domenica 28 giugno 2015



     A Undi imu ? Dove andiamo?


Di Vincenzo Calafiore

Nella nostra immaginazione popolare, avevamo visto una Comunità Europea, popoli culturalmente e tradizionalmente diversi uniti in un unico “ Stato” democratico, in cui era possibile sentirsi a casa ad Atene come a Barcellona o a Berlino, Roma,Parigi, pur rispettandone le individuali regole che le reggono.
In realtà le cose sono esattamente diverse, molto diverse e sono queste sotto gli occhi di tutti i popoli di cui questa C.E. si compone.
Le differenze sono state ben delineate e marcate dalla “ intransigenza” e dall’autorevolezza  di una Cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha compiuto un salto di qualità da  benemerita sconosciuta che era a Kapo di una banda di usurai criminali. Tanto che lo statalista Helmut Kohl, ebbe a dire: Angela di politica europea “non capisce nulla” e non sa neppure stare a tavola.
Il padre di Angela fu un membro della gioventù hitleriana durante gli anni del liceo. I nonni materni di Angela vivevano in quella regione della Polonia da cui gli ascendenti di uno di loro in effetti proveniva, allora parte della Prussia orientale. I genitori della futura cancelliera tedesca potevano viaggiare tranquillamente dalla Germania Est alla Germania Ovest con due automobili, privilegio anomalo per la famiglia di un pastore evangelico luterano nella Germania comunista prima della riunificazione.
Eppure, solo 15 mesi dopo la caduta del muro riuscì a entrare nel governo federale come ministro per la Famiglia, gli anziani, le donne e la gioventù. Aveva raggiunto in tempo record i vertici della Cdu come vice, grazie ai suoi “protettori” Wolfgang Scnhur, capo del Movimento democratico tedesco orientale e Lothar de Maiziere (di cui la Merkel era viceportavoce), ultimo capo di governo della Ddr. Entrambi erano collaboratori della Stasi, il famigerato “ministero per la sicurezza di Stato” (Ministerium für Staatssicherheit). La disoccupazione dunque si risolve stimolando soltanto gli investimenti privati delle imprese, senza intervento diretto dello Stato? L’ex cancelliere statalista tedesco Helmut Schmidt aveva accusato Merkel di nascondere ai tedeschi la verità sui costi della crisi: “è una situazione spiacevole e molti non vorranno sentirselo dire, ma già tra pochi mesi si scoprirà che è la verità”. Da parte sua, l’altro statalista Renzi aveva già ammonito il presidente della Bundesbank Jens Weidmann a non entrare nel dibattito politico italiano: “Io non parlo delle Sparkassen o delle Landesbanken…”. La battuta al vetriolo del presidente del Consiglio italiano alludeva alla vigilanza proverbialmente insufficiente dedicata alle banche regionali e locali tedesche, spesso salvate da soldi pubblici che il governo di Berlino è riuscito almeno in parte a sottrarre alla vigilanza comune europea. La Bundesbank e l’autorità federale per la supervisione del settore finanziario – Bundesanstalt Für Finanzdienstleistungsaufsich, ente regolatore pubblico del mercato internazionale delle valute nato in Germania nel 2002 formalmente indipendente ma soggetto alla stretta vigilanza tecnica e giuridica del ministero federale della Finanza – tacitamente hanno collaborato all’operazione.
Ma queste sono cose note.
Ora è chiaro, almeno lo si spera, che essendo “tutti” sia quelli in classe BB nelle mani di oscuri usurai non vedremo mai la luce. A giorni Alexis Tsipras eletto il 25 gennaio, chiederà al popolo Greco con un referendum cosa fare, se uscire fuori da questa lurida congrega di usurai o rimanerci umiliati e sconfitti, testimoni di una miseria e di un degrado ancora peggiori di adesso.
Certo sarebbe bello poter approfondire e conoscere meglio la “ culona”, conoscere i suoi intimi progetti che vedranno forse una Germania che ha occupato un’Europa imbavagliata e ingessata, incapace di ribellarsi, sottomessa al IV° Reich!




Anche il significato glocalista dell’attacco terroristico alla rivista Charlie Hebdo di Parigi del 7 gennaio 2015 è stato rafforzato dalla condanna immediata della Merkel, che gli ha attribuito un’interpretazione universale: “È anche un attacco alla libertà di parola e di stampa, elementi centrali della nostra cultura libera democratica”. La pasionaria glocalista, prima donna al vertice del governo tedesco in seguito alle elezioni federali del 18 settembre 2005, conquistò il collegio del Meclemburgo-Pomerania Anteriore dopo una campagna elettorale in cui si è distinta per aver confuso due volte in un dibattito televisivo il prodotto interno lordo con quello netto e copiato un passaggio di un discorso del presidente degli Stati Uniti (glocalista) Ronald Reagan per il suo duello televisivo con lo statalista socialdemocratico Gerhard Schröder.
Siamo davvero in buone mani e possiamo dormire sonni tranquilli, cullati e speranzosi nella generosità e fratellanza Franco-Tedesca, due paesi distinti nei compiti in classe, con doppie AA e tutti i più del mondo ( che nulla hanno da insegnare), tranquilli e sereni nella condizione di ruote di scorta, di cittadini di seri BB senza titoli e senza portafogli, buoni a essere dissanguati da una banda di usurai Kriminali. Sarebbe bello farla saltare per aria questa Comunità Europea che non serve a nulla se non a sperperare denaro e a fare giochi con le tre carte. Sarebbe bello indire anche in Italia un referendum con cui chiedere al popolo schiavo italiano di esprimere il suo parere: rimanere o mandare tutto affanculo come farà probabilmente il glorioso popolo greco che ha dimostrato ai rimanenti cosa significhi: Dignità, Sovranità Nazionale, cose che un tempo ci appartenevano e che abbiamo perduto per un pugno di mosche!
Dove volano le mosche? …… Ma sulla merda!

giovedì 18 giugno 2015





Finale di partita
Di Vincenzo Calafiore

Corriamo e passeggiamo tra  cardi in fiore, nei parchi cittadini, sui marciapiedi di città sempre più affollati, incuranti o distratti, con la poesia o senza; amiamo e lasciamo, perdendo sempre qualcosa senza rendercene conto come certi affetti che se ne vanno; e altri per cui  combattiamo per farli rimanere, altri che parcheggiamo in case di riposo, ospizi lasciandoli soli e abbandonati nelle loro solitudini con l’unica speranza di andarsene per porre fine a una vita da schifo e col desiderio di ricongiungersi con le persone da loro amate.

Siamo davvero diventati così aridi?

Ci siamo davvero persi?

Non lo sappiamo di giocarci la nostra partita, o consci di farlo, ugualmente continuiamo a giocarcela nella maniera più sporca calpestando e oltraggiando senza tenere conto che quel che è davanti ai nostri occhi domani noi potremmo essere.
Allora perché non cambiare gli atteggiamenti, stili di vita, perché non amare di più?

Perché non pensare o guardare ciò che ci sta davanti con occhi diversi aggiungendoci un pizzico di umanità, di fratellanza affinchè non siano e non rimangano solo che stupidi e freddi  pensieri?

Se si dovesse scegliere tra l’amore per la vita, e la monnezza del quotidiano? Io sceglierei  l’ amore, perché è, e sarà la mia vita!

Ma c’è una signora che ci attende tutti, indistintamente ricchi e poveri, belli e brutti, buoni e cattivi, è la morte.

La teniamo nascosta come fosse una cosa da vergogna e sporca.

In lei vediamo forse nella maniera distorta solamente il terrore, la sua stessa assurdità, le sofferenze inutili, e invece è il coronamento, ciò che da il senso, il valore.
Resta comunque un immenso mistero, un grande punto interrogativo che ci portiamo dentro nell'intimità più profonda, per dare una risposta al grande mistero che è la vita, ma soprattutto pensare un po’qualche volta  coloro che sono prossimi a morire, bambini compresi, e le loro famiglie, persone a loro care che provano tutti i giorni a riconciliarsi con un evento ineluttabile più grande di loro.

Ne consegue qualcosa di sconvolgente, verità e spessore umano, una lezione di vita che provoca riflessioni, dubbi, prese di coscienza. Ma il messaggio più prezioso sarà che coloro che stanno per morire hanno molto da insegnare a chi vive. Che pur avendo frequentato la morte ogni giorno, da anni, si rifiutano di banalizzarla. Al suo cospetto, hanno vissuto momenti più intensi della loro vita.

Uomini, donne, bambini sanno che dovranno morire?

Non ancora, non sempre. Accanto a loro, una presenza: qualcuno che ascolta, parla, aiuta a prendere atto dell'ineluttabile; qualcuno che li fa sentire più vivi che mai, coscienti che il tempo che resta loro può essere vissuto pienamente, serenamente. E' questo è Dio: un luogo dove la morte non è occultata, non è negata, dove compassione, tenerezza e rispetto rendono a chi affronta il proprio destino la dignità di un essere umano, così spesso tragicamente dimenticata, aprendo il tal modo vie inaspettate a una forza e a una consapevolezza, nate dalla solidarietà e dall'amore, che offrono a tutti lezioni di vita indimenticabili. Come morire? Perché devo morire? Non c’è una risposta e se c'è una risposta, non sarà mai quella giusta, tanto è grande il desiderio di vivere!



lunedì 15 giugno 2015




Sia, vita!


Di Vincenzo Calafiore

Nietzsche ebbe a scrivere che lo scrittore non sarebbe mai stato  in piedi; che la scrittura è fin da principio e per sempre qualche cosa su cui ci si china. J. Derrida

 Leggera la vita, come brezza al mattino risalendo dal mare e colline passa e gonfia i bianchi lini davanti le finestre, come vele. Così certi giorni difficili vengono come onde improvvise travolgono l’esistenza tra nuvole e sabbie bianche, tanto da non comprendere in quale posto o luogo i piedi sprofondano nella nuda terra.
C’era stato un tempo lucido e forte, di ampiezze indefinite, e amori scontornati; un tempo che si ridisegnava nell’immediatezza, di poche parole e sogni a metà sospesi in quelle diseguali età.
C’era tanta poesia, in quei versi in chiari di luna.
E’ la vita!, passa e non torna nella sua intrattenibile fugacità. Scompare una volta per sempre dentro la stessa negazione, è un’ombra leggera, morta già in precedenza. E non importa sia stata essa bella o misera, splendente o priva di peso ai bordi di un terrore celato e sommesso:
la prigione della morte ove tutto non significa nulla.
Vivere e Amare sono un qualcosa che si verifica una volta sola!

Einmal ist Keinmal !

Vita leggera, unica e fugace negli sguardi di occhi sapienti e mani di madreperla, in questa intrattenibile evanescenza dell’esistenza v’è la continua necessità del significato o di rivivere le stesse cose come se non fossero mai accadute, come una prima volta. In questo paradosso che significato ha la vita se essa stessa altro non è che una carta nautica del nulla, un abbozzo senza firma d’autore.

Immersi in quella che dovrebbe essere un’esistenza priva di senso, inevitabilmente combattuti da opposte pulsioni: il voler restare attaccati a terra per paura di perdersi, e l’essere attratti come falene dalla leggerezza del vivere, senza inutili fardelli.
Dire “ SI” alla vita, dirlo continuamente per spezzare il filo che trattiene nelle pesantezze degli orgogli, dei sensi di colpa, delle misere rassegnazioni.

Dire “si” alla vita per tornare a ridere, per sentirsi leggeri, farfalle, ballare, alzarsi da terra e seguire il volo dell’amore, sempre come una prima volta, amando senza domande e ovvie risposte.

Dire “si” alla vita è come dirlo alla donna che sboccia e fiorisce, appassisce dentro, tutto rotea attorno a lei, tutto viene da lei: il mare grande della vita!

Amare è un liberarsi della pesantezza del vivere, fa volare come Perseo in un altro spazio…

Perseo si sostiene sulle ali dei venti e sulle nuvole per poter tagliar la testa della Medusa senza essere pietrificato, così chi ama deve ricercare la leggerezza per reagire al peso del vivere.
Ma noi non sappiamo volare con le nostre ali di pietra che immancabilmente ci fanno restare nel fango in cui ogni giorno ci dibattiamo, prigionieri di muri sempre più alti; difficilmente potremo provare cosa sia: la leggerezza di vivere a meno che non ci si spogli della zavorra che inesorabilmente trascina verso inaccessibili ostili fondali: senza coscienza, né anima.













sabato 13 giugno 2015





In nome dell’amore

Di Vincenzo Calafiore


Crediamo di conoscere l’amore dopo le prime esperienze che tutti prima o poi facciamo e quanto si fa in nome dell’Amore,  quante le sofferenze i dispiaceri, le notti bianche, a causa sua.
 Amare è il verbo che più coniughiamo in tutte le sue sfumature, Amore è la parola che più usiamo e il più delle volte con diverse accezioni anche contraddittorie.
Ma cosa vuole dire esattamente: Amare, Amore?
Forse significherà l’essere disposti al sacrificio di se stessi per amore o per amare una persona per la quale si nutre rispetto, dignità, onestà, lealtà!
E’ sempre così?
No in questo medioevo oscuro rivolto drammaticamente al femminicidio, che stiamo vivendo!, e pare che sia anche “ amore “ farle del male, vendicarsi e in fine ucciderla!, per gelosia, per l’onore, per incompatibilità di carattere.
La cronaca riferisce quotidianamente casi terribili di persone che compiono gesti disumani "per amore", contribuendo così ad alimentare una confusione di idee, molto pericolosa. Noi ascoltiamo queste notizie con malcelato gusto scandalistico, senza chiederci come possa l'amore portare a tanto e se abbia un senso parlare di amore in casi del genere: insomma senza porci alcun problema, quasi la cosa fosse normale e scontata. 
Ma si tratta di donne, di vite spezzate, di Amore mai nato.
In una società come questa, vuota e sconsacrata, dove è di “primaria importanza il dovere dell’apparire ad ogni costo” dove è imperativo assoluto: la chiacchiera, il pettegolezzo, il gossip, il divertimento coatto, il riempimento della vita di inutile mercanzia, il prostituirsi al maschile e femminile per il raggiungimento di un obiettivo o per mestiere; è chiaro che gli atteggiamenti verso i grandi problemi esistenziali diventino di giorno in giorno più acritici.
Un banale esempio: le trasmissioni che "fanno più audience" sono proprio quelle che hanno per oggetto triviali esibizioni di sentimenti elementari e becere chiacchiere di gente che non sa esattamente che cosa dice, ma si esprime per luoghi comuni e per "sentito dire". Che dire di quegli amori o meglio di  quei grandi amori naufragati alla prima tempesta? E di quelli che hanno resistito alle grandi tempeste? E di quelli che sono stati bruciati dalle guerre, dagli eccidi di massa, dalle Foibe, dai campi di concentramento, dai campi di sterminio?
Per ricordare questi amori mai sbocciati o interrotti, spesso mi reco alla Risiera di Sa Saba (TS)  penso e mi ritengo un fortunato, un miracolato. E mi commuovono quei Lui e Lei in età avanzata che vanno via assieme ancora tenendosi per mano, che spesso incontro nei parchi o per le vie della città. Allora sorge spontanea una domanda: perché loro sono ancora assieme e cos’è che li lega ancora se non l’ Amore…… quello che oggi purtroppo manca, poiché viene confuso con il possesso della sessualità!
I Greci, per distinguere i vari sentimenti che noi definiamo genericamente "amore", usavano addirittura quattro vocaboli diversi, e non certo per pignoleria: alcuni di questi sentimenti sono infatti profondamente positivi, altri invece sono nefasti e distruttivi e bisognerebbe imparare a guardarsene.
Bisognerebbe leggere Marco Fabio Quintiliano.
In questo senso può esserci di aiuto Platone, il filosofo che proprio all'amore ha riservato un ruolo centrale all'interno del suo sistema filosofico. 
Due sono i dialoghi da lui dedicati specificamente all'amore: il Simposio per intero e la prima parte del Fedro. La necessaria premessa per la comprensione del discorso è il Fedone, dedicato alla natura dell'anima umana: se infatti non si comprende quest'ultima, non è possibile neppure comprendere che cosa sia l'amore, che per Platone è per l'appunto un'affezione dell'anima. Ci vorrebbe un Socrate per illuminare questo nostro medioevo oscuro!