mercoledì 24 maggio 2017



Lode a questo piacevole degrado


Di Vincenzo Calafiore
25 Maggio2017 Udine

Che succede alle nostre Società, occidentali, europee, così evolute e democratiche?
Perché non sono più in grado di dare una risposta ferma e decisa al terrorismo che oltre a spargere terrore insanguina le piazze, le vie, e rende insicuri ogni luogo?
Possibile che si possa permettere tanto?
Possibile che si chini la testa a uno “ Stato” che vive e si nutre di terrore?
Sono domande a cui è evidente una risposta o le risposte non possono esserci; non perché non ci siano, ma perché la posta in alto degli interessi da sottobanco sono enormi e più importanti delle tante vite spezzate.
Penso che al di là degli aspetti umanitari, non se ne possa più almeno noi italiani d’essere invasi con questi sbarchi continui, non se ne può più di vedere le nostre strade e piazze ridotte a mercati ove ci si prostituisce, si spaccia, si vende merce rubata, si bivacca.
Che non se ne possa più di avere paura di rientrare tardi la sera a casa, o di capire che alla fine questi invasori finiranno per comandare in casa nostra.
Se queste cose accadano, vuole dire che qualcosa non funziona.
Se ogni giorno ci sono sbarchi vuole dire che qualcosa non va.
Penso che dovremmo smetterla col buonismo perché non porterà da nessuna parte se non di subire ogni forma di pressione da parte di questa gente.
Non è giusto e non dovrebbe accadere.
E’ inimmaginabile poter ancora permettere sbarchi pensando poi dove sistemare queste persone, come lo è inimmaginabile pensare un domani città importanti in mano a bande di criminalità.
Già le nostre città per certi versi sono nel degrado più grande, basti guardare in che misere e schifose è ridotta la capitale dell’Italia, in mano alla violenza, alla criminalità, alla monnezza e ai sorci.
Pare che non ci sia più il buon senso o l’onestà, basta pensare agli scandali regolari di corruzione a tutti i livelli in ogni luogo di questa Italia rosicchiata e rappezzata.
Ma c’è questo inverno inglese con tutta la sua bruma a pesare sulle coscienze di tutta Europa e non solo italiane, è un inverno in cui dovremmo chiederci se vale ancora la pena essere così benevoli o remissivi in nome di cose che ormai non hanno più senso, valutare anche se l’espressione spagnola “ mi casa es tu casa” abbia ancora senso, nei confronti di questa gente che viene in casa nostra dove oltre a fare i cavoli propri, ha anche la necessità di tramare e tradire la fiducia della nazione che li ha salvati  da morte certa, accolti e sfamati, con atti di violenza.
Non c’è nulla da fare siamo completamente diversi noi e loro, la nostra maniera di vivere, la nostra libertà non è loro né le loro potrebbero esserci imposte.
Quindi come si dice “ Tutti a casa” !
Per le nascite invece di pensare che loro possono o potrebbero incrementarle i governi e specialmente quello italiano facciano leggi seriamente adeguate e anche noi italiani potremmo la notte pensare tra le lenzuola di fare figli, ne siamo ancora capaci! Tutto il resto è degrado, è corruzione, è schifezza!
Continuando così il nuovo lavoro non sarà più il movimento di merci ma di vite umane stipate su camion, o e navi trasportate da una parte all’altra del mondo.
Se si vuole questo lo si può fermare, ma lo sappiamo c’è il mare tra il dire e il fare e fino a quando tutto sarà regolato dalla cortesia e dalla falsa accoglienza aspettiamoci città blindate e libertà ridotte al lumicino o di essere sottoposti ai voleri di questa gente che dovrebbe essere riportata a casa sua.
Inutile piangere e portare poi fiori e candele, tanto quei morti incazzati come sono non li gradiscono, quello che volevano era di continuare a vivere!

venerdì 19 maggio 2017



Hellas

Di Vincenzo Calafiore
19 Maggio2017 Udine

Al tempo del “diktat “ o meglio dell’austerità imposta volutamente da questa “ Cosa “ e non casa che è l’Europa si parlò molto come fosse uno scandalo, della Grecia, ma anche di
“ Alba Dorata “ suo leader è  Nikólaos Michaloliákos.
Della Grecia e delle sue condizioni economiche non se ne parla più è come quando muore un amico o un conoscente, se ne parla per due tre giorni, poi come se nulla fosse accaduto o con la solita scusante “ … che la vita porta ovunque “ finisce di non parlarne più.
Quello che più dispiace è proprio questo: il fatto che non se ne parli più, quando invece bisognerebbe parlarne per ricordare cosa è stato fatto alla Grecia e di come è stato ridotto il popolo greco di cui “ moralmente” o affettuosamente o per discendenza faccio e mi sento farne parte.
E’ vergognoso.
Più di tutto è un vergognoso silenzio!
Non se ne parla più dell’amata Grecia ora che,  oppure ora che se la sono spartita e ridotta all’osso.
Noi italiani che siamo il rovescio della stessa medaglia greca non avremmo dovuto mai smettere di parlarne se davvero la Nazione Greca è come in tanti hanno affermato “ nei nostri cuori “, non è vero, non è così, perché ai nostri mercanti d’anime della Grecia non gliene frega nulla, come del resto alla maggior parte di quelle popolazioni che vanno a formare la cosiddetta Europa, tanto è vero che alla cosiddetta Europa del Nord non gliene importa un fico secco di quelle Nazioni a Sud considerate da queste un intralcio, un peso economico, come se queste fossero dei contribuenti inadempienti.
La Grecia non sarebbe dovuta neanche avvicinarsi a questa congregazione di strozzini, avrebbe dovuto restarne fuori come del resto anche l’Italia.
Ricordo quante le pagine da me scritte lamentando la vergognosa maniera di come la famigerata Troika l’ha “ macinata “ a suo tempo  e ora? Tsipras cede alla Troika e a Berlino: nuove misure di austerità in arrivo!
Tra le misure adottate, l'abbassamento della soglia di reddito non imponibile da 8.636 euro a 6.000 euro, tagli alle pensioni e liberalizzazione di alcuni settori, tra cui quello del mercato elettrico e l'apertura domenicale di negozi e centri commerciali. Il premier Alexis Tzipras ha ottenuto, se l'intesa sarà rispettata, il ripristino della contrattazione collettiva dal settembre 2018 e lo stanziamento di fondi per il sostegno ai bambini, per gli affitti alle classi più disagiate e cure gratis per le famiglie con redditi più bassi. Ieri contro l'austerità si è tenuto uno sciopero generale di 24 ore.
Ricordo con ammirazione l’ex Ministro Yanis Varoufakis  e quanto fece opponendosi, per la crisi economica della Grecia.
Una sua dichiarazione:
La settimana precedente il voto del popolo greco sulla decisione di accettare il nuovo pacchetto di misure di austerità richieste dalla Troika (la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale) per rilasciare i fondi di salvataggio, i negozianti hanno affisso una serie di fogli A4 in bianco e nero sulle loro vetrine. Ogni foglio conteneva una sola parola in grassetto, OXI — in Greco: “NO”. La mattina del 6 luglio mi sono svegliato prima dell’alba, mi sono collegato a internet e ho acceso il televisore, con attesa e timore per le notizie: il risultato avrebbe avuto conseguenze non solo per l’appartenenza della Grecia all’Eurozona, ma anche per la definizione stessa dell’Europa unita. Il risultato del referendum è stato uno schiacciante OXI. Un’ora dopo, ancora tentando di capire perché provavo quella combinazione di paura, timore ed estasi mentre guardavo le immagini della folla in festa ad Atene, ho capito che stavo sperimentando sensazioni che avevo quasi dimenticato esistessero: speranza politica e ottimismo politico.
La nazione greca aveva rifiutato una logica economica quasi universale, quella che esonera da ogni colpa il sistema finanziario responsabile della peggiore catastrofe economica dai tempi della Grande Depressione. È una logica che richiede che sia la gente comune a pagare per i calcoli sbagliati dei mercati globali, una logica che ha cancellato i debiti delle banche, ma non ammette la stessa indulgenza per quanto riguarda gli effetti rovinosi del debito su singole nazioni. Dopo una settimana la mia speranza e il mio ottimismo sono svaniti e il governo della Grecia, in carica da sei mesi e guidato da Alexis Tsipras del partito di sinistra Syriza, appare sul punto di accettare i termini del salvataggio che erano stati rifiutati dal suo stesso popolo. Yanis Varoufakis. Il carismatico ministro delle finanze greco ha dato le dimissioni immediatamente dopo il risultato del referendum. Varoufakis, un economista con una lunga carriera accademica, ha la doppia cittadinanza Greca e Australiana, e ha lavorato per un periodo di dieci anni all’Università di Sidney. La sua condizione di outsider nel club politico dell’Unione Europea, il suo rifiuto di usare il linguaggio tecnocratico e di conformarsi allo stile burocratico sono costantemente stati elementi stridenti nei negoziati con la Troika. Ma per molti versi il forte risultato del referendum può essere visto come una conferma della sua tattica e della sua franchezza.
 “Ero al Ministero delle Finanze, dove ho rilasciato una dichiarazione, poi mi sono recato agli uffici del primo ministro, il Maximos [che è anche la residenza ufficiale del primo ministro greco], per incontrare Alexis Tsipras e gli altri ministri. Ero molto felice. Il sonante NO, inatteso, mi trasmetteva l’incredibile energia della gente in piazza. Avevano superato la paura, e avendo loro superato la paura, io camminavo a un metro dal suolo. Ma nel momento in cui sono entrato nel Maximos questa sensazione è semplicemente svanita. Anche là c’era un’atmosfera elettrica, ma con una carica negativa. Era come se la leadership fosse stata superata e lasciata indietro dal popolo. E la sensazione che ho intercettato era di terrore: cosa facciamo ora?
Ma per Varoufakis la spietatezza delle misure di austerità fa parte di un gioco politico che la Commissione Europea sta portando avanti al fine di spaventare altri stati membri. “Questo è il metodo di Schäuble per ottenere concessioni dalla Francia e dall’Italia, questo è sempre stato il gioco. Il gioco era tra la Germania, la Francia e l’Italia, e la Grecia era — non esattamente un capro espiatorio — abbiamo un’espressione in Grecia….il mulattiere fa schioccare la frusta perché il mulo ne senta il rumore”. Al di là delle differenze ideologiche, al di là dei compromessi e delle limitazioni della realpolitik, i ministri delle finanze europei, i colleghi di Varoufakis nell’Eurogruppo, le persone con cui ha negoziato nella Troika, capivano le dimensioni della crisi umanitaria nel suo paese? “Si trattava di una combinazione di indifferenza e di interessi personali. Bisogna capire che per alcuni di loro il programma di austerità greco era il lavoro della loro vita, era la loro creatura. Come il Dottor Frankenstein: è un mostro, ma ciononostante è il tuo mostro. Ad esempio, Poul Thomsen, che ha guidato il programma greco per conto del FMI dal 2010 al 2014, è stato promosso sulla base di quel lavoro, ed è ora il capo europeo del FMI. Quando questi personaggi guardano gli effetti di quello che hanno fatto — la gente per strada che cerca cibo nei cassonetti della spazzatura, la fenomenale disoccupazione — subentra il normale processo di auto-razionalizzazione: o dicono a se stessi che doveva essere fatto così perché non c’era altro modo, o danno la colpa al governo greco per non aver applicato a sufficienza le riforme”. Ma credevano davvero che l’austerità fosse l’unico modo di mantenere la Grecia nell’Eurozona? “È una visione molto cinica e utilitarista quella per cui al fine di forgiare il futuro occorre sacrificare le persone improduttive che sono dei buoni a nulla. Ora quelli più intelligenti tra loro — e ce n’è molto pochi — vedono chiaramente che tutto ciò è una fesseria [rubbish]. Erano in grado di vedere che il programma che stavano attuando era catastrofico. Ma sono stati cinici. Hanno pensato: “io so quale lato della mia fetta di pane viene imburrato La cosa interessante è che il ministro delle finanze della Germania è, tra tutti loro, quello che capisce meglio tutto ciò. In una pausa di una riunione gli ho chiesto: ‘Ma tu lo firmeresti, questo accordo [al posto mio]?’ e lui ha detto: ‘NO, non lo farei. Non va bene per il tuo popolo’. La cosa più frustrante è che a un livello personale è possibile avere questo tipo di conversazione umana, ma nelle riunioni è impossibile, è impossibile ottenere che l’umanità ispiri la politica [policy-making]. Il dibattito politico è strutturato in modo che l’umanità resti fuori dalla porta”.


mercoledì 10 maggio 2017






Per dare orgoglio

Di Vincenzo Calafiore
11 Maggio 2017 Trieste

Stacco nuovamente lo sguardo dal foglio...quanta dolcezza in quelle amare parole...disposto a morire per la mia vita…..

A volte succede di sentire dentro una mancanza a cui non so dare un nome, ed è pressante, latente col suo andare e tornare, succede di notte nel silenzio e senza rumore leva il sonno.
Così davanti a una finestra con un sigaro tra le dita cerco in quel silenzio catramato di colmare quel vuoto dentro, pensando magari ai giorni già bruciati o più approfonditamente negli anni che sono tutti lì dentro cornici d’argento e sembrano parlarmi.
Son tutti lì sempre uguali, con la stessa espressione felice e occhi brillanti, uguale la posa i vestiti; immagini fluttuanti in una specie di marea che portandoli se li riprende per rilasciarli chissà in quale angolo della memoria.
Le ore trascorrono lente in quel silenzio ovattato, rotto dal ticchettio di una sveglia o da una sirena lontana, la città dorme dentro un respirar lento; dai vetri cerco qualche finestra illuminata come ci fosse vita.
Il fumo lento del sigaro si dissolve nell’aria fresca dell’alba che fra non molto illuminerà quel filo d’orizzonte ingoiato da un lattiginoso divenire.
Sul piano della scrivania, il solito disordine di fogli e libri letti, appunti per il giorno dopo e mi viene voglia di sedermi e cominciare a scrivere; è rassicurante quel disordine, il profumo degli inchiostri, sanno di continuità quelle frasi lasciate a metà come sul davanzale d’una finestra in attesa del vento per prendere il volo.
E c’è lei, la mia vita!
Lei che sa come raggiungermi e prendermi o disperdermi chissà in quale tristezza.
Allora la penna stilografica comincia a graffiare il foglio con solchi profondi per ricevere inchiostro, graffi invisibili, come certe ferite infettate e sanguinolenti che dolendo fanno ricordare ed è là che la memoria và.
A volte mi pare d’essere un attore squattrinato che si aggira per teatri di periferia, ma capace di snocciolare lunghi monologhi per incantare anche le pietre delle strade che portano a nulla.
A volte mi sento un uomo prigioniero delle parole che in testa si muovono come il carico di una stiva in mezzo alla tempesta, e c’è rumore, c’è vita che vorrebbe vivere e aspetta le mie mani.
Se dovessero chiedermi cosa sia la felicità, potrei rispondere: un foglio di carta e una stilografica! E se non dovessi avere più parole per descriverla questa felicità come potrei e a chi declinarla come fosse poesia in un’arena insanguinata?
A chi?
E’ questa la realtà o meglio sta tutta qui la realtà: a chi ?
Alla distrazione, al finto orgoglio, all’incapacità di commuoversi, all’incanto mancato, alla facilità con cui si gettano le persone?
Dovrei scrivere per questi?
Se così fosse vorrei essere piuttosto cieco o muto.
Ma c’è lei, la mia vita che torna sempre all’imbrunire come gabbiano, torna e mi racconta di cose che credevo ormai morte, mi chiama per nome un nome che a volte scordo per un altro inventato solo per la notte corrente. E so che dovrei possedere un passaporto, un documento che mi possa permettere di oltrepassare il confine e raggiungere quella terra a cui nelle notti vado a prendere sogni. Così certe volte l’alba mi raggiunge con un bagaglio in mano in una stazione sperduta in un deserto, senza età, libero non so di cosa, ma libero di tenere un sogno nelle mani per cui vale ancora di morire ….. potrebbe essere questo, l’Amore!?





lunedì 8 maggio 2017



Come fossimo noi mare
Di Vincenzo Calafiore
09 Maggio 2017 Udine
( Da: Le chiavi di casa)
 come fossimo noi mare.. “
         Calafiore Vincenzo



Era più o meno di Maggio quando ci siamo incrociati sul lungo mare, tu avevi in testa una montagna di capelli lunghi e ricci legati con un nastro di colore blu, quasi come ai tuoi occhi e due labbra rosse assetate e dissetate dal cono gelato, ti sedesti su una panchina di ferro lucidato da gonne e pantaloni, a guardare il mare e pensavi chissà a cosa.
Io da uno dei cannocchiali utilizzati per guardare il mare o lo stretto dei traghetti e delle navi, Messina, invece guardavo te, più che altro i tuoi occhi, i tuoi capelli. A un certo punto devi esserti accorta del mio cannocchiale puntato su di te, mi hai guardato con disappunto e te ne sei andata via, io ti ho seguita fino a quando il cannocchiale ha smesso di funzionare, ti avevo perduta.
Io nel frattempo avevo lasciato la “ Chianalea”. Ma per la gente come me innamorata del mare e delle proprie origini, quei legami non si sciolgono mai, è un legame col mare infinito.
“ L’Aurora”  un vecchio barcone da pesca che ha solcato in largo e in lungo il Canale di Sicilia a pescare aveva le fiancate dipinte di bianco e blu e fu compagno fedele del suo padrone che ne aveva cura.
Poi un giorno rimase ormeggiato nel porticciolo, restò lì per mesi fino a un anno; quando venne trainato fuori dal porto dal nuovo padrone che dopo averlo modificato lo usò per contrabbandare ogni cosa.
Questa vita sua durò fino a quando venne catturato e posto sotto sequestro e abbandonato all’ormeggio a un pontile di un porto; si persero pian piano i colori, l’acqua piovana poi cominciò ad allagarlo internamente, il suo cuore era andato tutto in ruggine.
Ubbidendo al forte richiamo del mare appena potevo scappavo da Udine per raggiungerlo; in una di queste fughe passeggiando sul molo lo vidi “ Aurora” e sono salito a bordo. Nonostante le sue precarie condizioni di “ salute “ mi piacque molto e ci tornai tutti i giorni della mia vacanza, quando venni fermato dalla guardiamarina che dopo fatta conoscenza mi dissero che tutte quelle barche sarebbero state messe all’asta e vendute a peso di rottame, quelle non vendute andavano distrutte.
Il giorno dell’asta ero lì, presente e preoccupato, alla fine fu mio, ero riuscito a comprarlo.
All’alba scendevo giù al porticciolo e dopo aver fatto tutte le verifiche scioglievo gli ormeggi e me ne andavo al largo, in mezzo al canale di Sicilia a pescare. In realtà lasciavo “ Aurora” alla deriva e da un’amaca ascoltavo Giuseppe Verdi, Bellini.. tenendo d’occhio l’orizzonte; di tanto in tanto, riaccendevo il motore e ritornavo in dietro e prima di rientrare ormeggiavo davanti a “ Chianalea” per tuffarmi in mezzo a quel blu, come fosse vita.
Una mattina di un’estate infinita, all’ombra della pensilina leggevo e ascoltavo la musica, quando la barca ebbe un lieve sussulto piegandosi lievemente su un lato, salisti a bordo per rituffarti in acqua, era il tempo di “ Sapore di sale… “ .
Tornasti a salire a bordo abbronzata e perlata dentro quel costume rosso che risaltava i tuoi seni, con i tuoi occhi grandi e profondi come quel mare davanti a “ Chianalea” ti sei seduta vicino al cassero con la testa appoggiata alla porta e sei rimasta lì ad ascoltare la musica; come ci conoscessimo chissà da quanto tempo … cominciammo a parlare, così tra un tuffo e un bicchiere d’acqua così fino al tramontar del sole senza accorgersi del tempo che era scivolato su noi silenziosamente quasi a non farsi sentire.
“ Perché mi guardavi con il cannocchiale”? Mi chiese all’improvviso come se l’avesse appena ricordato.
“Guardavo il mare… “ ! Rispondo, sorpreso…
“ Si, guardavi il mare che c’era alle mie spalle….” ! Aggiunse, mentre si metteva in ordine per fare ritorno a casa.
“ Si, il mare nei tuoi occhi “ …

La cosa più bella che possa capitare a un uomo è quella di trovarsi nel mese di maggio in mezzo allo stretto, all’alba o al tramonto, e sentire in se il respiro del mare, restare incantati da una bellezza straordinaria.
Ma oltre ciò dalla poesia che suscita quel tratto di mare stretto tra Scilla e Cariddi, attraversato da gabbiani che vanno a pescare nel porto di Messina e tornano a Scilla al tramonto. Il Canale o  lo Stretto, da guardare e da sentire dentro e negli occhi affinchè ci sia cultura, musica, danza, colore, luce.
Lo Stretto che non separa, ma avvicina e accomuna come un immenso crogiuolo di lingue e dialetti, odori di cucina, di gelsomino, di fichi, odore di salsedine sulla pelle e salsedine agli orli di labbra e occhi come fosse neve, come fosse bava del mostro che vomitò Ulisse con tutta la sua barca.
Mare che parla greco e riporta gli echi di lontani Sirtaki, come fosse armonia, come fosse cielo dentro i palmi di mani ruvide tagliate dalle reti, mani bruciate e arse dal sole come sabbia, come terra.
Allora è qui che avrei voluto restare, in quella scorciatoia tra vita e morte, che brucia dentro, che ti porta via, che ti fa innamorare come una donna di cui non potrai più farne a meno, perché essa è fuoco dentro che arde e cova, è distanza accorciata dalla melodia della risacca è Ulisse, Itaca è Poeseidone, Nausicaa è cimitero, è Amore, Vita.
E’ come fossimo noi mare.