giovedì 31 maggio 2018


La vida loca




Di Vincenzo Calafiore
01 Giugno2018 Udine


Aspettavo da giorni una marea, forte, capace di disincagliare la
“ Pegasus “ e riprendere a navigare  nello spazio infinito dei sogni.
Sono state notti di tempeste in successione, come se a un certo momento il mare volesse in qualche modo raggiungermi e farmi annegare assieme al mio ultimo sogno ancora da vivere, ancora da scartare dalle sottili filigrane argentee che luna beffarda da matrigna mi fece trovare a ridosso di un’alba stagnante all’orizzonte.
Da poco lei è sgusciata via, lasciando la sua forma e il profumo di se, e capelli d’aurora!
E sgusciata via come un pensiero nella mente, lei con la forma di un ricordo in una notte di tante altre sciupate nell’inutile attesa ai margini di un desiderio.
Succede quasi tutte le notti tra le mura della mia stanza arlecchina che baratta ogni minuto d’attesa con un mio sogno già vissuto ma ancora vivo giovani e forti emozioni.
Pur di averla ho offerto a quell’altare la migliore anima, la migliore vita, la più bella felicità!
Per le sue labbra sono rimasto qui.
Per le sue mani sono andato oltre gli orizzonti visti e immaginati da dietro un oblò.
Per lei sono rimasto qui.
Vorrei averla qui adesso, vorrei darle un bacio sott’acqua, nel riflesso di luna, vorrei insegnarle a volare con la mia “ Pegasus”, abbracciarla dalla schiena e guardarle il viso tinto dalle aurore di un universo in cui siamo io e lei.
Vorrei vedere i miei occhi e il mio sorriso che si accendono vedendola arrivare, sentendola fremere tra le mie braccia.
Vorrei poi iniziassi a ridere, quella tua risata che mi manca così tanto, che scopre i tuoi denti dritti, che brilla nei tuoi occhi.
E sono qui ad attendere la prossima luna che ti porterà a me e quando verrai ti porterò al mare, di notte, così potrò baciarti fino a toglierti il respiro, senza che nessuno dalla spiaggia ci veda, potrò stringerti a me, forte, senza paura!
Uniti dall’acqua che ci separa, e ci unisce in un desiderio l’uno dell’altra senza fine, senza sosta.
Potrò sentire il tuo viso tra le mie mani, mentre le mie dita ti accarezzano lente i contorni delle tue labbra, dei tuoi occhi, per sentire vita pulsare in noi, come ogni volta in cui ti sfioro, in cui ti guardo, in cui ti prendo per mano e mi baci.
Mi sono innamorato di te in uno sguardo, come una vela del vento, e sa che non potrà più farne a meno, che senza non potrà più vivere.
  E forse quando sarai qui, quando saremo insieme sotto questo cielo stellato, mi fermerò a guardare te, che sei tu il mio cielo pieno di stelle, e allora, in quell’istante, con gli occhi fissi a te che guardi il cielo e il mare, e ti tengo stretta a me con un braccio, forse lì, saprò dirtelo:
“ Lo senti questo amore che vive di noi ? “




mercoledì 30 maggio 2018


Senza maschera

Di Vincenzo Calafiore
31 Maggio2018 Udine

Sai cosa c’è di bello? Vorrei dirle!
Io e te sulle spiagge della nostra vita, camminiamo e lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, come noi le abbiamo lasciate.
Ma domani, ci alzeremo nelle nostre prigioni e guarderemo la nostra spiaggia … non ci sarà nulla! , più nulla, orme, segni del nostro passaggio, niente! Il mare cancella tutto, le maree nascondono, è come se non fosse mai passato nessuno. Come se noi due non fossimo mai esistiti.”



Sulla “ Pegasus” il viaggio scorre tranquillo, con un colpo di remi si arriva lontano, dagli oblò posso vedere la terra da cui mi sono staccato tanto tempo addietro, quando ero costretto a vivere come una marionetta ubbidendo agli invisibili fili manovrati abilmente da un inesorabile e spietato
 “ Mangiafuoco”.
Ma, la “ Pegasus” non è solamente l’astronave a remi è qualcosa di più, per quelli che come me da tempo ormai hanno abbandonato uno stupido e sanguinario sistema di eliminazione dell’umanità.
E’ qualcosa che è libertà, indipendenza, uguaglianza! E non solo, è anche amore, o luogo in cui potere amare senza maschera, senza rete.
Già da tempo prigioniero di un circo e costretto a vivere più appeso a una parete in attesa di una mano che agguantando i fili mi facesse vivere pochi sprazzi di libertà era come annusare l’aria che saliva dal mare dietro grosse sbarre di ferro, una finestra sempre aperta a una dannazione, a una condanna.
Da lì potei ammirare il mare e lo vedevo blu come il cielo e speravo un giorno poterlo toccare, annusarlo, cosa che non è mai accaduta, fino a quando una sera dopo giorni trascorsi appeso a un chiodo una mano mi calò su un palcoscenico sconosciuto ove già era in scena un’altra marionetta.
Assieme abbiamo danzato e recitate le nostre parti senza mai poterci guardare in faccia, quando quei fili lo hanno permesso gli occhi si incontrarono e qualcosa sentii in me cambiare.
Pensai a lungo a lei, immaginando quale fosse il suo nome, pensai a cosa dirle la prossima volta che avremmo recitato assieme.
Sai cosa c’è di bello? Vorrei dirle!
Io e te sulle spiagge della nostra vita, camminiamo e lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, come noi le abbiamo lasciate.
Ma domani, ci alzeremo nelle nostre prigioni e guarderemo la nostra spiaggia… non ci sarà nulla! , più nulla, orme, segni del nostro passaggio, niente! Il mare cancella tutto, le maree nascondono, è come se non fosse mai passato nessuno. Come se noi due non fossimo mai esistiti.
Se c’è un luogo, al mondo, in cui potremo non pensare a nulla se non a noi stessi,
se c’è un luogo, al mondo, in cui poterci amare senza maschere, è qui, sulla
“ Pegasus”.
Non è terrà, è mare, è vita vera, è amore, è eternità.
Avrei voluto scriverle con parole che scivolando sui fili la potessero raggiungere, ma non l’ho fatto; avrei voluto dirle che varrebbe la pena provare a volare sul mare, magari di notte, stenderci sulla sabbia a cercare una stella da raggiungere … i sogni a volte si realizzano, credici! più di tanto eh, lo sai questo tipo di promesse io non so mantenerle. Vieni sulla “ Pegasus “  buttiamoci la sabbia addosso, tra i capelli, baciamoci,  mentre siamo tutti sporchi, giochiamo a nascondino, io mi nascondo dietro una vela un po’ trasparente e tu, anche se mi scopri subito fai finta di non vedermi per un po’.. Poi però trovami e baciami. Vieni e fammi vedere come a volte i sogni si realizzano!






sabato 26 maggio 2018


Che sarà domani…





Di Vincenzo Calafiore
27 Maggio2018 Udine


Vorremmo in qualche modo rimanere aggrappati all’ultimo sogno come alla prima alba, e sappiamo che non è così, i sogni non restano mai impigliati nelle maglie della memoria, i sogni vanno e ritornano quando loro vogliono.
Noi due il nostro sogno lo abbiamo sempre addosso come esca come acchiappa sogni: è l’amore! 
L’amore di ogni giorno di tutti gli istanti, degli sguardi fugaci, delle carezze mancate, dei baci sospirati che a volte non schioccano o che sono andati smarriti nelle stessa attesa di te.
Ricordi come ci siamo conosciuti?
Ma te lo ricordi il primo bacio?
Da tempo ormai viaggio sull’onda dell’emozione, a pensarci bene non ricordo più gli anni miei; quando Tu sei entrata coi tuoi piccoli passi nella mia vita ero grigio come un muro fatiscente di prigione pregno di libertà negate e sogni ancora tutti in cantiere, conscio che difficilmente si sarebbero realizzati.
Tu invece li hai presi e portati via d’un colpo per restituirmeli uno alla volta!
Sei stata brava.
Camminando sulle rive di questo mio altrove sento il tentennio di conchiglie vuote da quel sacco che mi porto addosso, come gli anni, come questo tempo infoibato dalla logicità più che dalla poesia.
E per questo ti propongo di salire a bordo della mia “ Pegasus” , la mia astronave a remi per sfuggire alla mediocrità, all’ignoranza, all’ipocrita cortesia, al mercato dell’amore, alla volgarità.
E’ così che ancora oggi io e te possiamo amarci da umani, con le nostre preghiere, con le promesse rinnovate ogni giorno, con quel sì dinanzi a un altare: quello dell’amore.
Amo le mie notti insonni come amo le tue labbra che sussurrano uragani con quel – ti amo -,
amo sognare e sognandoti rivivo tutta la tenerezza che c’è in un abbraccio, in una carezza, in un bacio agli occhi tuoi!
Sì mi piace tanto baciare gli occhi tuoi, quegli occhi che mi fanno piccolo quando mi guardano, o che accendono quel desiderio di tenerti a me stretta come a non volerti perdere.
E da quegli oblò della “ Pegasus” vediamo il mondo allontanarsi e finalmente io e te! Senza limiti, senza confini, io e te veri, sudati, stanchi, avvinghiati come radici o semplicemente uno accanto all’altra con gli occhi a mezza luna con lo stesso sogno, desiderio, amore.
Non importa più nulla, su quella astronave io e te, siamo quel che siamo: due anime, una sola anima! A volte penso quanto bello sarebbe se potessi rinascere per ricominciare daccapo senza nulla cambiare, tutto uguale in una specie di eterno, nello stesso amore certo, negli stessi giravolta di un su e di un giù, ma sempre noi, sempre più umani, sempre più desiderio uno dell’altra.
Ieri come oggi e domani, che sarà domani?
Sarà uguale a oggi a ieri, io e te, con gli anni addosso ancora con quel “ ti amo” a fior di labbro, ancora a cercarci, ancora persi l’uno nell’altra negli sguardi che si raccontano, che si amano, che si cercano per una completezza d’una semplicità estrema come lo è l’amore che ci da vita.
E la voglio questa vita, la desidero con tutto me stesso, la voglio con te amore! ,  per condividerla come ostia offerta a quel giuramento che quotidianamente si è rinnovato, si rinnova, e si rinnoverà ancora fino alla fine del tempo.
Io so che Tu ci sei! So che sei lì, su quella riva d’incontro, in quelle mani tese, in quel pensiero che a volte come rosa scarlatta rimane al cuore e agli occhi!

lunedì 21 maggio 2018

Amami, io ti ricordo così

Di Vincenzo Calafiore
21 Maggio 2018 Trieste

“ Da Blu oltremare. Cap. 4° “

Amami, non lasciarmi in parte, fuori dai tuoi pensieri, dai tuoi sorrisi.
Amami come solo tu sai fare con quel silenzio che ti porto addosso, guardami con quegli occhi stretti nella luce; stringimi a te con quelle mani che della mia pelle conoscono ogni riga.
Lo dico quasi come preghiera, me lo ripeto,te lo ripeto mille volte fosse necessario sempre, per sentirmi vivo, per avere la tua vita, per consegnarti la mia.
Ripensando a te e, questo accade quasi sempre, come stai e cosa fai, dove sei e lo so che lo senti, lo sai, non finirò mai d’amarti, finchè ci sarà un bacio; perché voglio sentire sulla mia pelle il tuo cuore battere, come tra le mie labbra tu sarai mia, per sempre, negli occhi, nell’anima, guardami! Chi potrà mai cancellare gli istanti degli occhi, dei corpi che si cercano sempre più assetati, le mani che si toccano, gli occhi che si cercano.
Ricordi? Eravamo in una stanza affollata di gente; tra tutti gli occhi che erano presenti, i miei guardarono i tuoi, ma i tuoi non guardarono i miei. Non so come sia successo, eppure mi sono incantato per un po’ a fissarli, a fissarti. Osservai il tuo viso, le tue labbra, i tuoi capelli, il tuo fisico. Tutto. 
Pensai a come sarebbe stato bello se tu potessi essere tutta per me, se quei bellissimi  occhi, color notte, potessero guardare solo me.
Inutile dirlo, ma quel ricordo restò per sempre nel mio cuore.
Sei bella, di quella bellezza che non fa annoiare, che fa vibrare le gambe e il cuore; quella bellezza che si intravede, che ce l'hai dentro da qualche parte: sotto la pelle e le unghie, negli occhi.
Sei bella e io pensavo di non essere alla tua altezza, di non essere neanche minimamente abbastanza per un tuo bacio e un abbraccio. Pensai che non potessi piacerti. 
Sono vulnerabile,  
malinconico,  
pieno di difetti. 
Eppure ho fatto di tutto per restarti affianco, ho lottato per averti.
E Tu ancora non te lo spieghi!
Io ancora non capisco come una come te abbia saputo farmi innamorare, farmi essere felice, farmi arrivare lontano, lontano da qui: sulle nuvole. Io non me lo spiego e anche se tu abbia più e più volte scelto di mandarmi via, eri di un altro e io restai lì dentro i tuoi occhi, ugualmente.
Ti dissi che non sarei mai andato via, che ti avrei aspettata, ti ho aspettata. Non capivo come faceva una come te a rimanere con lui che non conosceva i tuoi occhi come già li conoscevo io; non capivo e soffrivo eppure sono rimasto lì ad attendere te che volevi stare al suo passo, nella sua disattenzione, nel suo disamore, che non ricorda l’odore che hai quando abbracci, non conosce il profumo che indossi, è tutto così strano…. Perdersi senza una parola, senza più un sogno, senza più ricordo.
E’ andato tutto perduto senza traccia.
Non capivi!
Io già sentivo riscaldarmi le mani con le tue mani, sentivo già le tue labbra sulle mie, e non ero capace di nascondere la tristezza la sera … e immaginavo che capendolo mi avresti abbracciato forte facendo passare tutto. Le nuvole non esistevano, c'era un sole abbagliante e non potevo che splendere di felicità. 
Quando mi hai abbracciato poi, ho capito che di quell'abbraccio continuerò a viverci, che sarà una luce immensa nel buio quando la notte non riuscirò a dormire e mi ricorderò di quel calore, di quelle braccia che mi stringono fortissimo, quasi a non lasciarmi andare più. Me ne ricorderò come si ricordano le cose preziose, quelle che si tengono nel cuore. E tu, nel mio cuore, ci sarai per sempre, anche quando non ti terrò più per mano. 
E’ tutto qui per sempre nel mio cuore.










giovedì 17 maggio 2018


Pensiero infinito



Di Vincenzo Calafiore
17 Maggio 2018 Udine


E’ una notte da rimanere legato ad un albero maestro ad ascoltare il canto malinconico e mieloso di sirene e vedere tutto scivolare in una scia scomposta e irregolare fotogrammi di un ieri appena oggi, appena passato, appena ricordo.
Una di quelle notti che non lascia via di scampo al malcapitato navigante che per inerzia in mezzo alla tempesta inesorabilmente finisce per sbattere contro il filo d’orizzonte di una rammemorazione inesorabile, tascabile.
Tornare con l’anima in quelle occasioni di vita vera perdute è un’onda bastarda capace di ribaltare il legno a cui aggrappato  cerco di non annegare nella procella in fondo al cuore.
Le mani sicure e forti, capaci di stringere la barra dritta, sono improvvisamente come nuvola sul corpo di lei, sui suoi seni di nutrice di vita; mani che accarezzano la pelle vellutata senza sosta ed è un passaggio memorico, da rilasciare nei momenti in cui in assenza di vento resto sulla stessa porzione di mare contenuta nel cono focale di occhi ormai avvezzi all’asprezza di salsedine che sbianca ogni cosa su cui si posa.
E’ la saggezza.
La saggezza di vecchio navigante nelle vele spiegate a navigare nelle notti livide e sprofondate nel blu per loro stessa mano.
Mi addormento e sogno, perché sognando voglio raggiungerti ovunque tu sia in un’altra vita, in un altro mondo, in un altrove distante da me.
E nel sogno ti stringo a me, stringo i pugni trattenendo il respiro per non svegliare il giorno, rimango fermo ad ascoltare ciò che la tua pelle vuole raccontarmi come fossimo viaggiatori viaggianti che vogliono salvarsi dalla solitudine e tristezze già nella distanza che ci separa.
E’ il sogno più bello che vorrebbero trattenere per non lasciarlo andare assieme a te le mie mani incapaci, chiedermi se l’amore ancora ricorda il mio nome.
E ritrovarmi all’alba sul ciglio di una strada sconosciuta tra la gente che passa avvezza a guardare più la forma che altro, incapace di riconoscere un naufrago di una notte di pioggia sulle mani.
E’ rimango lì a cercarti, ad aspettare seduto ai tuoi bordi in attesa di un vento che mi faccia risentire il tuo profumo: questo è amore.
Perché ancora da marinai navigante so ancora sognare in questa vita avida e schiava, serva di una logica matematica.
Sogno il tuo volto come un sognatore che aspetta la sua primavera davanti a un oceano senza fine, davanti a un bicchiere, davanti a un foglio come a una primavera da aspettare ancora la mia vita passerà, questo inverno addosso passerà!
Ti Amo.




lunedì 14 maggio 2018



L’infinito a ridosso di uno sguardo



Di Vincenzo Calafiore
14 Maggio 2018 Udine





A volte mi succede di pensare al tempo perduto senza te!
A quando ti inventavo tratteggiando il tuo volto con una mezza matita, eri ciò che il mio cuore da sempre avrebbe voluto e non ci siamo mai incontrati in quelle lunghe calende di tempo perduto.
Era come se guardassi in un’altra vita, in un altro tempo in cui tu stavi e ci dividevano.
Io lo sapevo e ho continuato a cercarti nei sobborghi,  nelle periferie della vita mia .
Io lo sentivo il tuo profumo, e gli echi del tuo essere primavera, dei tuoi occhi incastonati di mare al tramonto.
E quello sguardo l’ho cercato, lo cercai in quelli incontrati che nulla avevano a che fare con il tuo.
Via via a quel ritratto ogni giorno aggiungevo qualcosa, non so perché ma tutto è iniziato con l’aver disegnato quei tuoi occhi di solitudine, così profondi… e così veri, occhi che sapevano cercare e scavare; forse è di quello sguardo e della loro maniera di sapermi guardare che mi innamorai.
Così negli anni.
Non riuscivo a pensare che tu saresti stata di un altro, non riuscivo a vederti che magari toccassi un altro, che lo baciassi, che le su sussurrassi parole dolci, che faresti l’amore con uno che non fossi io.
Non sopportavo l’idea che tu ti legassi per tutta la vita a uno che non fossi io.
Tu sei mia, non c’è futuro per me senza la tua presenza …. Ma hai scelto di essere un’assenza,
 un sogno a cui andare sempre alla ricerca come una barca cerca un porto in un mare di nebbia.
Queste cose mia dolce immagine su un foglio appeso al muro, ogni mattino te le racconto come fossi qui in carne ed ossa, come una rosa nelle mie mani; entro ed esco dalla mia vita come da una scena, come un cambio d’abiti, come un temporale, ma sappi che è un entrare e uscire con te o alla ricerca di te, ogni giorno all’alba come un vagito di bimbo che cerca il seno materno.
Voglio dirti tante cose e non ho mai trovato le parole per farlo, volevo dirti che ti amo, e te l’ho detto! Te l’ho detto in tutte le forme,  dirti che mi fai impazzire, sono pazzo di te e tu l’hai sempre saputo, lo sapevi già che ti volevo solo per me…. È già lo sei su tutta una parete da ammirare come un quadro o una fotografia, un mare che si muove che sempre più si avvicina.
Non sarò bello come vorresti tu, ma voleremo assieme in quel cielo più volte acquerellato di blu!
Perché Tu lo sapevi, l’hai sempre saputo, cosa c’era dietro i tuoi occhi, lo sapevi anche quando ti sembrava impensabile che io di amarti non avrei mai smesso,
lo sapevi e intimamente sapevi che qualche parte c’ero io che non potrei mai stancarmi di te, anche quando mi mandavi via chiudendo gli occhi, quando ti dicevo appoggiando le mani a quella parete di amarti lo sapevi e speravi di incontrarmi.
E lo sappiamo entrambi che te lo dirò di nuovo: ti amo!
e che ti farò tanto male stringendoti a me
e che ti dirò di essere il mio di te,
e che ti odierò con tutto me stesso quando mi lascerai
per poi amarti ancora di più in un abbraccio con la
paura che ogni volta che penserò all'amore, penserò a te in quella parete bianca come neve.







martedì 8 maggio 2018




Fedeli, sempre
Di Vincenzo Calafiore
Udine 7 Maggio 2018

Passo Solarie
Drenchia 6 Maggio 2018

Se tu vens cassù ta' cretis
là che lôr mi àn soterât,
al è un splaz plen di stelutis;
dal miò sanc l’è stât bagnât.

Par segnâl, une crosute
je scolpide lì tal cret,
fra chês stelis nas l'arbute,
sot di lôr, jo duâr cujet.

Cjôl sù, cjôl une stelute:
jê 'a ricuarde il nestri ben.
Tu j darâs 'ne bussadute
e po' plàtile tal sen.

Quant che a cjase tu sês sole
e di cûr tu préis par me,
il miò spirt atôr ti svole:
jo e la stele sin cun te.


La giornata sarebbe dovuta essere incerta come le previste previsioni atmosferiche, invece è stata soleggiata e festosa come nei pensieri di Bovio Cosimo Presidente dell’ Associazione
“ A.N.F.I. “ di Cividale del Friuli avente Sede in via Carraria 101. Lo stesso in collaborazione con il Gruppo A.N.A. di Grimacco del quale ne è il Capogruppo Marinig Marco e il suo Vice Mario Bucovaz, hanno organizzato un simpatico rendez vous  sul Solarie, luogo emblematico nella storia del Primo Conflitto Mondiale, monti pregni di sangue e di vite umane sacrificate per la “ Patria “.
La stessa Associazione oltre a essere punto di ritrovo per i finanzieri in congedo, svolge attività culturali e di Volontariato sul territorio, presente sin dal 1965.
Il Colovrat ( in sloveno Kolovrat) è una catena montuosa di circa 4 km con la sua cima più alta a 1243 m/slm  - Monte Cucco- Era e faceva parte della linea difensiva cosiddetta “ Linea d’Armata” settore Colovrat alto Judrio.Qui gli Austriaci alle 02,00 del 24 Ottobre 1917, le artiglierie della 14^ Armata Tedesca al Comando del Generale Otto Von Below dal Monte Rombon vomitarono una tempesta di fuoco sulle linee italiane di difesa avanzata e di resistenza della 2^ Armata comandata dal Ten Gen. Luigi Capello.
In questi luoghi della stessa sacralità di Redipuglia, fu scritta la storia d’Italia col sangue.
Di fronte in tutta la sua regale bellezza il “ Monte Nero “ oggi  in territorio sloveno; a guardarlo in quel silenzio interrotto dal vento mi è venuta in mente non so perché, una delle più belle canzoni popolari friulane “ Stelluttis Alpinis “ (https://www.youtube.com/watch?v=yCZSeZaGdNk) che amo e spesso fischietto mentre lavoro.
Qui vengono inoltre organizzate dal Comune di Drenchia  “ Notte in trincea “ nelle
fortificazioni del monte Kolovrat, uno degli scenari della rovinosa battaglia di Caporetto,
 l’idea della notte tra le fortificazioni  a scopo didattico prevede olrte che all’incontro con le crocerossine, che racconteranno ai giovani come si svolgeva l’assistenza sanitaria durante la Grande guerra e quale è stata l’attività della Croce rossa italiana negli eventi bellici successivi, anche recenti. Vengono date lettura degli scritti che dal fronte le crocerossine inviavano alle famiglie, testimonianza autentica, forte, delle sofferenze patite dai nostri soldati». Dalla sera al sorgere
del sole i liceali svolgeranno turni di guardia, organizzati e sorvegliati da volontari in divisa d’epoca del Reparto storico alpino Fiamme verdi dell’Ana.
Qui è eretto anche il Monumento intitolato a Riccardo Giusto, prima vittima del conflitto
Del 1915- 1918.
Agli intervenuti una volta portata a termine la passeggiata di 7 km di un sentiero storico è stata offerta una pastasciutta preparata sul posto da Marinig Marco coadiuvato da Bucovaz Mario e Sergio Fon, in una cornice di spensieratezza e negli occhi le lunghe trincee scavate nella roccia, un monito alle nuove generazioni… almeno così sarebbe dovuto essere e che a quanto pare invece soffiano ancora i venti di guerra come se l’uomo della pace non sappia cosa farsene. E allora per la nostra memoria, per la nostra salvezza, l’unica arma di difesa sarà sempre quella di tornare tra queste montagne così pregne di sangue e di dolore, di vite rubate e strappate all’esistenza.