sabato 28 aprile 2018


Degli occhi come il mare
Di Vincenzo Calafiore
29 Aprile 2018 Trieste


… ha  degli occhi come il mare
se non li conosci ci anneghi dentro.. “

In quelle sere d’estate, quelle allungate nella notte davanti al riverbero di un fuoco, e un mare che sa parlare se lo sai ascoltare; le mani che si cercano nel buio senza ostacoli né paure, un buio d’amore e poesia, di pelle salina e labbra assetate di baci.
Con la voglia di fare l’amore chiesto dall’anima, quella voglia di appartenersi.
Fare l’amore, non il sesso!
Lo vuole il mare, lo desiderano i nostri corpi, le nostre anime che da un crepuscolare si son cercate con lo stesso pensiero: L’Amore!
Amarsi è baciare labbra assetate, stringere tra le mani il viso, guardare negli occhi dell’altro, dell’altra, il mare!
Arrotolare nelle mani i capelli e stringerli, annusare, baciare il collo, mordere le labbra, baciare il corpo.
Si! E’ accaduto nei sogni, e accaduto già e ancora adesso nel ritornare a riguardare i tuoi occhi stringendoti le mani, mentre respiriamo faticosamente in silenzio e senza parlare ci capiamo con la naturalezza dell’amore.
E poi finire uno accanto all’altra guardandosi negli occhi, pelle con pelle, mani nelle mani e rimanere lì senza vergogne, senza timori, sudati e coi piedi incrociati.
Scappano i sorrisi, ingenui e felici, come fossero nuvole… ci siamo evitati le cose banali che forse si sono dette o sono state dette nei brevi silenzi, concessi dai tanti ti amo, o vita mia, che amore sei, che poesia sei…..
E ripetersi in tutto fino alle prime luci dell’alba!
Che ci vuole ancora e si ferma a dialogare col mare affinchè scocca l’ultimo ti amo.
Amarsi è trovare il mare negli occhi dell’altra o dell’altro, e lasciarsi portare via, lasciarsi annegare.
Ho capito d’essermi innamorato di te, quando guardando il mare mi sevi venuta in mente e lo chiamai col tuo nome; ma era anche capitato di vedere nel mare i tuoi occhi, e rivederlo poi di notte nei tuoi occhi.
E’ certezza di amare quando la stringi fra le braccia e ti senti stranamente sole, quel sole al tramonto sul mare, che riversa solo che poesia e amore….  
Allora è vero: io ti amo !
Ti amo da una vita…
Vorrei averti qui adesso.
Vorrei darti un bacio sott’acqua … lenzuola di lino rosa vellutate, nel riflesso della luna che s’intrufola da persiane socchiuse.
Vorrei vederti galleggiare nei mie sogni e sorreggerti in quel riflesso di luna che ti accende gli occhi e il viso.
Vorrei il tuo sorriso, quel tuo sorridere che mi manca tanto, che scopre i tuoi denti, che brilla nei miei occhi, in quel riflesso di luna che ammanta il tuo corpo.
Mi sono innamorato di te! Ti amo.
E forse quando sarai qui nei miei sogni, nei pensieri, sotto un cielo illuminato, mi fermerò a guardarti e ti dirò che sei tu il mio cielo,la mia stella e allora, in quell’istante con gli occhi miei dentro i tuoi, in quel mare che amo stringendoti a me, forse lì nuovamente te lo dirò: ti amo!








venerdì 27 aprile 2018


Il vuoto della vita
Di Vincenzo Calafiore
28 Aprile 2018 Trieste


Il “ vuoto” della vita è una fossa di serpenti, in cui cadendoci spero di salvarmi.
E’ una condizione strana, stesa come un velo che avvolgendomi mi estranea dal resto della vita; non lo capisco e neanche mi viene voglia di esplorarlo,sicuro di non venirne a capo di nulla.
E’ il luogo dove io non sono né rappresentato né residente, vivo da invisibile e lì, proprio lì incontrare gli errori o gli abbandoni o la strana sensazione d’essere solo.
Non ci sono in quella stanza o fossa, pareti che possano reggere il “ peso “ delle immagini più care racchiuse in forme ovali o circolari; come fossero pezzi di vita di altre vite appartenute e perdute o ancora in forma di appartenenza e so che ciò è solo una giustificazione buona a reggere il peso di questa informe solitudine.
Ed è lì che s’incontrano preghiere e imprecazioni, felicità e dannazione, disperazione e saggezza, sogno e realtà! Uno strano miscuglio o semplice mescolanza a duplice circostanza.
Che mi fanno essere “ scimmia” o umanoide appeso a un ramo sottile : Il filo tra me e la vita!
Almeno ci fosse lei in questa mia sbornia, in questo mio malessere velenoso che semina soli che solitudini e tristezze; a porgermi una mano per risalire il fosso, e invece usare le unghie conficcate nella terra e palmo dopo palmo tornare in superficie.
A volte non mi riconosco neppure io stesso che tutte le mattine al mio riflesso gli sussurro
“ ben trovato “ perché io non sono più io ma un altro al posto mio, in vece mia a rappresentarmi in questa compagnia di artisti di strada, pezzenti e mendicanti per sopravvivenza stessa.
Mi addormento sicuro di ritrovarmi e accade il miracolo al mio risveglio non sono io ma un altro che ha preso il posto di quello che ero, o dell’ultimo che ero.
E Tu, quale ami o hai amato?
Sono gli occhi e il cuore i fautori dell’inganno che soggiogano e a volte umiliano, offendono il senso del vivere, dell’amore alla vita.
Sono stanco.
Stanco di inventarmi ogni giorno con parole nuove  per rimanere,
di camminare su strade che non conosco con la strana sensazione addosso di non poter ritornare.
Sono io che mescolando le carte malamente faccio uscire per prima le più belle e importanti e trattenere le più insignificanti; e allora dov’è il senso di questa partita se a vincere è comunque lui il “ vuoto” ?
Un coltello, una tenaglia… uno taglia e l’altra estrae… un po’ come il mare che si emoziona se solo appena lo guardo e mi regala ciò che non ho! Ma alla stessa maniera mi porta via in altri vuoti se solo non lo penso… e quanto rassomiglia alla vita!
E come mai non ho paura del mare e della vita si?
Cos’è che mi allontana da essa?
Cosa mi costringe di notte a vagare nei vicoli bui delle sue città sconosciute?
Ma, lei dorme serena… nella sua serenità chissà se ci sono io! Una domanda che non ha risposta, ma quel che è certo è che io ancora in mezzo al mare annaspo per trovare un appiglio, o una mano che mi sollevi dalle spire di una sensazione traguardata nei confini dell’esistenza.
Forse sarà amore, amore per la vita…. e tu là in quella lontananza dalla quale non mi giungono nemmeno gli echi né le possibilità di sfiorarti, avvicinarmi a te !
Che comunque in me sei luce e lontananza, distanza e imprecazione, malessere e dolore! Tutto in un insieme diverso di diverse entità, diverse emozioni.

giovedì 26 aprile 2018


Noi, italiani, divisi su tutto

Di Vincenzo Calafiore
26 Aprile 2018 Udine

A quanto pare “noi italiani” siamo e saremo destinati a rimanere divisi per sempre su ogni cosa, anche la più semplice; per non parlare poi in campo politico, ideologico …
Ma è poi così difficile andare d’accordo?
E’ poi così difficile rimanere uniti o per lo meno avere una minima parvenza di Unità Nazionale?
A quanto pare sì! Noi per principio dobbiamo contestare tutto e ogni cosa.
Ieri 25 Aprile sarebbe dovuta essere in realtà “ la giornata della pace “ e invece da Trieste, più precisamente dalla “ Risiera di San Sabba” UNICO LAGER NAZIASTA in Italia, eretto al suo tempo come ponte di pace tra i popoli, o come a ricordare a noi oggi e ieri e alle future generazioni che “ Non dovranno mai più ripetersi…” Ieri, il Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, e il rabbino della città di Trieste, Alexander Meloni, sono stati contestati appena preso la parola con fischi e urla “ Vergogna” ! Quando poi sono apparse le bandiere palestinesi, la Comunità ebraica ha abbandonato la cerimonia.
Analoga situazione a Roma.
La Signora Virginia Raggi, a Porta San Paolo è stata subissata di fischi dai romani che le hanno
Urlato: “ tappa le buche”  - “ basta buche e immondizie per Roma “ ! Lei dopo commentando le contestazioni risponde: “ I fischi non riscriveranno la storia, abbiamo tutti perso un’occasione “.
Forse l’inghippo italiano sta tutto qui: bisogna riscrivere la storia! Spiegare con tutta la verità la storia degli  “ infoibati “.
Faccia una revisione storica anche il PD o PC come si preferisce, dato che da venti anni e passa non si sente altro che dire “ antifascismo” “ legge razziale” etc etc ; come se loro fossero stati tutti santi, e che non si siano mai macchiati di alcuna colpa o crimine di guerra e in questo caso guardare con più attenzione i fatti di Trieste e non solo.
Ma sarebbe auspicabile che la si finisse con queste storie che non servono più a nulla, sarebbe il caso che la si smetta di indicare sempre un colpevole e un santo; la storia, quella vera la dovrebbero scrivere le trincee, o le foibe, o la Risiera, le sofferenze e i lutti del popolo!, e non dagli storici.
E allora forse ci renderemmo conto di quanti stupidi siamo noi italiani a dividerci su queste cose come pure nella politica, senza renderci conto che altro non facciamo che male a noi stessi, allo stare assieme e uniti sotto la stessa bandiera, lo stesso nome: Popolo Italiano.
Ma se queste cose ancora accadono, se ci sono i neri e i bianchi, i rossi e i celestini, beh… vuol dire che non abbiamo capito nulla e che la storia così scritta non ci ha insegnato nulla, proprio nulla; ma più di tutto che tutti, tutta l’umanità è sospesa in un universo più grande, più immenso dentro una palla di terra sospesa nel blu.
Che a nulla sono serviti e serviranno i conflitti, le morti, le distruzioni.
Che la terra come i mari, appartengono a tutta l’umanità e non ai singoli stati o nazioni.
Che potrebbe tutto finire di esistere se due cominciassero a sfidarsi a chi ha il bottone più grosso.
Che tutto potrebbe saltare per aria e tornare a vivere su un pianeta di scimmie!









L’amore è mancarsi sempre

Di Vincenzo Calafiore
19 Aprile 2018 Udine
Simposio  
di Platone (IV sec. a.C.)  
Discorso di Socrate 

In quel tramonto erano rimasti nell’aria, il suo sorriso e le parole, imbrigliati nelle spire della risacca; nel suo lento andare e venire non c’erano pensieri né desiderio se non quello di trovare al più presto un riparo e sfuggire così alla notte incombente con tutte le sue ombre che silenziose scivolano via come barche in mezzo a un mare.
Io lo sapevo che più l’amavo e più l’avrei persa.
L’amore non si lascia imprigionare dalle parole … il linguaggio è degli umani come l’imbracatura di un concetto … ma l’Amore no! L’Amore non si lascia chiudere in un recinto è un qualcosa che va oltre i sensi, sottraendosi così a ogni possibile umana definizione.
Ed io l’amai così senza recinzioni, senza limiti.
E’ dunque con il fiato in gola che ci accingiamo a seguire il tentativo più straordinario mai compiuto dall’uomo per dare compiutezza a qualcosa di inesprimibile qual è l’Amore. Da sempre in tutte le maniere abbiamo esplorato il Simposio platonico - il discorso di Socrate - prestando attenzione al suo ragionamento sull’Amore, che poi è un sentire: “ sgorga dalla testa ma risuona nel profondo, là dove i pensieri non possono arrivare e regna incontrastata l’intuizione.
Come tutti i grandi filosofi, Socrate è lento nei suoi ragionamentei. Parte flemmatico, quasi neghittoso, e un passo dopo l’altro porta a scalare le montagne. Comincia con l’elogiare i discorsi degli altri commensali e intanto arrota i coltelli dialettici con cui li affetterà. Chi è Eros?, si domanda.
E’ amore di qualcosa?
Desiderio di qualcosa?
Ma se lo si desidera, significa che non lo si possiede?
Ne consegue che noi amiamo soltanto ciò che non abbiamo!
Questa è la verità. 
In effetti è proprio questo l’interrogativo che da sempre domina le notti e i momenti di riflessione.
Ma l’Amore i tanti cuori abbandonati o traditi, si chiedono - si esaurisce con la conquista oppure esiste un modo per trattenerla anche in seguito?
Ma anche dovrebbero chiedersi cosa non hanno fatto, e cosa non hanno espresso alla Donna amata; ammettere la propria pochezza o iniquità ( vale per entrambi i sessi). Chiedersi se l’hanno difeso questo Amore, se l’hanno umiliato o offeso con i comportamenti egoistici, col menefreghismo, con la propria miseria umana, con l’essere arrogante, ignorante, cieco. 
Socrate sembra indicare una via d’uscita. Certo, un povero ama la ricchezza perché non la possiede. Però anche un ricco può amare la ricchezza. Nel senso che amano poterle avere anche in futuro: in una dimensione temporale, cioè, in cui non le possiedono ancora. Perciò è possibile continuare ad amare una persona anche dopo averla conquistata. Succede quando desideri conquistarla anche in futuro. E’ la tensione verso un obiettivo non ancora raggiunto che tiene in vita Eros. 
Bisogna sempre essere affamati, direbbe Steve Jobs. L’amore vive finché si fanno progetti e sogni in suo nome. Finché si coniugano i verbi al futuro. Finché coloro che si amano non smettono mai, almeno un po’, di mancarsi. 

Le storie d’amore possono finire in qualsiasi momento e per la qualsiasi causa. Poco male quando la cosa succede da entrambe le parti e ci si lascia di comune accordo. Quando invece si è lasciati, allora non è più un semplice dolore: l’angoscia di essere abbandonati può divenire una vera malattia, una frattura che spezza la vita in due (prima e dopo l’abbandono), lasciando svuotati e confusi. Occorrerà farsene una ragione trovare una spiegazione, capire, e apprendere dall’esperienza della perdita, ma ormai sarà troppo tardi e rimane solamente l’aspro sapore della sconfitta, della perdita. Una delle cause più frequenti ( errore commesso dagli imbecilli) è quel tipo di relazione cosiddetta: "collusione narcisistica ". In questo rapporto l’amore è inteso prevalentemente in funzione simbiotica, "amore come essere uno ", e comporta abitualmente un partner schizoide. L’unione simbiotica è un rapporto sado-masochista (dove il più forte fagocita il più debole) e in cui va perduta l’identità e la "noità" della coppia (l’essere noi). La relazione matura comporta invece una unione nella distinzione, il rispetto dell’altro come distinto, l’accettazione della diversità.
L’amore maturo è caratterizzato invece da solidarietà, compartecipazione, parità di possibilità di autorealizzazione al cento per cento. Senza eccessiva competitività. La mancata evoluzione verso un rapporto d’amore più maturo può condurre alla crisi di coppia!






L’amore appresso appresso

Di Vincenzo Calafiore
23 Aprile 2018 Udine



La vita non la si può sciupare così, perdendo ogni giorno qualcosa di lei, di suo, qualcosa che le appartiene e ci appartiene è tempo!
Tempo che và via piano silenzioso negli attimi, dei lunghi giorni nelle bettole e prigioni dorate, topaie, nelle miserie umane, nelle guerre, nell’odio.
Rimane nelle spirali dell’amore, nei suoi coriandoli, negli arcobaleni che da un cuore raggiungono un altro cuore distante, solo, nella solitudine, in attesa in qualche stazione o aeroporto. Ponti colorati che uniscono, e hanno in se parole dolci d’amore, di affettuosità sincera e di desideri ancora da vivere.
Due cuori uniti dallo stesso linguaggio, dalla stessa voglia di vivere andando oltre, un “ oltre “ possibile d’incanto o di meraviglia.
Si, la vita non la si può sciupare nelle brevità! , ma neanche abbandonarla su qualche spiaggia desolata o nei deserti che potrebbero nascere e farsi, che invadono e distruggono i territori sconfinati dell’anima.
L’ Amore che s’appresta all’opra al mattino,
l’amore che orla e ricama di luce le nostre strade,
l’amore che è vita nella vita, è celestiale passo nell’anima, guarisce dagli affanni, ci solleva dal fango della solitudine, come vento che gonfia le vele… si solleva la chiglia e si vola a filo d’acqua, si raggiunge l’ultimo sogno, si raggiunge la vita.
E ci sei Tu!
Tu che dici di amarmi!
Tu padrona dei miei sogni,
Tu che mi vesti di malinconia o di tristezza se appena ti allontani.
Tu!
Ci sei ed è amore, è vita.
E ora che sei qui tutto è cambiato, è come da un sogno passare a un altro più bello.
E’ vita che si colora di rosa sin dal mattino, è musica è colore, è calore, è il “ pensiero” che va e torna sempre più forte, sempre più vivo; lontano dagli idiotismi, dalle pochezze, dalla miseria dello giacere in un limbo.
Tu non mi fai soffrire mai, ma se ti dovessi stancare di me, non gettarmi via, semmai lasciami in un sogno che in qualche modo a te nel buio possa ricondurmi come luce nella notte, al sicuro come in un porto.
Ancora con il tuo ultimo abbraccio inciso sulla pelle, con quegli occhi che mi sanno guardare nei lunghissimi giorni d’attesa, dell’ultimo ciao. Saranno pochi o tanti non lo saprò mai eppure mi sembra già ieri quando ti stringevo tra le braccia, quando eravamo ancora noi. Sono cambiate così tante cose, come pure la mia vita in così poco tempo.
Tempo che mi è servito per compiere lunghi viaggi in te, per trovare significato, per trovare amore!
Sai talvolta non c’era necessità di volare perché già eravamo nell’aria, di tanto in tanto cade sottile fuliggine, polvere bianca di nuvola rarefatta che imbianca i miei capelli è il ricordo di te di come piano ti svestivi e ti stringevi a me come un pensiero, come un ti amo.
Tu sei essenza dell’amore, quell’essenza che trasmette felicità tanta da farmi sentire unico al mondo, tutto questo e molto altro io l’ho in me… per un sogno che continua ad esserci, per una vita tenuta all’ancora in un porto sicuro: tra le tue braccia!







martedì 17 aprile 2018


Il mondo alla fine

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Di Vincenzo Calafiore
18 aprile 2018 Udine

( l’immagine basterebbe da sola invece di tante inutili parole. Ringrazio chi ha fatto lo scatto che racconta meglio di me la situazione in Siria)

Quello che più mi preoccupa ( penso che sia un sentire comune di tutta la gente del mondo) è quello di avere la mia vita no nelle mie mani, ma in altre.
Ora ci sono tre imbecilli che si sono messi in testa di fare gli sceriffi del mondo ( USA-GB-F ) senza rendersi conto che stanno giocando con un giocattolo molto pericoloso che potrebbe finire per esplodere nelle loro stesse mani e fino a ieri l’uno diceva all’altro che ce l’ha più grosso il pulsante, o che detiene missili belli e intelligenti!
In questa frase sta tutta la stupidità dell’umano.
Non dico che bisognerebbe far finta di niente perché non si può rimanere indifferenti dinanzi al dolore e alla morte, alle distruzioni, ma dico che comunque le uniche armi da adoperare siano sempre quelle delle diplomazie.
In sette anni di guerra civile in Siria, credevamo di averle già viste tutte e speravamo di avere già visto il peggio. Ed invece no: messo in rotta il sedicente Stato islamico, l’Isis, il conflitto s’è tragicamente riacceso. I fragili accordi negoziali non reggono più e le promesse fatte ai curdi, protagonisti della presa di Raqqa, la capitale dell’autoproclamato Califfo, si rivelano delle grosse bugie e tradimenti. Si torna a morire, a centinaia, a migliaia, combattenti e civili, bambini, donne, uomini. I miliziani jihadisti erano il nemico comune, l’intreccio di tutte le presenze militari sul territorio siriano; la coalizione attuata da: Stati Uniti, Russia, Iran e Turchia è  fallita. Ora, ognuno combatte per i propri interessi. E l’Occidente che fa?  Si lava le mani dei curdi, lasciandoli alla mercé dei turchi. Ad AstanaMosca, Ankara e Teheran si sono in qualche misura “spartiti” la Siria in aree d’influenza, con l’assenso di Damasco: ad Assad, bastava la garanzia di conservare il potere. L’America di Trump aveva “abdicato” a una presenza diplomatica, limitandosi a battere sporadicamente il pugno sul tavolo con un po’ di missili o un po’ di bombe sui “lealisti”, oltre a fornire gran parte del supporto aereo contro l’Isis. Ma di che ci stupiamo?, se adesso i turchi attaccano i curdi, i “lealisti” attaccano quel che resta dell’opposizione – e a Nord cercano di cacciare i turchi dal loro territorio – gli americani tengono sotto tiro i “lealisti” più per difendere interessi petroliferi che l’opposizione velleitaria e pure tardivamente, limitare l’influenza russa. Mosca, che ha riportato a casa il grosso dei suoi “ragazzi”, dà sempre sostegno ad Assad accusa nel frattempo Washington di volere costituire un altro Stato a Est dell’Eufrate. E Israele poteva stare fermo ? Ma no, si è messa di mezzo a complicare i giochi, in funzione anti-Iran e anti-Hezbollah. Gli Stati Uniti d’America forse dovrebbero smetterla di ficcare il naso dappertutto, dovrebbero smetterla di andare là dove c’è solo l’interesse che pensino invece alla violenza di casa, ai morti ammazzati per un uso e possesso sfrenato di armi ( come se fossero giocattolini), di attaccare e invadere un altro Stato con delle grosse bugie precostruite come hanno fatto con Saddam Hussein e poi cosa si sono lasciati dietro? La Gran Bretagna pensasse più ai fatti propri e perdesse il vizietto di intervenire in faccende che non la riguardano. E la Francia? Ah la “ grandeur francese “   Il proverbiale "orgoglio" francese, aspirare alla grandezza (grandeur appunto) nel senso lato del termine. Ma che c’entra la Francia in questa storia? L’America è lontana…. Ma Inghilterra e Francia sono a un tiro di schioppo per chi un domani vorrà ricordare loro l’odierno intervento e poi dipingiamoci come coglioni la faccia dei colori francesi e inglesi o scrivere anch’io sono francese o inglese… Questo per dire che la violenza chiama violenza. Staremo a vedere! Mentre noi stiamo nelle nostre comode case, ascoltiamo la musica, vediamo la tv, andiamo al cinema, a mangiare una pizza, o facciamo una gita fuori porta, andiamo allo stadio a vedere la partita, lì in Siria si continua a morire, maggiormente bambini. E non ci sono né interessi né giustificazioni a questo massacro che non avrà mai fine, almeno fino a quando parleranno le armi. Se pur coinvolto almeno Putin è rimasto fermo e facendolo ha dimostrato un grande senso di responsabilità verso il mondo; ma potrebbe ulteriormente dimostrarlo  “sganciandosi “ dal peso di sostenere un Dittatore che nonostante abbia distrutto quello che un tempo era il suo paese è ancora là immobile! Nessuno si è reso ancora conto che la terra e il mare appartiene alla razza umana e non a uno stato, a una nazione; non ci siamo ancora resi conto di sedere su una montagna di ordigni nucleari che potrebbero farci saltare per aria in qualsiasi momento.  Ma la cosa tragica è che poi, dopo i mi sfatti, dopo ogni misfatto si parla di “ Pace “ una bella presa per i fondelli.






venerdì 13 aprile 2018


Ti amo e non sai quanto
Di Vincenzo Calafiore
13 Aprile 2018 Udine


Sai, da queste è difficile immaginare che oltre i muri da qualche parte ci sia Tu, quella che un giorno d’aprile mi venne in contro con quel sorriso che ancora ho in testa.
Adesso non ricordo più quegli occhi lucenti, non ricordo quei capelli biondi come spighe di grano mature … un tempo vi infilavo la mano tra i tuoi capelli e mi piaceva sentirli li stringevo e annusavo, lo facevo, lo feci per ricordarti… ma ora?
Ora tutto è scivolato via, piano piano senza che noi ce ne accorgessimo.
Siamo stati nuvole isolate in un tramonto, separate da tutto nel cielo, in quello spazio  di riflessi di ogni colore, riflessi tranquilli che hanno riempito più in su il cielo.
I miei anni assenti nelle grandi pene delle tristezze tutti negli occhi metà colore, metà ombre, chiusi agli ultimi lenti raggi di un sole ( L’amore) che scompare assumendo forme di colore che non sono né di esse né delle cose su cui si posano, come parole non ascoltate, come sogni rifiutati. In quella grande pace al di sopra delle ciglia tue, tutto respira e prende vita su due strisce di labbra in un sospiro profondo, muto.
Dei fili argentei, come fossero raggi di sole tra i capelli disegnati sui muri, oltre le pareti, oltre le tempie in cui si son raggrumati quei sogni che assieme una sera cercammo tra i granelli di sabbia ancora calda, che me ne faccio, se dopo attorno a me non c’è nessuno ch’io voglia amare?
Come ultima notte della mia vita, vorrei contemplare la tua fotografia trasparente seduto qui, sul bordo di questo tramonto inaspettato, improvviso.
Come dimenticare la gioia di stringerti a me… e se la gioia lasciasse cicatrici? Ebbene ognuna di esse la ricorderei, la ricorderei anche tra trent’anni perché me la sono fatta io accarezzando un’idea per poi lasciarla andare via e piangere dopo di quanto sono stato stupido.
Forse la differenza tra me e te è che ho sempre chiesto poco. Io e te i più spettacolari colori di un amore al tramonto come quando il sole incontra un orizzonte, forse questo è il mio grande unico peccato.
Sai, quando si è tristi non si ha voglia di vivere, si amano solo i tramonti….
Se io potessi tornare indietro tornerei ad innamorarmi di te, rifarei gli stessi errori, gli stessi sogni che a me ti videro felice e serena; negherei davanti al cielo di amarti, correrei lungo i tuoi fianchi  di pan di zucchero, rifarei gli stessi viaggi nell’anima, tornerei a rubarti l’anima.
Ti bacerei nuovamente come l’ultima volta davanti a una finestra, mentre pensavi di lasciarmi andare e a quella poesia guardata da sola andata sprecata.
Ti chiederei di tenermi per mano al tramonto, quando l’amore si spense e l’oscurità fece scivolare i suoi pesanti drappi. Tienimi stretto a te, tienimi per mano, portami là dove il tempo non esiste: non saprai mai quanto io ti abbia amata!




mercoledì 11 aprile 2018


Per vivere
Di Vincenzo Calafiore
12 Aprile 2018 Udine


…. Anche “ lì dove gli angeli non osano mettere piede “…

Continuazione.

Ma la città invisibile non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli angoli delle labbra, degli occhi; scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimano delle scale …  in un ovunque sacro o sacrale.
L’Amore con le sue molte facce, l’amore che può andar via, ma tutte corrispondenti ad una diversa anima per sognare, appagare, desiderare le passioni fa anche paura, perché a volte implica la resa incondizionata.
Ma questo Amore, questo amore così dolce e scanzonato, regala sempre emozioni è per gli audaci i temerari non per gli ingenui che credono che si possa amare “ semplicemente”. Il sentimento dell’amore è dei coraggiosi, disposti ad affrontarne le sofferenze, pur di assaporarne i momenti esaltanti della intimi felicità.
Tuttavia la “ pulsione” affettiva, naturalmente determinata, dovrebbe già contenere in sé la forza necessaria a superare la paura.
L’istinto privo del coraggio necessario a vincerla lascia l’amore sospeso in limbo, in uno spazio in cui mancano definizioni precise e sincere, ne decreta la fine.
Ma la verità, l’unica verità è che questa paura di amare una donna liberamente e con sentimenti e coscienza è tipica di questi anni  di confusione e insicurezza ( o forse anche da sempre chissà,),  in cui si fa fatica a distinguere e riconoscere ciò che è autentico o importante, da ciò che rappresenta una “ maschera “, un’illusione.
Così le esperienze scivolano via, spinte dalla fretta, dalla tendenza al consumo o al cambiamento.
E’ una corsa terribile quella di stare al passo con tutto, e si finisce per non sapere bene cosa si stia vivendo davvero.
L’amore in questa confusione viene desiderato quando non c’è, rinnegato quando c’è, tenuto sottocontrollo il più delle volte, per paura di rischiare.
E’ l’istinto naturale dell’uomo, ammantato o rimosso, finisce per produrre delle precise ripercussioni.
La prima riguarda “ l’identità personale “, che finisce per essere determinata dall’esterno. In tempi in cui si è considerati più per quel che sembra, non per quel che è… sfumano i contorni dell’Io e la personalità perde consistenza e sicurezza.
Tale diffuso indebolimento della personalità si ripercuote sulla “ coppia “!
Per amare fino in fondo è necessario essere se stessi, senza maschere, e mostrarsi all’altro in tutte le nudità.
Da qui nasce la libertà d’essere fedeli a sé e godere contemporaneamente della stima del patner è la più soddisfacente realizzazione affettiva che l’individuo possa realizzare.
“ Uomini e donne nei nostri tempi liberi e tolleranti sono tuttavia accomunati dagli stessi problemi a vivere con gioia e serenità, pienezza e sincerità l’attaccamento reciproco… solo così potrà essere Amore. “ !


martedì 10 aprile 2018


Tutto Attorno
Di Vincenzo Calafiore
11 Aprile 2018 Udine


Scende lesta la pioggerellina d’aprile, ancora di persiane socchiuse e profumi vaghi nell’aria mattutina.
La notte accartocciatesi su se stessa in un angolo lascia uno spiraglio di ammirare l’ultima immagine rimasta sospesa in vaga visibilità, ma attorno a questa sono nate delle altre ancora più belle ed è come se si fosse formato un campo di analogie, di simmetrie, di contrapposizioni.
C’è la scrittura, e il profumo che rilascia l’inchiostro mentre il pennino struscia piano la pagina bianca è come una mano che scivola leggera sul corpo di una donna!
E’ l’equivalente dell’immagine visiva, tra sensazione e pensiero….
C’è lei attorno e dentro quell’immagine!
Lei nel paesaggio della memoria finisce lei con l’apparire vicino, alternativa alle visioni e alle sensazioni del presente; ed è nell’abitare questa distanza che sta tutto il significato di quel ti amo così volgarmente e malamente interpretato, poco sentito, poco intimo, poco vero.
Ed è lì che forse sarà possibile cogliere lo spessore della mobilità delle forme che si accompagnano al diverso percorso dell’amare.
L’amore che si è perso, la vita che non si è potuto vivere…
In un paesaggio-memoria che scandisce l’esistenza con tutta l’irrevocabilità del giudizio e che fissa inesorabilmente ciascuno alla sua storia. Un paesaggio che non è così semplicemente, come appare ad un primo sguardo: l’amore è qualcosa di diverso, l’amare è qualcosa di straordinario e accade solamente una volta.
L’amare, questa forza estranea e indistinta, seduta da qualche parte, provvede a riordinare i ricordi, dando significato e freschezza alla vita dei due che si amano.
Per amare, e se si ama veramente, bisogna rassegnarsi a salire strade impervie…. Gli arabi chiamano “ pianura proibita “ quei territori dell’amore o della scrittura dell’amare dove lo stile.. nasce dopo un lungo percorso e testimonia di laboriose difficili prove.
Non è cosa facile amare una donna come ci vuole tanto, ma tanto coraggio nel pronunciarle piano quel “ ti amo” che è poi promessa, sa di eternità anche oggi, adesso che di eterno non c’è più nulla, semmai tanto di provvisorietà.
Ma è anche a volte pronunciato a una platea vuota, donne a cui “ quel ti amo “ non significa propria nulla, loro interessa altro, dal sesso al denaro, la forma di una vita non vita, di una forma non forma.
E allora, la felicità cos’è in realtà? Se  ( l’amore) è come uno specchio portato lungo una strada – la strada come metafora della vita. Lo specchio, iconostasi tra soggetto ed oggetto, tra segno e significato, come metafora dell’amore. L’amore che non c’è.
E allora, amare o poter amare una donna è cambiare il volto della propria vita, la facciata degli occhi, significa cambiare il modo di vivere, diventa tutto condivisione, spasmo, ansia, verità, è un nuovo stile architettonico dell’anima!
Amare una donna è come vivere in una città invisibile…. Proprio perché la “ città” s’imbeve di ricordi, di sguardi, di pensieri, del respiro degli uomini e delle donne, anche lì dove gli angeli non osano mettere piede.
E’ questo l’amare una donna.




lunedì 2 aprile 2018


La generosità
Di Vincenzo Calafiore
03 Aprile 2018 Udine

“ Sebastiano! Dirti grazie è poco; ma desidero anche affermare l’orgoglio e l’onore d’essere nella cerchia dei tuoi amici!, grazie.”

I  popoli che abitano il Meridione di questa “ Italia “ riunita a cartoccio sono di per se ospitali, a volte tanto.
Ma c’è un popolo fra questi o meglio la grande Nazione “Calabria” che a questo grande senso dell’ospitalità è il suo accento.
Chissà quanti calabresi hanno ospitato amici, o tali ritenuti, in casa loro, non facendo mancare nulla, ma proprio nulla!
E essere ripagati poi a fine vacanza da questi quando hanno raccontato della loro vacanza ai loro amici con “ ….. tutto bello… ma quelli erano e sono stati asfissianti e poi sempre coi loro lunghi pasti…. Non ne potevamo più! “
Questo è stato detto ( è accaduto anche a me) e sarà sempre detto, per il semplice motivo che è diverso l’interpretazione della –ospitalità- !
Noi calabresi all’ospite diamo la nostra anima e facciamo di tutto per far fare a questo o questi una bellissima e indimenticabile vacanza, forse anche per scrollarci di dosso quel fastidioso e antipatico “ terun “ come per dire guarda che noi siamo questi e non quello che ti è stato fatto vedere.
Ma siamo anche molto, ma molto, di più molto di più “ generosi “!
E questa innata nostra generosità l’ha ben dimostrata un ragazzo “ reggino “ che qui in Udine si è stabilito, integrato e ha la sua bellissima famiglia.
E’ il mio amico Sebastiano Nicolò titolare della sua impresa “ Klimasystem  con sede a Udine.
Lui la Santa Pasqua l’ha voluta trascorrere assieme alla madre Caterina e alla sua sposa, con gli amici più stretti oltre che ai suoi collaboratori.
Offrendo per l’occasione la tipica “ grigliata di carne “ com’è d’uso da noi in terra nostra, e non solo, ma anche il Kebab, gli arrosticini e quant’altro, tutto a disposizione degli amici e ospiti.
Dunque anche qui in terra friulana in questa occasione la “ generosità “ è venuta manifestata non per il mero interesse dello scambio o del ritorno utile, ma solamente perché dettata dal cuore e da quell’innato senso della generosa ospitalità che in noi “ calabresi “ è molto sentita.
Si era lì un miscuglio eterogeneo, friulani e calabresi, albanesi, senza alcun pregiudizio, senza alcuna distinzione di colore della pelle, tutti in una serena armonia di pace e fratellanza.
Ma la cosa che colpisce o che da sola si evidenzia e che Sebastiano mette tutto a disposizione e lo fa per il piacere dello stare assieme che è “ comunanza” è stata bella quella tavolata lunga davanti agli scaffali dei materiali, ma più di tutto l’aria che si respirava che era quella della festa e sentire parlare in reggino o udinese, albanese!
La colonna sonora è stata sempre la cosiddetta allegria, in questo caso pura e semplice allegria che ha fatto dimenticare a tutti indistintamente gli affanni del quotidiano, l’assillo giornaliero degli impegni di lavoro, dei mancati pagamenti, degli assegni a vuoto, la ricerca del lavoro e nonostante ciò Sebastiano salutando ha offerto una busta contenente due colombe pasquali della  “ ADMO”  a cui è iscritto e sostiene.
Forse tutto questo non avrebbe avuto senso senza quella fratellanza, forse la maniera giusta di dire grazie a questo ragazzo così generoso è dire in grecanico Kalos,Kalos !
Grazie Sebastiano!