domenica 31 marzo 2019


…. Ed è nostalgia
( da Blu Oltremare)

Di Vincenzo Calafiore
 01 Aprile 2019 Udine

“ ….. e sai che la felicità è
un mare di tante emozioni che rimangono addosso.
Ne hai sentito parlare, ne hai parlato
senza sapere cosa in realtà fosse.
Ma io la felicità so cos’è l’ho stretta tra le braccia
mi sono di lei inebriato, sfinito tra le sue rime
fino a essere io stesso parola nella parola.
A ricordarla poi è solo che nostalgia
una volta che l’hai saggiata, ti rimane dentro, addosso,
e non potrai più farne a meno.
Bisognerebbe darle un nome ……
ti chiamo:  –Felicita- “
                                              Vincenzo Calafiore

E sai che la felicità c’è, esiste, è dentro e fuori di noi, è un mare di tante emozioni che rimangono addosso per sempre, per tutta la vita: la felicità è quella strana sensazione di esistere!
Ne hai sentito parlare, ne hai parlato senza sapere cosa in realtà fosse.
Ma io la felicità so cos’è, l’ho stretta tra le mani, tra le braccia, l’ho accarezzata con la stessa identica emozione della prima volta; mi sono di lei inebriato, sfinito tra le sue rime fino a essere io stesso parola nella parola.
A ricordarla poi è solo che nostalgia, quella voglia di tornare e non andare mai più via; ma la felicità una volta che l’hai saggiata, ti rimane dentro, addosso, e non potrai mai più farne a meno come dell’aria che respiri.
Bisognerebbe darle un nome, e , ti chiamo: Felicita.
Su quella nuvola svaporata io e lei perduti in un abbraccio, abbiamo dato voce agli occhi, mentre le mani si cercavano, sulla pelle morbida e vellutata s’increspavano onde che attraversandola portavano là dove il cuore s’incanta: l’amore nell’incanto di un sì voluto e desiderato, come un inno, come un trionfo di un sentire poesia.
Felicita, su quella nuvola, c’eravamo solo noi, noi e il nostro amore con quel grande desiderio di completarci, di trovarsi l’uno negli occhi dell’altra!
Quante volte lo avrai sentito il mio ti amo e te l’ho anche detto guardandoti e specchiandomi in quegli occhi pieni di luce, così  lucenti non li hai mai avuti, e raccontano vecchie solitudini perdute nostalgie di un sì fermo ad un incrocio.         
Ti prego continua a sognare, prendi la tua vita e fanne sogno, un sogno che possa raggiungermi ovunque io sia!
Questo ti dicevano i miei occhi.
Ho capito di amarti quando ho capito che senza te non sono niente,
quando ho bisogno di sentire la tua voce.
Ho capito di amarti quando svegliandomi il primo pensiero sei tu.
Ho capito di amarti quando andando via torno a darti un bacio senza riuscire a staccarmi da te.
Quando ti stringo forte e sento il tuo cuore battere forte.
Mi piace pensare che anche tu come me pensi a quella nuvola svaporata e pensandola vedi uno spazio tutto nostro ove noi possiamo avere una vita, abbiamo una vita, il tempo di raccontarci, il tempo di un bacio come un treno a vapore su distese di viola e di lillà.
Mi piace pensare che il senso della vita con te sia la meraviglia.
La meraviglia dello svegliarsi accanto,
la meraviglia del primo bacio,
la meraviglia del primo incanto, quando guardandomi negli occhi mi dici: t’amo!
Ciao Felicita!





giovedì 21 marzo 2019


Tu, sei la mia vita!

Di Vincenzo Calafiore
20 Marzo 2019 Udine

“ …. Immagina quanto è o potrebbe
essere bello, ricevere non da una donna,
ma dalla Donna che ami: tu, sei la mia vita!
Pochissime parole di tante parole, di tante emozioni.
La leggi piano, piano, e il cuore vola,
torna la vita, torna il desiderio tralasciato,
improvvisamente tutto ha un senso, un significato
ancora più grande, di più, molto di più.
E ti viene voglia di ballare anche se non sai,
ti viene voglia di cantare anche se sei stonato!
Tu, sei la mia vita! Torna la vita. “
                                                                                                                                                                                   Vincenzo Calafiore


“ Basterebbe un solo uomo che facesse suoi  questi pensieri, questi miei scritti per dare amore alla  donna che ama, o della donna in genere. Lo so bene che questo è una mia follia, come so che comunque vada resteranno pagine scritte, lette, sommariamente, superficialmente come fosse pagina di  un racconto o giornale qualsiasi.. col risultato che poco cambierà e io resterò quel che sono forse, un solitario narratore di sogni.”

Io lo so, lo sento in me come una forza, come un uragano di appartenerti ! Non mi dispiace sai? E spero che anche Tu mi appartenga così come la riva appartiene al mare.
Lo so potremmo andare via da qualunque parte e saremo sempre in grado di ritrovarci perché siamo in realtà rimasti nell’ultimo bacio che ci siamo scambiati in cui sempre rimaniamo, ogni volta è così.
Ho provato a immaginare la mia vita lontana dalla tua e mi sono detto che sarebbe difficile la mia vita senza di te, senza la tua ilarità, il tuo sorriso, i tuoi occhi, la tua maniera di guardarmi,  il tuo profumo, le tue mani stanche. Mani, che si sfiorano appena ne hanno la possibilità, come se avessero necessità l'una dell'altra per vivere, lentamente mi sfiorano le spalle, scivolano sui fianchi mi accarezzano e sono brividi.. i nostri visi così vicini in un unico respiro, ti stringi forte a me quasi a farti male, mentre le mie labbra baciano il tuo collo di cigno fino ad incontrare le tue, persi in un gioco di baci, e ti sussurro piano “Ti amo” o quel  “… mio Dio….”  Con gli occhi chiusi mentre ti bacio cercando di rimanere ancora tra le tue braccia. Lo sai anche tu, lo stesso destino che ci vuole  lontani è lo stesso che ci unisce oltre a volere farci incontrare.
Ma io ho bisogno di te, del tuo respirare lento su di me, dei tuoi baci sulla mia pelle per placare quel pazzo desiderio di vivere e continuare a sognare, ad amare… ad amare te ogni giorno come fosse il primo giorno, di viverti così come sei.
Un ‘altra volta ancora amami.
E già so che stando così lontano è come andare via da te, dalla mia vita stessa, che ci saranno giorni che mi separeranno nuovamente; troppi caffè e sigarette nell’attesa di un sì, per poterti stringere a me, per vedere il tuo viso che tanto amo.
E’ questo – ti amo -  che cambia ogni cosa,  pure modo di vedere le cose, che fa guardare positivamente anche le cose più nere; è quel  - ti amo -  a far sì che ogni giorno sia diverso, la speranza è un sole che sorge e scalda perché comunque sai che da qualche parte c’è un pensiero da quando ti svegli  a quando ti addormenti.
E’ un pensiero dolce! Questo io lo so, e mi piacerebbe poterti nuovamente incontrare!
Lo sai ? Tu sei il mio primo pensiero, la mia prima parola, il primo nome pronunciato nelle mie albe da farsi. E’ che mi ci perdo  nei tuoi occhi, muoio nel loro colore, nella loro profondità, mi perdo in quel sorriso che è life-motiv della vita mia.


Qual’è la memoria del bene?

Di Vincenzo Calafiore
22 Marzo 2019 Udine

“ Senza memoria non può esserci futuro “

                                Vincenzo Calafiore



Era l’agosto del 1937, nacquero i gulag e la campagna di sterminio degli oppositori.
E’ uno sguardo, un pensiero, alla memoria delle vittime e nascono delle domande:
Chi sono i “ giusti “ dei Gulag, e i “giusti “ della Shoah?
Che significato hanno in questi tempi ricordare le vittime del male estremo?
Qual è il valore della memoria del bene?
Occorre focalizzare questa cifra: - 1937 – e significa che in URSS erano trascorsi vent’anni dalla “ Rivoluzione ” che poi non è servita a niente.. i contadini non avevano ricevuto la terra che era stata loro promessa, gli operai non avevano ricevuto le fabbriche e le industrie, il popolo non ha avuto né pace né tranquillità, anzi ha ritrovato il terrore di Stato, un metodo vecchio di ogni dittatura per risolvere i problemi.
Oggi crediamo di avere la – democrazia - , crediamo di vivere nella democrazia, ma di quale democrazia, questa non è la democrazia è una sottospecie semmai, ma è un altro discorso.
In quell’anno, il 1937, ed era impensabile a una qualsiasi forma di resistenza, perché gli organi di regime lavoravano per la repressione ben coordinati e i processi – sommari- o basati sul terrore era cosa normalissima.
“ Tutti “ gli oppositori che si opponevano coscientemente al regime sovietico venivano immediatamente –prelevati -!
Qualsiasi forma di manifestazione e di libertà di pensiero era considerata come una controrivoluzione o attività controrivoluzionaria è veniva perseguita penalmente.
Molti venivano arrestati e fu così che si consolidò il regime, anche con l’uso rabbioso di appelli alla lotta contro i fantomatici nemici del popolo sulle pagine dei giornali.
In luglio del 1937, non ricordo bene se nella prima decade.. il politbjuro del Comitato centrale del Partito Comunista ( Bolscevico) diede inizio a una tremenda campagna di terrore:
condannare dopo un processo sommario tutti i sovversivi, tra i quali anche coloro che stavano già scontando una condanna, con delle distinzioni e cioè, quelli di – prima categoria- intellettuali etc etc alla fucilazione e quelli di –seconda categoria- alla detenzione in lager o nelle carceri.
Il regime richiese le cifre dei sovversivi … registrati, e su questa base furono istituite le famigerate “ trojke”, che altro no erano che organi stragiudiziali addetti alla repressione degli
<< ex kulaki, degli elementi antisovietici attivi e dei criminali >> e fu anche stabilito un piano territoriale.
Contemporaneamente a ciò, si svolse anche l’operazione NKVD contro spie, sabotatori,parassiti e terroristi… i nomi raccolti venivano sottoposti all’esame delle –dvojke- organi extra-giudiziali.
Si prospettava l’eliminazione di un gran numero di persone, per questo motivo si dovette risolvere il problema di dove e come seppellirli.
Furono creati nuovi cimiteri che rispondevano a certi criteri.. dovevano essere distanti dalle città almeno oltre i venti kilometri, in località nascoste, solitamente in boschi e foreste.
Nacquero così luoghi tristemente noti o famosi come Butovo, Kommunarka, Kuropaty , Bukovnja.
In centinaia di migliaia furono fucilati e sparirono. Alle famiglie veniva comunicato solo a voce che si trovavano in campi di concentramento senza diritto di corrispondenza.
Durante la campagna del terrore del 1937-1938 a Leningrado e nella Russia NO su disposizione di Leningrado furono uccise oltre quarantamila persone, non è noto il numero esatto. Allora, in quegli anni stessi del Grande Terrore, era impossibile rendersi conto delle proporzioni reali delle stragi in corso.
Dopo Stalin la menzogna sulle fucilazioni assunse un’altra forma.
Negli anni 1955-1963 vennero compilati certificati di morte per cause inventate: ascesso al fegato, tifo addominale,setticemia, e così via, e la data della morte veniva fatta risalire agli anni 1941-1945!
Dal 1964 si cominciarono a indicare le vere date della morte.
Mezzo secolo di menzogna. I sette decenni della Grande Menzogna del Partito Comunista.
Dove sta la differenza tra un Gulag e un Campo di sterminio nazista qualunque? Questa è un’altra domanda, o è: la domanda?



domenica 17 marzo 2019


La felicità
( da Blu Oltremare )

Di Vincenzo Calafiore
18 Marzo 2019 Udine
“ … sai, la felicità?
Oh … non è l’avere chissà cosa.
La felicità  è il sapere che hai una
Donna da amare o da poter amare.
E’ il suo “ sapore” che conservi in te,
è il sorriso che ti porti addosso, ma è anche
il mare che ti travolge di bellezza e ti divide
da lei anche. La felicità è il suo nome che
pronunci, quegli occhi che come il mare
non ti stancheresti mai di guardare!
E’ questa la felicità, non è null’altra cosa….. “
                        Vincenzo Calafiore


Se tu dovessi chiedermi se sono felice, ora come ieri, ti risponderei di si, ti direi che sono felice!
Ma la felicità non è l’avere chissà cosa.
La felicità è il sapere che hai una Donna da amare o da potere amare.
E’ il suo “ sapore” che conservi in te, è il sorriso che ti porti addosso, ma è anche il mare che ti travolge di bellezza, di tenerezza ma che anche a volte ti divide da lei.
La felicità è il suo nome che pronunci piano per non farlo sentire al mondo, quel mondo che può uccidere, che può portartela via in qualsiasi momento; per questo la proteggi e la curi come la cosa più importante, la più meravigliosa.
Non la usi e la getti via, non la sporchi di cattiverie, non la sfrutti, non la fai prostituire o pregare per ottenere ciò che più le appartengono: la libertà e la dignità, l’onore.
La felicità sono quegli occhi che non ti stancheresti mai di guardare come il mare!
E’ questa la felicità, non è null’altra cosa!
A volte è così forte il desiderio di starti vicino, di sentire la tua voce, e vedere il tuo viso illuminato da un sorriso, che mi fa cadere in un vortice di pazzesca solitudine, mi strugge starti lontano come fossi ramo che guarda da un’altra parte.
L’amore che a te mi lega è indissolubile, è un legame forte così radicato in me che guai se dovesse per qualunque motivo mancarmi o venir meno.
Lo so che la vita a volte porta lontano e immancabilmente separa anche per sempre, e io non saprei neppure immaginarmela una vita così, inutile e insignificante, senza la tua presenza, senza la tua voce che è un richiamo alla felicità.
Avrei voluto tu ci fossi quando tornavo a casa a notte fonda e mi tremavano le mani dal freddo, pensavo ‘che serataccia’ poi guardavo il cielo. Avrei voluto tu ci fossi tutte le notti che mi sono alzato svegliato da un richiamo forte.  Avrei voluto tu ci fossi anche solo per girarmi e trovarti dove t'avevo lasciata ad aspettarmi, anche fosse un sogno, bello, dolcissimo. E invece ci sono state serate di tremende inquietudini e la tristezza di sentirmi solo in mezzo a un mare sconosciuto a guardare il cielo nell’attesa di vedere una stella cadente per esprimere il desiderio di farti trovare qui accanto a me, riaprendo gli occhi come una magia …  Avrei voluto tu non fossi così lontana quando il mio passato mi ha cercato e io non volevo farmi trovare, avrei voluto stringermi a te se tu ci fossi stata. Avrei voluto tu ci fossi quando combattevo contro me stesso per non cadere in un “ mi dispiace “, ma anche in quei momenti quando mi son fatto forza e coraggio, superato tutte le difficoltà a cui la vita pone pensando di trovarti alla fine della mia folle corsa, e invece mi sono ritrovato ai bordi di un infinito amore che ancora oggi riesce a commuovermi, pensa sei l’unica, l’unico mio pensiero, l’unica felicità. So  che ti amo, non so se potrò ancora amarti, non so come  io abbia resistito a quel tempo in cui non c’eri ancora e ti cercavo, non so come ce l’abbia fatta senza te. Ho sempre avuto un grandissimo desiderio di vederti restare!


venerdì 15 marzo 2019


La grande saggezza

Di Vincenzo Calafiore
16 Marzo 2019 Udine


Nel lento scorrere dei miei anni, sono nato a ridosso della storia della mia “ Italia “ nel senso, quella che si è rimboccata le maniche e ha ricostruito tutto, no certamente questa di oggi, sempre più deludente, ma per meglio farmi capire riporto il testo della bellissima canzone a lei dedicata dal nostro poeta De Gregori Francesco:
“ Viva l'Italia, l'Italia liberata,l'Italia del valzer, l'Italia del caffè. L'Italia derubata e colpita al cuore,viva l'Italia, l'Italia che non muore. Viva l'Italia, presa a tradimento,l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,viva l'Italia, l'Italia che non ha paura. Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,viva l'Italia, l'Italia tutta intera. Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora, l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna. Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre, l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste, viva l'Italia, l'Italia che resiste.”
Se dovessi affermare di essere felice a viverci, direi una grande bugia, una vera ipocrisia.
La mia Italia non è più un paese degli italiani, non lo è più neanche per gli italiani, questa è una nazione uguale a una casa di appuntamenti, ove tutti vanno e vengono dopo aver fatto acquisti, rubato e ucciso,stuprato e violentato, dove si è esagerato a considerare al primo posto “ lo straniero” e tutte le sue esigenze tralasciando l’italiano che pure ha i suoi problemi.
Si è esagerato troppo in questa direzione ed è una situazione complicemente voluta e creata dall’Europa con la complicità della politica italiana sempre inchinata a 90° !
Fosse solo questo il “ nostro “ problema!
. Il problema sta nel fatto che noi “ italiani “ non siamo mai stati capaci di ribellarci e fare la pur piccola rivoluzione, sempre pecoroni, sempre più in disparte come se gli accadimenti non ci riguardassero.
. C’è il problema della “ mano sinistra” che da più di cinquant’anni “ giudica, condanna, isola, la mano destra e non è capace di giudicare se stessa.
. C’è il problema della nostra scarsa memoria o del rifiuto del ricordare.
Questi i tre piccoli problemi; è vero e non lo si può negare che sono stati commessi dalla mano destra degli errori storici, ma è altrettanto vero che non tutto della destra è stato sbagliato e ci sono alcune cose che ancora adesso funzionano … Ma è altrettanto vero che anche la sinistra non è stata poi tanto santerellina, basti pensare ( storicamente) alla Strage di Porzus, alla storia delle foibe, la ritirata dei nostri soldati dalla Russia:

“ Per i comunisti, i sacrifici umani sono niente, rispetto all’ideologia. I morti non contano, se servono al partito.

Lettera di Togliatti a Vincenzo Bianco sui prigionieri italiani in URSS

A Togliatti servivano i morti in Russia

Scrisse: il sacrificio dei soldati dell’ ARMIR nei lager di Stalin e’ un antidoto al fascismo. Resa nota la lettera conservata negli archivi del KGB e trovata dal giornalista Francesco Bigazzi ( Panorama ) e dallo storico ex comunista Franco Andreucci. “

Forse sarebbe auspicabile che il PCI , ex di un ex, ora PD facesse una bella e sana revisione storica per pacificazione e pensare poi ai problemi che tanto affliggono la nostra ex Italia.

Ma il problema più grande di questa Italia è la mancata indipendenza economica del su SUD!

Non sapevo che il paesaggio del Sud divenne come quello del Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia. Non volevo credere che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa, perché li squagliavano nella calce), come nell’Unione Sovietica di Stalin. Ignoravo che il ministero degli Esteri dell’Italia unita cercò per anni «una landa desolata», fra Patagonia, Borneo e altri sperduti lidi, per deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti. Né sapevo che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati. E mai avrei immaginato che i Mille fossero quasi tutti avanzi di galera.”
Lo studioso ha raccolto l’esito delle sue ricerche storiche in un libro («I lager dei Savoia. Storia infame del Risorgimento nei campi di concentramento per meridionali») che è stato pubblicato dalla casa editrice napoletana Controcorrente. «Quella lettura mi ha molto colpito - dice Antonio Pagano, direttore della rivista “Due Sicilie” - così sono andato personalmente a Fenestrelle. Sono rimasto scioccato. Ci sono ancora i ceppi con le catene e quei vasconi che i
Piemontesi usavano per far sparire i cadaveri dei prigionieri. Li riempivano di calce. Che immagine terribile! A dire il vero, i documenti dello Stato Maggiore dell’Esercito non parlano né di vasconi né di calce, né di corpi disciolti. Una suggestione nera, che colpisce come un pugno e che con i debiti evidentissimi, distinguo porta a galla il ricordo di un altro posto da incubo: il campo di di sterminio di Auschwitz e quell’ “Arbeit macht frei” cioè “ Il lavoro rende liberi”, monito per l’umanità a ricordare, a non dimenticare. L’inconfutabile è che questo  «lager» di italiani meridionali è stato completamente rimosso dalla storia nazionale.
Questo è accaduto ieri e da lì veniamo, ma in tempi più recenti vogliamo ricordare il famoso “ “Quinto Centro Siderurgico “ che sarebbe dovuto sorgere in Calabria e che dopo aver sfrattato famiglie, espiantato ulivi secolari, fatto l’invaso non si è fatto più niente?
Vogliamo ricordare la deturpazione di una delle più belle coste italiane: la Costa Jonica, con l’impianto del “ Polo Chimico “ anch’esso lì a marcire e mai partito? Che dire dell’Officina Grandi Riparazioni di Saline Joniche? Il progetto dell'impianto fu concepito nell'ambito del faraonico piano di investimenti previsti per l'industrializzazione della Calabria negli anni settanta. Nel 1976 fu avviata la costruzione dell'impianto all'interno di un polo industriale che prevedeva anche un impianto petrolchimico (la Liquichimica Biosintesi) e un porto dedicato. Le officine furono inaugurate nel 1989 e vi vennero affidate le riparazioni di locomotive elettriche, nonostante la linea non risultasse allora elettrificata. Dopo 12 anni di attività l'impianto fu soppresso nel 2001[3] in conseguenza del processo di razionalizzazione degli impianti di manutenzione attuato dalle FS. L'impianto è rimasto in abbandono, usato per qualche tempo anche per accantonamento di rotabili. La maggior parte delle attrezzature e dei macchinari sono stati rimossi in seguito alla soppressione. Parte del mobilio e alcune attrezzature, assieme a svariati faldoni di documenti rimasero nell'impianto lasciato incustodito. A distanza di anni complici sia il tempo che i vandali, l'impianto versa in uno stato di degrado nonostante sia ancora strutturalmente buono.
In sintesi è tutto uno schifo! Il Sud non è mai decollato e mai decollerà, come aveva predetto un Re del Regno di Napoli che fu cacciato, via!


domenica 10 marzo 2019


Sedna


Di Vincenzo Calafiore
11 Marzo 2019 Udine

Così senza rumore, un altro giorno se n’è andato o quasi, era domenica!
Ho scrutato più volte l’orizzonte, tra una sigaretta e l’altra, forse più per non pensare a quella cosa che mi frulla in testa che per necessità.
E’ stata una domenica inutile senza idea, senza un pensiero capace di dare una svolta all’andamento lento delle ore; letti due libri  di antica filosofia, e per qualche ora sono stato nella Agorà assieme a Socrates, non eravamo in molti ad ascoltarlo, come non siamo in molti ormai a scrivere, vinti e sotterrati ormai da un surrogato letterario “ passato di cultura” confezionato più per vendere che per lasciare emozione o per non far buttare via mai il libro.
Io ho cominciato a raccontare sogni, da sognatore che sono, e l’ho fatto di notte quando il mostro là fuori respira lento e pesantemente.
In quella domenica spenta e vuota, c’era solo il farraginoso rumore dei ricordi, di quando rimanevo in un angolo dello studio a pensare a un titolo da dare al romanzo finito dopo due anni di dialogo coi personaggi, quando li stavo ad ascoltare e sentire il patos delle loro emozioni, della commozione, quando sentivo tutta la meraviglia del loro amarsi.
Non ho mai preteso che fossero delle opere letterarie, ma un buon libro da portarsi al seguito si; ho cercato però con tutte le mie forze e le mie poche capacità di far sì che piacessero anche ai bambini..
Tu ora non puoi capire, o forse puoi, come per me può essere triste non essere più in grado o capace di tentare di scrivere un’altra favola; perché devi sapere non ne sono più capace, tanto è il desiderio di passare le ore a bordo di quel salvagente che è la mia “ Pegasus” sospesa in un blu oltremare ormai lontano da qui anni luce.
Per questo mi è stato difficile sempre fare la qualsiasi presentazione dei miei scritti, avrei dovuto rompere la loro magica esistenza.
Ci sono molte forme per far si che un sognatore smetti di scrivere, certo la più tremenda è quella di costringerlo a forza a vivere una realtà orrenda; è un avanzare in un labirinto dell’orrore assoluto e provare nel suo corpo la terribile sensazione di perdere se stesso e il mondo dove lui solitamente vive.
C’è un fondo di reale esperienza, le televisioni spazzatura, la stampa bugiarda e ipocritamente asservita e senza anima, l’occhio che esplode in tante visioni contemporanee che non dicono nulla, gli sdoppiamenti, il superamento dei margini, dei confini, dei limiti.
E questa è – coazione- un’esperienza indicibile, indicibile perché non deve e non può essere detta, perché da qualche parte privati della parola e privati del corpo.
Ma tu, lo sai che non hai nemmeno il diritto di scegliere di come porre fine alla tua vita?
…. Sì la vita, quando questa diventa insostenibile e nessuno è venuto in tuo aiuto, quando ti hanno lasciato annegare nella tua stessa disperazione di non poter rivivere più un sogno, di raccontarlo, scriverlo, descriverlo il tuo sogno per guadagnare un millesimo di vita strappata all’inerzia, alla brutalità, alla volgarità, all’iniqua esistenza, alla morte certa di ogni libertà e dignità.
Capisci e devi capire che è anche da lì che si può ripartire, come nuovo percorso di trascendimento della propria condizione, per una strada che è più umana, più da sogno. Con tutto il rischio di quei labirinti, entro cui facile è perdersi e disperdersi senza alcuna possibilità di ritorno.
Per un po’ ho cercato di tenere la chiave dei sogni, entrando e uscendo dal gioco degli specchi magici di questo orrido sistema.
Ma è un gioco difficile e rischioso, come ben sanno gli sciamani che si arrampicano all’albero della vita verso il cielo, verso l’onirico o si inabissano nel profondo regno di Sedna, la donna dei sogni: la vita.
Ancor più rischioso per me che sono solo col mio regno dei sogni, e i sogni sono molti e mi altaleno dall’uno all’altro finchè la stessa realtà si confonde con essi.
Sogno può anche significare prendere la distanza da un reale vuoto, per ricordare e capire, ascoltare le voci dell’amore.
E allora il solipsismo magico, pur impastato di dolore, si trasforma in parola, comunicante attraverso il verbo: amare.
Ormai sono dietro le tue spalle, prossimo in termini calendariali ma nella realtà distante anni-luce, in quei tempi magici e infiniti ove ancora fiorisce la vita, ove è possibile ancora vivere e sognare!

venerdì 8 marzo 2019


Lettere dalla prigione

Di Vincenzo Calafiore
09 Marzo 2019 Udine

“… la prigione del tempo, le
quattro pareti sulle quali scorre
e scivola…e tu un giorno
guardandoti in un pezzo di vetro
non ti riconosci più.
Ti rendi conto di come
l’invisibile signore ti ha curvato
e piegato nella sua prigione.
 Hai presente un pezzo di legno
del mare? Lo guardi ed è tutto lì
viaggio,tempo, vita, morte..
anche lui spera d’essere ripreso
dal mare, per tornare a vivere.
Solo che noi, una volta sulla terra
non ci alzeremo più è questa la differenza! “
                                         Vincenzo Calafiore


Sai, se si potessero in qualche maniera, abbattere i muri che via via si incontrano lungo il cammino, se si potessero almeno modificare alcuni tratti del viaggio, forse certi pesi inutili che in qualche maniera sono addosso, forse avremmo potuto evitarceli e vivere in un mondo migliore, per lo meno di verso da questo: un’immane prigione fatta e concretizzata su un’illusione, è uno specchio che riluccica di luce impropria.
La prigione accogliente, con quanto di più tecnologico a disposizione, avuto per via delle gentile concessione dell’indebitamento … in mano a degli usurai legalizzati e in giacca e cravatta hanno fatto, e continuano a far si che tanti cadano in questa terribile trappola dell’indebitamento.
Ma c’è chi dice no e sono coloro che rimangono in piedi in un proscenio inchinato,
sono coloro che hanno conservato e difeso più di ogni cosa al mondo la loro dignità, il loro onore, il loro orgoglio e questi sono la “ razza dei sognatori “ che non hanno mai abbandonato o scambiato un solo loro sogno per un pugno di cose inutili, come lo può essere l’accaparramento della ricchezza, l’inseguimento del lusso sproporzionato, ma a quale prezzo?

“All’uomo irrazionale interessa solamente avere ragione.
All’uomo razionale interessa imparare”.
(Karl Popper)

Ecco, imparare!
Imparare a vivere senza paura, senza vergogna, dopo aver conosciuto la fame, la miseria, la povertà che sono: dignità!
Vedo la mia immagine riflessa allo specchio e  mi riconosco, riconosco l’uomo con la barba bianca, i capelli arruffati dal vento, la carnagione olivastra, gli occhi grandi, verdi e mobilissimi, sempre pronti a seguire le strane traiettorie disegnate in cielo dai gabbiani.
Con la sua vita che ha seguito il ritmo delle onde e l’intensità della luce del sole, piegandosi ai voleri della luna solo quand’era tempo di razziare sogni a largo di Orione.
Da qualche tempo non riesco più a scrivere racconti per un rifiuto personale degli Editori, del successo, della fama, della notorietà.
Non puoi immaginare come possa mancarmi la presenza sul tavolo, della Olivetti M80, il rapporto con i miei personaggi, la conversazione con loro, il gioco assieme a loro, qui in carcere. Il cuore si inaridisce.
Ad un certo punto mi sono mancate le parole, mi sono mancati i colori, le immagini, il canto della risacca, i giochi di luce che ingannano gli occhi, a un certo punto mi è mancato il mare.
Con il mare non puoi bleffare se lo ami, ti ama, se non lo ami e gli stai vicino ugualmente te lo fa capire senza remore, senza false ipocrisie.
A un certo punto mi sono reso conto che gli ultimi romanzi che avevo scritto li avevo scritti per i bambini e non per i grandi; allora ho smesso perché mi piace scrivere per raccontare sogni.
I grandi, a parte quelli che non riescono più a scrivere come me, non capiscono più, si sono dimenticati che ci si può innamorare, che si può diventare una stella filante e fuggire via nel cielo, raggiungendo Orione.
I grandi si sono dimenticati che il vento parla,il mare racconta, il cielo ti colora, che le pietre raccontano, scaldano, guariscono.
I grandi non riescono più nemmeno a parlare tra loro.
Io ho cominciato a sognare e ho raccontato i sogni ma solo perché ero in galera, e perché i miei compagni di cella volevano sognare… ecco tutto!














martedì 5 marzo 2019


“ Pegasus “, un viaggio fantastico


Di Vincenzo Calafiore
06 Marzo 2019 Udine

“ … sai di avere ancora un sogno da vivere
solo che non sai dove esso ora si trovi e se
questa notte sarà quella in cui verrà alla soglia
degli occhi tuoi.
Non te ne rendi conto, ma sei personaggio
della vecchia storia del nascere e del morire
e continui a inseguire un disegno e recitare nel buio
le più flessibili sfumature, disinvolte, appassionate,
maliziose, che esistono solo nella scena che il destino
ha creato per te, nello spettacolo che più lusinga:
l’essere rapito da un sogno! “
                                                 Vincenzo Calafiore



E’ un’alba dal respirare lento, quella che sta lentamente avanzando come una superstite di una catastrofe, di cui nessuno si accorge.
Il paesaggio sottostante che riprende il suo sordo battito e un sole maturo che piove sulla città come fosse una richiesta di aiuto.
Con lo stato d’animo di chi si butta stordito dietro ogni giorno come giù da una guglia alta nel cielo.
Agonizzo per una malattia sconosciuta, che non si può curare.
Hanno messo assieme i miei pezzi per farmi sopravvivere e questo mi è stato detto è una grande vera fortuna.
Ma loro, gli altri prigionieri, gli altri morti viventi? Quelli che ho intravisto, lunghe file davanti a un cancello che sperano si apri.
Quelli che protestano per ogni cosa, contro la fame e le umiliazioni e che del tutto legalmente si mettono in prigione, si torturano, si impiccano?
Quelli che spariscono per sempre?
Quelli della sperimentazione,
Quelli dei nuovi morti d’Hiv e delle Dachau in Libia, in Turchia, Mediterraneo.
E’ un’alba dal respiro piano, col moto della lentezza.
E’ coscienza senza coscienza questa che si approccia o si sta svegliando già sfinita, già vissuta.
Conosco bene la prigione e i carcerieri di questo circo amaro e festoso ove si compiono le vicende di giocolieri e di illusionisti, di nani ragionieri, che non riescono mai ad essere se stessi.
Così io sempre assediato dalla solitudine come un fantasma dietro vetri appannati, come ombra tra libri e carte da disegnare e riempire di nuove magie per quei sognatori che come sperano sempre ad ogni alba d’essere rapiti da un sogno per compiere quel viaggio verso quell’Oltre che sta dentro o sta fuori. E’ un luogo di magia, un non luogo.
E’ tempo non tempo, è sopra e sotto quel cielo che a bordo di una piccola astronave a remi, la
“ Pegasus “ provo a immaginare di trovare e fermare, almeno per un attimo, giusto il tempo di guardare negli occhi il destino.
E sono qui divorato dall’ansia celata nell’allegria, dalle chimere della perdizione per un sogno da prendere al volo e trattenerlo fino alla fine dei giorni.
Intorno il passare delle stagioni, modula un’età dal perenne variare dei colori nella vecchia storia del nascere e del morire.
Un’età dalle luccicanti insegne dei caffè dove ho scritto, dalle stordenti immagini di tramonti inghiottiti dagli occhi, dove consunte barche perdono il colore.
E si affaccia a un oblò, una Trieste languida prostituta di frontiera negli ultimi fuochi d’estate dolciastra e appiccicosa che di ogni tramonto trattiene una scheggia del suo passaggio.
E poi v’è il castello di Miramare che nelle stagioni morte è più bugiardo del solito……
Una sedia e una scrivania, illuminata da una lampada stanca delle tante battaglie notturne; la scrittura si assottiglia fino a raffigurare gli insignificanti gesti di un’esistenza placentaria, denudata di beltà, ripiegata su se stessa o attorno a una parola che non giunge, a un verbo non recitato, a un sogno mancato.
E’ la mia vita pronta a ripopolarsi di nuove storie che riempiranno registri d’esistenza, dove la mutilazione della vita non cede mai la sua euforia narcotica nel mezzo di un tremolio pieno di crepuscolo che torna a svegliarsi e sveglia le voci della sera che cercano il sogno.
La mia malattia non da tregua e mi concede poco … ho letto libri antichi che mi hanno portato lontano ed è successo che riesco a capire tutto, oltre le parole non dette, capisco gli addii sommersi, la morte che piano s’accosta passo passo con immagini grigie davanti agli occhi nitide e chiare.
L’amore è una fiaba, e io ho sempre cercato di attenermi, non posso scrivere, raccontare, inventare Amore senza la grande capacità e coraggio di amare e di dare agli altri questo amore.
Ma c’è la “ Pegasus” un viaggio fantastico oltre l’amore, oltre la vita. E vallo a spiegare agli altri che non sono uno scrittore di professione, non potrei esserlo mai libero come sono , ma la fantasia a volte non riesce a trovare una grammatica capace di spingerla ancora più in su verso gli infiniti spazi di un amore che nasce e muore come un sogno.