare impronte di te
che parlino di te come di un tramonto
con quelle sue luci, con quei suoi colori,
con le sue atmosfere.
Perché questo dovresti essere: un motivo
da ricordare. “  Vincenzo Calafiore

( tratto, da Blu Oltremare di Vincenzo Calafiore)

Lo so e non posso certo frenare il tempo che velocemente si allontana; non posso neanche provare rammarico, anch’io come tanti altri che mi hanno preceduto, finirò il mio ciclo, perché poi di questo si tratta.
E’ la vita, - C’est la vie - !
Dio solo sa quante le volte che dinanzi a lei ho tremato, ricordo tutte le volte che sono caduto in baratri profondi e ne sono uscito fuori, e quante tempeste e improvvise burrasche in mare aperto ho affrontato rischiando di annegare, mi sono salvato ugualmente rimanendo dentro una barca semiaffondata, ma che comunque a riva sempre mi ha portato.
Ora, in questa età arlecchina, tutto mi è più facile perfino affrontare nuovamente il mare grosso; in questa età posso fare a meno di tante cose, ma non posso fare a meno del rimanere incantato dinanzi a un sorriso di donna.
C’è che non posso permettere al tempo di sciupare il mio grande desiderio di vivere,
quel mio desiderio di amare.
Per questo o per questi motivi mia dolce Leda, ogni giorno è un primo giorno, come fosse la prima alba; è così quando incontro gli occhi tuoi, il tuo sorriso, quando le mie mani stringono le tue, sapessi che grandi emozioni.
Forse sarà questa la linfa vitale della vita: l’emozione!
E’ l’emozione di amarti
di poter rimanere al tuo fianco sempre, sorreggerti se stai per cadere, amarti non per quello che mi dai, ma per tutto il tempo che ho perduto quando ancora ti cercavo.
Lo sai, Leda cosa sei e cosa significhi ai giorni miei?
Sai, Leda, che ho paura!
Sì è quella dannata paura di sempre: perderti!
Il solo pensiero mi riempie di tristezza, mi scaraventa all’inferno, quello da cui grazie a te sono uscito.
Ricordo di te ogni cosa, ma più di tutto il tuo profumo di donna!
Il mio tempo, Leda è lì per lì per finire, non so quando, ne come, ma so come voglio continuare ad amarti a donarti qualcosa di mio che possa farmi ricordare; sono le mie impronte lasciate nel tuo cuore, nella tua anima.
Perché è di questo che si tratta, di amore!
Amore di una prima volta per un sempre, oltre i confini che a volte dietro un vetro appannato ho disegnato e tanto rassomigliavano al volto tuo che amo: Leda.


domenica 23 giugno 2019


La tenerezza in fondo agli occhi

“….. e c’era un tempo che era armonia
 sapevo che dopo ogni cosa c’era
un tempo diverso, in cui vanno a svanire.
Io ho il mio tempo, trattenuto come un respiro,
in fondo all’anima, giusto affinché si catturi
un sogno che potrebbe farmi sentire
il profumo della certezza…….”

                 Vincenzo Calafiore


Tu mi parli ed io già non ti ascolto più, mi racconti del tuo ultimo sogno e non sai che in quel sogno ti ci ho portata io.
Sono io che di notte vengo a svegliarti per raggiungere gli altopiani di Bakaar, dove poterci sedere su una roccia ad ammirare orizzonti sfilacciati di seta blu; Amore tu non sai che io e te assieme ad altri milioni di innamorati come noi siamo in fuga da una realtà che avvelena lentamente, siamo dei viaggiatori viaggianti, la forte razza dei sogni….
Siamo sogno e realtà, distanza e vicinanza, siamo noi:  due cuori  che si amano, che si cercano, si vogliono, su una zattera in un grande mare che è la vita!
Un sogno mai uguale, che corre da una parte all’altra dell’infinito in cui arbitrariamente viviamo, uno spazio che sta dentro e fuori di noi, una mano chiusa in pugno.
Non sai quante volte racchiuso in un soffio l’ho lasciato andare alla luna … è un sogno e deve vivere no morire all’alba, ma questo è il mio sogno ricorrente, quello di tornare a quel giorno quando lessi tutta la tenerezza tua in fondo agli occhi tuoi.
E’ strana questa vita!
Più pensi di conoscerla e più lei ti sorprende, e , lo fa alla stessa maniera di come solo una donna sa fare; ancora io non l’ho capita…
A volte capita di sognarti e quando succede tutto si veste di poesia, sono sogni così belli che non vorrei mai uscirne fuori, nonostante la luce, nonostante il vociare meschino di una corte sprovveduta e corrotta, lontana dalla vita.
Ma tu amore mio, al di là del mare, lo sai, c’è la nostra casa, dove ogni notte ci incontriamo, dove viviamo, ad attenderti ed è lì che ti aspetto sempre, ogni momento ogni istante del mio tempo, del nostro tempo che è poco è prezioso e dobbiamo viverlo da assetati, assetati di amore, di vita!
Io ti raggiungerò ovunque tu sarai!
E’ strana questa vita che divide invece di lasciare, è strana questa vita che ci fa mari che si uniscono è sono oceano, stessa onda che come ti porta su in cielo alla stessa maniera annega e si placa a sera dentro un occaso che diluendosi colora e scolora, in forte tinte un prossimo venire.
Io ti amo!
Ti amo così come sei!
Tu lo sai, lo senti questo vento che dagli altipiani di Bakaar  raggiungendoti, diviene respiro, affanno, desiderio.
Quel forte desiderio di rimanere nell’incanto degli occhi tuoi! La tenerezza in fondo agli occhi tuoi!

venerdì 21 giugno 2019


Prendimi
Di Vincenzo Calafiore
21 Giugno 2019 Udine

“ …. è di solitudine che si tratta
ed è lontananza anche da se stessi.
La solitudine che sta in un foglio vuoto
di parole, nella felicità mancata o semplicemente
sfiorata.. la solitudine che non va via
fino a quando lei dall’altra parte del mare
lo muove affinché esso sulla sua riva
ti deposita. E’ quel mare che dividendoti
ti avvicina ai suoi occhi, al suo abbraccio.. “
                                Vincenzo Calafiore


Da: “ Blu Oltremare “ di Vincenzo Calafiore


Su quella spiaggia ormai della notte, ci accovacciammo vicino al falò, vicini, come fossimo cuciti, attaccati assieme, legati i nostri corpi dal desiderio di sentire il calore, il profumo della pelle, ma anche per avere memoria.
Così anche quella notte, naturalmente alla stessa maniera, “ tu Leda quanto mi ami? Io lo so o suppongo di saperlo, perdonami amore, ma cerca di capire: io devo saperlo perché, diversamente, senza te ormai non saprei vivere.
L’impotenza, l’arresa, mi cara Leda è la mia unica arma per oppormi alla mia solitudine.. “ Affondai nel suo petto, chiusi gli occhi pieni di lei.
Principessa, vorrei che tu lo sapessi: quanto mi hai dato e molto pure, hai reso la mia vita più accettabile con la tua estraneità e la tua ingenuità, molto più di quanto tu possa immaginare.
Il tuo letto in quella camera era il tuo letto che arbitrariamente battezzammo: la nostra nuvola, per cui mi ci distesi come fosse la prima volta.
La spogliai piano come fosse l’ultima volta e  l’accarezzai, con quella mia insolita smania che sempre ho addosso.
Ci accarezzammo a lungo, come solo un uomo e una donna che si desiderano sanno fare.
Percorsi il suo corpo piano senza fretta, palmo dopo palmo, baciandolo dappertutto.
Sentii che i suoi seni diventavano sempre più duri e allora li baciai; lei mi abbracciò forte a se, fino a levarmi il respiro.
Diceva parole che prima non aveva mai detto, ne avevo mai sentito pronunciarle.
E allora, Leda, prendimi tra le tue braccia, non lasciarmi in questa mia deriva di poterti perdere, tienimi tra le tue memorie che al dì danno quella luce che solo un tramonto saprebbe fare.
Lentamente, molto lentamente le ore fuggirono via fino all’arrivo dell’aurora che dall’alto specula su un mare mai stanco, mai fermo. Il mio viaggio finisce qui mia dolce Leda, tra le cure meschine di un fato che divide le nostre anime. Ora i miei giorni sono uguali e fissi come i giri delle ore.
Il viaggio inizia su questa spiaggia, inizia e finirà negli occhi tuoi!
Nulla disvela se non gli anni tuoi pigri e lenti che tramano di conche piene di suoni e colori; dai respiri leni, nella bonaccia notturna muta tu chiedi se così tutto svanisce in questa poca ombra di memoria, se nell’ocra alba si compie il mio destino.
Vorrei dirti che no! Che di te s’appressa l’amore tuo che tu vuoi che sia infinito!
Prendimi e questo tu puoi con le tue mani, agli occhi miei frangente s’avvicina l’ora del mio andare in quella specula lontana: t’amo!
Il cammino finisce a questo sogno! Il tuo cuore salpa già per l’eterno amore.






mercoledì 12 giugno 2019


Resta con me

Di Vincenzo Calafiore
13 Giugno 2019 Udine

“….. allora, a quei tempi non
si gettava via niente, nemmeno i
ricordi. Un bacio era un miracolo
da ricordare nella vita, custodito
come fosse un tesoro.
Il ricordo di lei, delle sue labbra
Si conservava gelosamente per non
Dimenticarlo.
E da quello si ricordava la vita
Si imparava qualcosa che non sarebbe
Mai più dimenticata: l’amore.
Oggi, consumiamo tutto, distruggiamo tutto
Ci disfiamo di tutto, perfino delle persone,
perfino dell’amore. “  Vincenzo Calafiore

Le ore morte. Le ricordo tutte col loro carico di inutilità, quelle ore morte e inutili, mute.
Ricorro alla musica per salvarmi dalla noia, Schubert, Mahler, Mozart, Brahms, mentre i ricordi frullano in testa. Riuscissi almeno a tenerli a bada, potrei almeno riempire le ore morte, mi instillerebbero un po’ di vita, come la respirazione artificiale a un annegato in un abisso di ricordi.
Mi pare di essere chiuso in una gabbia da dove non posso uscire se non con il soccorso di un solo ricordo importante.
Il ricordo di Leda è talmente bruciante per me, che non faccio nulla per lenire il dolore del distacco, della sua assenza, nella mia solitudine la intravedo, ed è dolce, un’àncora di salvezza.
Ricordo le mani di Leda, nervose e attente, sono mani capaci di lenire ogni dolore dell’anima.
Sono così assetato di lei che sono disposto a credere a qualsiasi cosa. Le prendo le mani e la stringo forte a me, trasmetto calore dalle mie mani al suo corpo.. dal profondo del mio silenzio penso che non c’è solitudine paragonabile a quella di essere un uomo che ama.
Così ci sono dei giorni che non ho bisogno di essere qui o dentro di me, molto semplicemente, non ho bisogno di essere.
C’è stato un momento in cui ebbi la possibilità di scegliere tra Leda e la mia vita, ho scelto di andare da Leda! Quello fu il momento in cui ebbi la possibilità di scegliere e decidere io al posto del destino.
Se volevo avere successo, nell’editoria, mi sarei prostituito per esso. Ma ho scelto la vita, scelsi di viverla fino in fondo come bere  un bicchiere d’acqua  tutto di un sorso, trattenendo il respiro. Ma se fossi rimasto in quel mondo, avrei dovuto trattenere il respiro per non sentire l’odore del marcio, dell’essere una puttana prezzolata al servizio di un padrone, come uno scimpanzé dentro una gabbia.
Ma ci sono i miei settantatre anni che profumano di libertà, un traguardo e allo stesso tempo l’ultimo giro di boa.
Mi sono ripromesso di svegliarmi ogni mattino dietro una finestra a guardare un mare lontano nella lontananza, un mare che ormai esiste solo nella mia memoria.
Sulla spiaggia dei gabbiani  infreddoliti, aspettano il sole, si alzano in volo se mi avvicino e volano bassi; e quando c’è odore di tempesta volano via come se volessero cancellarla, ma io come faccio a cancellare la mia tempesta?
A sera, la linea dell’orizzonte si sfuoca e non si riesce più a distinguere dove finisce il mare e comincia la notte.
A questo me stesso mormorai davanti alla mia immagine riflessa, a quel me stesso che guardavo per l’ultima volta prima del giro di boa, non so se con piacere o dispiacere, mi dissi con un timbro di voce serio: addio Vincenzo!
Leda, gli uomini come, sono quiete e tempesta allo stesso pari. Tu resta con me perché noi siamo una sola cosa.
Noi ci fiutiamo e ci scrutiamo, consapevoli di essere fatti della stessa pasta, è sufficiente una parola, o un gesto, è un codice che aiuta a identificarci.
Il confine attorno a noi è a volte confuso, anche se hanno tentato di tutto per renderlo un’ area circoscritta.
Amare, desiderare, invadere, assaltare, imprimere.
Avido il mio corpo. Sono divorato dal desiderio… e io che pensavo che il piacere fosse una cosa sublime, bastasse solo provarlo nuovamente per tornare a vivere.
Il desiderio diventa un tormento… può scindersi il sesso? E’ possibile che una parte raggiunga il massimo godimento e l’altra parte aspira invece a provare ciò che dà il piacere?
Desidero con tutto me stesso invadere Leda. Palpare il suo corpo per sentire com’è fatto dentro, insinuarmi in ogni sua parte, stare nella sua carne.
Sono il tuo destino, devi accettare Leda, la mia presenza, sono rimasto prigioniero delle tue labbra, dei tuoi occhi…. Leda!


martedì 11 giugno 2019


Semmai Tu

Di Vincenzo Calafiore
11 Giugno 2019 Udine

“ … le parole più belle sono scritte negli occhi: i miei occhi.
Non mi sono mai serviti solo per guardare.
Oggi in questo Medioevo oscuro dico tutto con gli occhi
e colgo con gli occhi, lo sgomento, il dolore, la fatica,
il distacco, le lontananze, l’amore.
I miei occhi oggi si trasformano in sguardi che
differenziandosi da altri sguardi li fanno risaltare e mi insegnano
quello che devo ancora imparare.
Ma dicono tante cose ad altri occhi che li sanno leggere,
che sanno guardarsi! “  Vincenzo Calafiore


E con questi occhi voglio raccontarti la mia storia, principessa.
All’inizio ci furono tanti sogni, l’illusione che riuscendo a capirli mi avrebbe concesso di trovare la felicità.
E quando la mia vita quotidiana a un certo punto si trasformò in ore, ore scialbe, ore morte ai miei occhi, la memoria venne a farmi compagnia.
In certi momenti è facile confondere un certo linguaggio con la memoria.
 Oltre ciò rimane la solitudine.
Adesso che non ho parole, essa si ingigantisce.
E’ la memoria a giocare con me, mi porta molto lontano o mi rimanda solo a ieri. E mi riferisco ad allora quando ancora non avevo imparato a guardare, scrutare, capire il linguaggio del mare.
Tu eri già nell’aria, e ancora non avevi voluto soffermarti a leggere i miei occhi, eri andata oltre lasciandomi in un angolo stretto con l’unica speranza di rivederti passare dinanzi ai miei occhi, in quell’angolo di spazio ove risiedo.
Quel giorno rimasi lì tutto il tempo ad attenderti, libero e intimo, con tutti i miei dubbi dissolti nell’aria diafana; io ascoltavo una musica di danze ungheresi, chiusi gli occhi e sognai che stavo sognandoti.
In quelle danze ungheresi c’era quel sapore d’infanzia nella piacevole sensazione di oblio che riporta indietro i giorni.
Sognai la mia Calabria, più esattamente la spiaggia dove mi portava mia madre. L’immagine era così reale, bella, come la fotografia di una sposa sul letto di un soldato.
E intanto respiravo l’odore del mare così vicino, e quello tuo!
Che profumo era? L’odore che mi ha seguito da allora e ancora adesso.
Ovunque andassi quel profumo era sempre lo stesso, mi parlava di te…. Entrava dappertutto
perfino nei miei sogni, principessa.
Quella notte in riva al mare, aspettammo la mezzanotte per fare il bagno, come altre volte, in altre spiagge abbiamo fatto; ma questa – la spiaggia dei gabbiani – è quella dove ci demmo il primo bacio.
La guardai, e stava per accennare qualcosa.
Le misi un dito sulle labbra.
La mia mano le sfiorò il viso piano piano, un ovale perfetto il suo viso tra le mie mani. Sentivo che desiderava le mie mani come non mai, come non ricordava di averne mai desiderate altre.
Ci guardammo con quel desiderio da troppo tempo lasciato nell’anima, non resistemmo a lungo e gli occhi come le labbra, le mani cercarono di divorarsi.
Non lasciarmi, principessa!
Torno ai miei occhi stanchi, principessa!
Tutto e niente arriva lì e non va oltre…. I miei occhi principessa ora altro non sono che ricettacoli di sogni che sono andati ormai via e di quelli che si son fermati in attesa d’essere presi e rapire un’anima. I miei occhi a fatica distinguono le ombre che passando veloci lasciano dietro di se profumi che riconosco, e mi fanno tornare in dietro.
Ma tu, principessa dammi un segno da ovunque tu sia, della tua presenza… chiedo a Dio, anche se effimero, di lasciarmi ancora qui, in questa stazione sperduta di un universo noto solo ai miei occhi mendicanti, assetati di vita attraverso le loro stesse cavità.