martedì 18 novembre 2014


Punto de no retorno

Por Vincenzo Calafiore

 

Hubo la necesidad y el deseo de ir más allá, porque en mi Yo entiendo que misterioso atractivo de ver el mar, para que habiten o para enrollar sus pantalones hasta las rodillas y zapatos alrededor de su cuello, caminando en la orilla siempre con un ojo a esta inmensa siempre en movimiento, siempre cambiante.

Tuvimos una noche y me Don Nicola, un sacerdote ya muy avanzado en años, este mar, tan misteriosamente atractivo y fascinante; Yo tal vez estaba equivocado he definido arbitrariamente: el Alma de Dios.

Ahora, en esta nueva era, sobrio y feliz, ahora consciente de que ya ha pasado mucho tiempo el "punto de no retorno" Tengo mi tiempo con el movimiento de la lenta respirar capaz de hacer que me vuelvo loco como la pelota en todas las direcciones, pero que llevan de nuevo a la gran anciano: el mar!

Siéntese frente al mar y se encuentra encantar es a los ojos de Dios.
El amor es, o debería ser el movimiento perpetuo de este inmenso y en su lugar no es como es como si todo debe necesariamente caer en la amargura y el odio, que en nuestra vida cotidiana miserables nos vemos obligados a presenciar tal vez a pesar de nuestro desacuerdo . Es ahora el momento de enfrentar el dolor de esas muertes se pegan en el nombre de algo que se asemeja mucho al satanismo.

Mientras la luz por encima del horizonte se abre un cielo indefinido, en busca de mi alma esos sentimientos que residen que me han traído este momento, es la sabiduría y el conocimiento del amor de todo lo que se mueve y respira, es el hombre que nunca deja de sorprender con sus inmensas capacidades espirituales y animales también. Los hombres con sangre en las manos de otros hombres y mujeres en y están diseñados como si fueran animales, tan bueno para ser violadas o peor aún utilizado como moneda de cambio o medio de ganancia ... estas son las cosas que me pregunto acerca de lo que no ver 'se contesta. Si yo fuera a mirar al hombre de esta manera a mí mismo que me matasen.

Afortunadamente no, no es lo mismo, no es gris, es todo oscuridad, todavía hay buenos y esto debe ser para abrumar el mal oscuro de este inmenso hormiguero loco.
Todavía hay amor, hay vida, tanto de los cuales sólo dos, que cálido y te hacen sentir bien. Entonces, cuando pienso en esto siento que mi corazón se vuelve loco, y el deseo de vivir y son estas las cosas que cada mañana me visto ... .. y creo que una vez, cuando yo estaba perdido en los callejones oscuros de burdeles frecuentados opaca existencia y sótanos oscuros, jurando y me accoppiavo como un animal con todas las mujeres de mi propia especie.

Caminando a lo largo de un camino de tierra en el medio de los campos vacíos, me encontré con una pequeña iglesia con las puertas abiertas entré y estaba lleno de gorriones extrañamente no todo fue volando; No había nada en el interior, hay santa imagen, pero sólo un pequeño altar de mármol se asemeja tanto a una mesa y una pequeña cruz de madera en la pared. Allí estaba yo en no sé cuánto tiempo, pero lo que sé y que cuando se toma el camino de regreso ya no era lo mismo que yo sentí por primera vez en mi corazón el dolor de la felicidad, la dulce música, escucharla me signo hizo de la cruz. Todavía hago eso todo el tiempo o los peores momentos de la navegación más allá del punto de no retorno ahora a largo pasado, que esta es la vida, el amor?

 

NOTTE DI SAN LORENZO

 

Di Vincenzo Calafiore


 

“Succederà anche a te”, le sue parole prima di salutarci sulla spiaggia già nelle ore prime della notte; avevamo trascorso assieme una giornata di parole di tanti spazi, per riflettere, è stata una giornata indimenticabile.

Io venivo fuori da una bufera malconcio, con ancora in testa gli echi dei tanti litigi, con i segni disegnati sul volto come vecchie cicatrici, già, vecchie cicatrici di vecchie ferite nell’anima.

Lei, veniva da un lontano disastro interiore.

C’eravamo in contrati la notte di San Lorenzo sulla stessa spiaggia, entrambi con un asciugamano ed un cuscino sottobraccio, stesi sulla sabbia poi a guardare il cielo. Non ci scambiammo neppure una parola, persi in quell’incanto, nemmeno ci siamo sfiorati pur essendo quasi gomito a gomito.

Seguimmo le stelle cadenti in silenzio, immaginando la nostra vita perduta senza una scia luminosa; la spiaggia si era riempita e a me balenò l’idea di dirle: “ sembriamo tanti leoni marini stesi al sole su un’isola sperduta in mezzo ad un oceano” e Lei Pamela, così si chiama, senza farmi sentire perfetto idiota ed estraneo alla sua vita rispose alla mia battuta con un sorriso che mostrò i suoi denti bianchissimi e due occhi luminosi, in quel buio.

Furono proprio i suoi occhi e il suo sorriso a rimanermi in testa per tutti i giorni a seguire come un ritornello di una canzone imparata a metà.

Non ci incontrammo più per diversi mesi, io su quella spiaggia ci sono ritornato tutte le sere con l’intima convinzione che l’avrei nuovamente incontrata.

Così giorno dopo giorno, sera dopo sera fino a notte inoltrata, nello stesso punto l’aspettai ed era passato zitto,zitto, un anno, un lunghissimo anno fatto di speranza e della stessa convinzione, della quale ormai ne ero pregno, dipendente.

Un vestito blu mare, lungo fino alle caviglie, stretto alla vita ed un cappellino di paglia in testa, occhiali da sole e scarpette di tela color carta da zucchero ai piedi; quella sera non c’eravamo neanche presentati né guardati in viso se non per quella brevità quando lei si voltò verso di me sorridendomi.

La seguii quella figura,elegante nei suoi passi incerti, attratto da un sentire dentro che mi diceva che era “ lei”, ma la conferma ai miei dubbi non tardò a venire quando lei incontrando un’amica fece quel suo sorriso che confermò quel mio sentire.

Senza perdere tempo e per non perderla nuovamente attesi con calma e trepidazione che avessero finito di consumare il gelato e alzandomi dal mio tavolo accanto mi presentai ai suoi luminosi occhi.

“ …….. salve ci siamo incontrati casualmente la notte di San Lorenzo là sulla spiaggia….” Mi ero sentito un idiota e sentii pure il rossore divorarmi il viso; ci presentammo, mi fece accomodare al suo tavolo e lì rimanemmo non ricordo per quanto tempo.

Un giorno più bello fra tutti della mia vita.

Ogni volta è così.

E’ tutte le volte che andando via porto con me la tristezza del lasciarti e vivere i giorni con l’attesa in gola di incontrarti. Dovrei essermi abituato a questo mio moto di marea ed invece ogni volta lasciandola è come morire; ricordo ancora la sua frase quando negli incontri ci raccontavamo la nostra vita, e dopo che io le confessai e affermai stupidamente: “ non mi innamorerò più”.

Amandola ho scoperto un’altra vita, e mi pare di vivere su un’isola distante da tutto in cui assieme facciamo dei nostri sogni amache su cui riposare; assieme dentro la stessa parola, dentro lo stesso verbo coniugato nelle nostre disperate assenze e assieme ancora diventare una canzone cantata ed amata sottovoce, sotto lo stesso cielo.

Ecco che si fa giorno e il pensiero torna a lei che sussurrandomi…. L’amore è come un giorno… mi dice: t’amo! Lungo quasi un respiro.

   

 

PUNTO DI NON RITORNO

 

Di Vincenzo Calafiore

 

C’era la necessità e il desiderio di andare oltre, comprendere perché in me ho quella misteriosa attrazione vedendo il mare di soffermarmi o di arrotolare i pantaloni fino alle ginocchia e le scarpe attorno al collo, camminare sulla riva sempre con lo sguardo rivolto a questo immenso sempre in moto, sempre cangiante.

Avevamo una sera io e don Nicola, sacerdote ormai molto avanti negli anni, di questo mare, così misteriosamente attraente e fascinoso; io forse anche sbagliando lo definii arbitrariamente: l’Anima di Dio.

Ora, in questa mia età nuova, sobria e felice, conscio dell’aver ormai già da molto superato “ il punto del non ritorno” ho un tempo mio col moto del respirar lento in grado di farmi andare come biglia impazzita in tutte le direzioni, ma che comunque riconducono al grande vecchio: il mare!

Rimanere seduto davanti al mare e rimanere incantato è  ritrovarsi davanti agli occhi di Dio.

L’amore è, o dovrebbe essere il moto perpetuo di questo immenso ed invece non è proprio così è come se tutto debba cadere per forza nel rancore e nell’odio, a cui nella nostra misera quotidianità siamo costretti ad assistere forse nonostante il nostro dissenso. E’ ora il momento del dolore di fronte a quelle morti per sgozzamento, in nome di un qualcosa che tanto rassomiglia al satanismo.

Mentre sopra la luce dell’orizzonte si apre un cielo indefinito, cerco la mia anima ove risiedono quei sentimenti che fin qui mi hanno portato, si tratta di sapienza e conoscenza, di amore verso tutto quanto si muove e respira, ad esempio l’uomo in se che non finisce mai di sorprendere con le sue immense capacità spirituali e animalesche pure. Uomini con le mani lorde di sangue di altri uomini e di donne trattate e intese come bestie, quindi buone ad essere violentate o peggio ancora usate come merce di scambio o mezzo di profitto… sono queste le cose che mi chiedo e alle quali non v’è risposta. Se io dovessi guardare l’uomo a questa maniera io stesso dovrei eliminarmi.

Per fortuna non è tutto uguale, non è grigiore, non è tristezza tutto, c’è ancora del buono e dovrebbe essere questo a sopraffare il male oscuro di questo immenso formicaio impazzito.

C’è ancora l’amore, c’è la vita, entrambi due soli, che scaldano e fanno stare bene. Allora si, se penso a questo sento il mio cuore impazzire, e tanta voglia di vivere ed è di queste cose che ogni mattino mi vesto….. e pensare che un tempo, quando ero perso nei vicoli bui di un’esistenza opaca  frequentai  bordelli, e cantine buie, bestemmiavo e mi accoppiavo come un animale con tutte le donne della stessa mia specie.

Camminando lungo una strada bianca in mezzo ai campi deserti trovai una piccola chiesa con le porte aperte vi entrai ed era piena di passeri che stranamente non tutti volarono via; non c’era nulla all’interno, nessuna immagine sacra, ma solo un piccolo altare di marmo tanto rassomigliante ad un tavolo e una piccola croce in legno appesa alla parete. Vi sono rimasto dentro non so quanto tempo, ma quel che so e che quando ripresi la via del ritorno non ero più lo stesso sentii per la prima volta in cuor mio il dolore della felicità, una dolce musica, che ascoltandola mi fece fare il segno della croce. Lo faccio ancora in tutte le ore o nei peggiori momenti di navigazione oltre il punto di non ritorno ormai superato da tempo, che sia questa la vita, l’amore?

LETTERA APERTA

Di Vincenzo Calafiore

 

Egregio Signor Sgarbi,

a scriverLe è un calabrese, di Reggio Calabria per l’esattezza. Le scrivo perché sono indignato e offeso come uomo, come calabrese e come Italiano in ultimo; mi perdoni ma le devo dare dell’ignorante, anche se lei non lo è affatto, ignorante perché lei forse, non conosce la nostra storia e il nostro passato, non conosce la nostra cultura, non conosce la nostra amata terra. Lo ha dimostrato uscendosene  con quella infelice affermazione, dimenticando forse che noi calabresi siamo più italiani di lei dato che è la nostra terra ad aver dato il nome a quel paese a cui lei appartiene e vive comodamente.

Per Sua informazione personale vada prima a leggersi la storia e scoprirà così che la famosa e tanta osannata Unità d’Italia l’ha pagata la Calabria con la sua ricchezza.

Prenderà coscienza che noi “ Calabresi” siamo stati annessi  e certo non per nostra volontà.

Prenda coscienza dei campi di concentramento in cui sono stati avviati i calabresi, delle distruzioni e saccheggi di interi paesi, delle fucilazioni di massa,delle fossi comuni, delle donne violentate e poi uccise.

Ma va ricordato a persone che come lei facilmente “scivolano” le condizioni in cui la Calabria è stata lasciata dopo i porci comodi degli occupanti, le condizioni volutamente perpetrate per tenerla sempre in quella specie di limbo del ricordare e non ricordare. Ma si sono sempre ricordati di noi nei momenti delle campagne elettorali con falsi programmi e false promesse.

Ma la cosa peggiore per noi meridionali è la sconfitta  causata dall'Unità  come afferma Calabretta in un dialogo immaginario con Garibaldi – è stata la perdita della nostra identità culturale il senso di appartenenza che rende gli uomini orgogliosi della propria terra. Vi sono due modi per cancellare l'identità di un popolo: il primo è di distruggere la sua memoria storica, il secondo è di sradicarlo dalla propria terra. Noi meridionali li abbiamo subiti entrambi".

Il Sud deve rimanere sempre nelle stesse condizioni  in cui ancora sta! E’ scritto nel DNA  Romano.

Ma torniamo a noi Signor Sgarbi, i Bronzi appartengono alla Calabria e visto che la Calabria non è in Italia perché mai dovremmo prestarli a quelli che ce l’hanno messa sempre in quel posto? Me lo spieghi per favore. 

Forse lei non ricorda quel gentiluomo di nome Cesare Lombroso. Lo conosce, sa chi è? E’ un sedicente scienziato veronese ( guarda caso) che ha avuto il coraggio di sentenziare che noi meridionali siamo una razza inferiore! E pensare che la Regione Piemonte voleva inaugurare un museo in suo onore…. Un museo dell’orrore. E Sa perché Signor Sgarbi?

Se a Berlino ci fosse un Museo dedicato a Alfred Rosenberg, l'ideologo nazista della superiorità della razza ariana. E se nel Museo Rosenberg fossero esposti i resti dei deportati ebrei nei campi di concentramento. I loro scheletri, i loro crani sezionati per dimostrarne l'inferiorità.
Se a Torino ci fosse, e c'è, un Museo dedicato a Cesare Lombroso, l'ideologo della superiorità settentrionale nei confronti degli abitanti del Sud. E se nel
Museo Lombroso fossero esposti, e sono esposti, i resti dei patrioti meridionali chiamati briganti uccisi a decine di migliaia durante l'occupazione piemontese del Regno delle Due Sicilie. I loro scheletri, i loro crani sezionati per dimostrarne l'inferiorità racchiusi in teche a centinaia invece di essere sepolti nella loro terra come richiederebbe almeno l'umana pietà. Un'Italia cialtrona, razzista, inconsapevole della sua Storia celebra i 150 anni. La Regione Piemonte chiuda il Museo o almeno trasferisca i resti dei meridionali nei loro luoghi di origine.

Ecco perché i Bronzi non lasceranno mai Reggio, ecco perché lei dovrà guardarsene bene dal mettere piedi in Calabria. La saluto caramente e mi creda non sono delle minacce me ne guarderei bene dal farlo, ma sono solo consigli, perché non si sputa mai nel piatto in cui si mangia!

Lei ha il diritto di Nemo Tenetur Se Detegere

 

NOTE:

 

Garibaldi è stato quello che ha invaso da mercenario le nostre terre e quindi è stato utilizzato come mercenario per questo atto di aggressione, di colonialismo che viene denominato Risorgimento, Unità d’Italia .

 

………  secondo me nei nostri confronti è stata fatta un’ingiustizia tanto tempo fa e quindi cerco di dare un ordine alla mia storia, me ne sto per andare, mi mancava questo anello sugli studi risorgimentali, adesso negli ultimi anni che ho un po’ di tempo in più ho ricercato questa cosa e sto trovando l’inferno, il nostro inferno viene da lì, da quel 1860.

 

Il museo non va chiuso, però è giusto che le persone che visitano il museo, sappiano che prima di tutto quegli studi erano fondati su teorie bislacche, probabilmente più che dedicarlo a Lombroso, dedicarlo magari alle vittime dei suoi studi, perché poi i suoi studi hanno portato anche una marea di uccisioni semplicemente perché il meridionale era per forza un brigante e quindi un malvivente, quindi meritava di essere ammazzato, molto spesso anche senza un processo.

 

BUON VIAGGIO

OM MANI PADME HUM

(Io sono Colui che È)

 

 

Di Vincenzo calafiore

 


Chissà come e quando sarà iniziato il nostro “ Viaggio” nella vita.

Forse sarà iniziato dal momento che abbiamo emesso il primo vagito o mosse le piccole mani nell’aria come a voler cercare qualcosa o qualcuno.

Come immaginare questo nostro “ viaggio” con un inizio e una fine. L’ho immaginato come un giorno che inizia con il sorgere del sole e finisce con l’avanzare delle tenebre, bello ed entusiasmante comunque, nonostante le innumerevoli “cose” che s’incontreranno lungo il cammino.

E’in se una prima volta che rimarrà unica.

Senza altre possibilità, altre scelte, proroghe; è un “compiersi” in un arco temporale più o meno breve, scegliere pure il “come”, le “ valenze” gli “stili”. Preferendo il silenzio e la meditazione, l’osservazione dell’anima.

Una volta aperti gli occhi già ci perdiamo nella meraviglia, nell’esplorazione, cominciamo ad imparare, a cercare un inizio del nostro viaggio. Perché poi non fare un viaggio dentro le nostre emozioni e nelle domande che ognuno porta con sé, spesso, o il più delle volte senza risposte o nei suggerimenti dell’anima? E ugualmente ci affanniamo nonostante tutto nella ricerca della propria strada come falene smarrite, dentro un inconcludente, smarrendo proprio quell’ inizio, senza aver voluto cercare alcun contatto con la nostra anima, con la nostra essenza più profonda, iniziare e continuare un cammino verso la propria autoconoscenza e auto-relazione attraversando magari strade diverse e disuguali, accogliendo nuove visioni del mondo e l’uomo in se stesso come totalità di mente,corpo,anima.

Purtroppo viviamo un’epoca di estremismi e di contrasti più grandi di noi stessi, senza futuro, senza coscienza, scordando la “ Conoscenza” antica. Per troppo tempo questa, è stata scartata sistematicamente, ignorata e negata. Ma era una “ conoscenza” chiamata pure devozione alla vita, a Dio, al bene, alla natura. Ma ora forse sarà tempo di realizzarla anche se un poco alla volta quella conoscenza scartata da una massa di razionalisti capaci di manipolare ogni cosa, ogni anima, ogni vita. Che lo possa spiegare la metafisica o quel mesmerismo ipnotico di cui siamo preda? E’ possibile forse provando a noi stessi con le proprie percezioni l’esistenza dei piani superfisici, stati superiori coscienziali, delle molteplicità di entità disincarnate…. Di liberarci finalmente dalla dipendenza di coloro che hanno acquisito conoscenze e testimonianze atte a deviare ad ignorare l’esistenza della spiritualità… della bellezza della spiritualità che tanto avvicina a Dio!

 

Buon Viaggio!

 

No se olvide

Innamorami que era fácil, era como estar en los brazos de muchas emociones o escondido en el interior de la calidez y el color de una puesta de sol.
Cuando la primera vez que nuestros ojos se encontraron, sucedió el milagro de la vida, nuestra vida.
Si supieras mi amor lo hermoso que es despertar y obtener su nombre a la cabeza sólo pronunciar me hace sentir feliz; si supieras qué dulce para tener en tus ojos que tu sonrisa, esas caras divertidas en su cara que yo hago, cuando estás feliz o enojado, cansado, pensativo, perdido en algún tipo de pensamiento.

Me gusta que su manera divertida de hablar y como usted muerde una manzana, me gustaría que cuando el dedo distraído juega a enrede el cabello.
No sé, no sé por qué cada día cada día pensando en usted cuando usted susurra Te amo y no entiendo por qué no puedo evitar sonreír ante usted u ofrecer mis manos siempre te buscan incluso en la oscuridad.
¿Te acuerdas de cuando y como nos habíamos perdido y, al mismo tiempo, hasta hoy, después de tantos años, después de tanto amor, después de decir a nosotros todo y todos los días nos encontramos con algo nuevo que decirnos?
Si supieras cuántas veces mis ojos te acarician, ¿cuántas veces la luz de la felicidad.

¡Ah! Que nuestro amor por la poesía.
Eso me da la vida,
que los sueños,
ese momento.
Bonos E ', fuerte, intenso, cielo, mar.
Si supieras cuánto movimiento del mar en mí, incluso ahora que se perdieron años
Y teñir el pelo blanco, doble párpados, color mis manos.
Esas manos que incluso ahora pronunciando su nombre dibujar el aire:
Te quiero

 

Non dimenticar

 

Innamorami di te è stato facile, è stato come trovarmi tra le braccia di tante emozioni o infilato dentro il calore e i colori di un tramonto.

Quando la prima volta i nostri occhi si incontrarono, accadde il miracolo della vita, la nostra vita.

Se tu sapessi Amore mio quanto bello sia svegliarmi ed avere in testa il tuo nome che solo a pronunciarlo mi fa sentire felice; se tu sapessi quanto sia dolce avere negli occhi quel tuo sorriso, quelle tue smorfie buffe sul viso che mi fai, quando sei felice, o arrabbiata, stanca, pensierosa, persa in chissà quale pensiero.

Mi piace quel tuo modo buffo di parlare e come mordi una mela, mi piaci quando distratta giochi con le dita ad ingarbugliare i capelli.

Io non so, non lo so perché ogni giorno ogni momento del giorno pensandoti ti sussurro T’amo e non capisco perché non riesco mai a fare a meno di sorriderti o di porgerti le mie mani che sempre ti cercano anche nel buio.

Ti ricordi quando e come ci siamo trovati e persi allo stesso tempo fino a oggi, dopo tanti anni, dopo tanto amore, dopo averci detto tutto e ogni giorno troviamo qualcosa di nuovo da dirci?

Se tu sapessi quante volte i miei occhi ti accarezzano, quante volte si illuminano di felicità.

Ah! Questo nostro amore di poesia.

Che vita mi dona,

che sogni,

che tempi.

E’ legame, forte, intenso, cielo, mare.

Se solo tu sapessi quanto mare muovi in me, ancora adesso che sono andati perduti gli anni

E il bianco tinge i miei capelli, piega le palpebre, colora le mie mani.

Quelle mani che ancora adesso pronunciando il tuo nome disegnano l’aria:

T’amo!

sabato 15 novembre 2014


MIO FRATELLO

 

Di Vincenzo Calafiore

 

Avere la piacevole sensazione svegliandomi, del giorno buono, lo sento dentro e così poi si manifesta, prende piega dal momento che appoggio i piedi a terra.

Camminare a piedi nudi fino in cucina è piacevole, così mi preparo il caffè e rimango lì davanti alla caffettiera come davanti ad un oracolo….

Mentre in testa frulla qualche pensiero.

Non è un “qualche pensiero” è mio fratello.

Colui che da ben 69 anni non è stato mai capace di chiamarmi per nome, di non condividere nessuna mia cosa. Colui che poi negli anni a venire, una volta che io, per mia volontà, abbandonato gli studi e la mia famiglia mi misi in viaggio sulla mia strada che non conoscevo e non sapevo dove questa mi avrebbe condotto.

Fu un vero atto di coraggio, avevo appena 15 anni.

Tutte le mattine così per una vita intera.

Tutte le mattine con quel pensiero conficcato come un ago chissà in quale zona del mio cervello che ha rilasciato solo veleno.

Mio fratello!

Che bello poterlo dire nelle circostanze che accadono e si susseguono nel corso della nostra breve esistenza, magari agli amici, ai conoscenti, a chicchessia: mio fratello, o mia sorella, la stessa identica cosa. Non mi è stato concesso.

La lontananza. Per comodità o per vizio, le si addossa la colpa del disastro, può essere, ma forse la verità andrebbe ricercata in noi, ed io lo feci ogni santissimo giorno, anche nel loro lento scorrere.

Ma la domanda che mi ponevo e mi sono posto fino nell’ottobre del 2014 era ed è stata sempre: perché non c’è mai stata in lui la necessità di chiedersi…. “ ma mio fratello o mia sorella, è indifferente, come sta, come se la passa, sta bene, sta male, è felice o infelice?

Be, il mio viaggio su quella strada intrapresa non è stato agile, come per tantissimi altri coraggiosi o coraggiose, come me.

Sono stati anni, ma moltissimi anni, di solitudine, di lunghissimi silenzi, di privazioni, di divieti, di fame e di miseria. A volte sono stato preso dalla paura dell’ignoto, sono stato umiliato nella mia dignità di uomo, sono stato privato della mia libertà, tutto sacrificato a quel mio cosiddetto – avvenire - .

Io per raggiungerlo attraversai l’Italia intera tutto in un tiro, per riprovare il piacevole senso della felicità, per risentire un po’ il calore della mia vita spezzata. Così per anni, tanti anni! E lui, mio fratello invece era da me sempre più distante, sempre più irraggiungibile; finivano le mie brevi, brevissime vacanze e su, con l’auto tutto un tiro per tornare a casa “mia” sempre più solo, sempre più deluso e amareggiato.

Si è proprio come si suol dire: mi sono fatto uomo da solo, come tutto quel che ho, anche la mia poca cultura.

Ma io la mia vita zeppa di errori e di contraddizioni, la mia vita di miseria e di dignità, di amore verso coloro che mi stanno attorno, dei tantissimi amici, degli studi completati, dei miei traguardi tagliati, l’amo, l’amo tanto.

Mio fratello è stato quel compagno di banco assente, un compagno mancato alla fine da me abbandonato; si alla fine e al numero civico nr 69 ho detto basta.

Per poter vivere serenamente i miei ultimi giorni,

per ritrovare la pace,

per risentire la mia vita o per riprendermi la vita.

Di mio fratello non ho che vaghissimi ricordi, forse lui non avrà neanche questi. E sta accadendo in me un miracolo: vedo una gomma che pian piano, con lo stesso moto del respirare lento, sta cancellando la sbiadita immagine ancora giacente nella mia testa. E’ una strana sensazione, più di sollievo che di dolore, perché alla fine del mio viaggio ho potuto comprendere che solo ero all’inizio e solo sarò alla mia fine. Si, perché questa verrà, è dietro l’angolo, ma potrò andarmene non sbattendo la porta in faccia a nessuno, perché ho tutto l’amore del mondo attorno e in me, ma socchiudendola piano, come il mio pensiero vuole sia.

 

lunedì 10 novembre 2014


 

MA L’AMORE…….

 

Di Vincenzo Calafiore

 

Mi sono chiesto più volte che significa, Amare. A ragion veduta mi sono dato anche delle risposte nel corso della mia vita, e nessuna a tutt’oggi in questa mia età nuova è  stata soddisfacente ed esauriente.

Forse questo verbo coniugato giustamente o ingiustamente è talmente grande e vasto che non potrà trovare mai lo spazio sufficiente d’essere contenuto dalla bocca né dall’anima o probabilmente noi stessi che lo pronunciamo quotidianamente non ne abbiamo ancora compreso interamente nella sua pienezza l’immenso che è.

Come tale quindi per noi  addentrarci sarebbe come ritrovarsi perduti in un vasto mare.

E’ umanamente impossibile determinarlo, impossibile quantificarlo, poiché di questa galassia  fanno parte a loro volta altre similari galassie con i loro pianeti:

i sentimenti che individualmente sono degli universi a se.

A riguardo sono state scritte tantissime canzoni, dedicati film, poesie, monologhi, commedie, e nonostante ciò ancora adesso dopo tanti approfondimenti, dopo tanti libri, se dovessimo chiederci cosa sia l’Amore risponderemmo con vaghezza come arrampicandoci sugli specchi.

Che cosa strana è l’Amore.

Che magnificenza!

Una malattia che una volta contagiati cambia la vita, in questa condizione tutto diviene sopportabile, perfino la dilagante indifferenza. Già…. L’indifferenza il male peggiore che ha colpito e si è ormai radicato in questa società anonima; sotto i suoi occhi si perpetuano genocidi, si abbandonano vite, si compiono stupri, si lascia nella miseria.

E come è possibile parlare di Amore?

Che controsenso è questo, che siamo.

Svegliarsi al mattino e già parlare d’amore sarebbe bello, si inizierebbe la giornata nella maniera giusta, in contrapposizione con l’immoralità e le miserie a cui quotidianamente si è sottoposti, con partecipazione o no. Senza questo grandissimo sentimento sarebbe come vivere in mezzo ad un deserto di tutto, ma a guardar bene forse in questo ci siamo già inoltrati da parecchio tempo, altrimenti tanti eventi, tanti episodi non sarebbero accaduti, avvenuti.

Dunque parlare d’Amore è come parlare di Dio, perché è lì che esiste e non certamente nella nostra misera condizione umana. Quindi……

Allora cominciamo a parlarne, facciamolo con la donazione verso lo sventurato, parliamone con le persone a cui teniamo, facciamolo nei confronti di chi non ce la fa più o non arriva a fare, questo atto d’Amore. Ma più di tutto facciamolo verso noi stessi aborrendo la brutalità, la crudeltà, i crimini, le disuguaglianze sociali, la povertà, le schiavitù, le invidie. Cominciamo ad esempio ad amare di più i nostri genitori, i vecchi, invece di confinarli nei moderni lager!

Ti Amo.

  

venerdì 7 novembre 2014


 

 

VIEVER

Di Vincenzo Calafiore

 

E’ vero, non sempre la vita ci sorride, non sempre è cortese cangiante com’è. Tuttavia “lei” trova sempre, come fa una sposa, la maniera di farsi amare e perdonare, a volte anche farsi intravedere oltre i chiari e scuri madreperlati. E’ onda capace di travolgere e quando lo fa lascia dietro di se scie di solitudini e tristezze, amare consapevolezze; ma è la vita, la nostra vita, snocciolata come un rosario tra mani sapienti.

“Lei” è così, e lo sarà sempre è come se ti dicesse – prendere o lasciare – senza via di scampo o possibilità di sfuggirle; chissà in quale maniera la guardiamo e in quante altre la immaginiamo e la viviamo in quel contemporaneo individuale o personale in cui la si odia o si nutre sordido rancore, o con l’indifferenza, l’insopportabilità.

Alla stessa maniera a volte cadiamo nell’errore di trattare la nostra sposa o compagna di viaggio quando magari risulta essere – la sposa sbagliata - .

Ma pare proprio che questa vita, strana mescola di idiozie e d’ignoranza sia proprio un moto inverso difficile da seguire o inseguire, è una sposa sbagliata …. A volte.

Allora accade di chiedersi dove sia la vita? Che fine hanno fatto i buoni propositi, i sogni per cui lottare, le speranze di una vita migliore. Mi torna in mente l’inizio delle fiabe che un giorno lontano leggevo a una bambina prima di consegnarla a Morfeo “ C’era una volta “ quanto è veritiero e quanto è difficile tornare a vivere dentro la misura di un passo! Oggi non ci sono più i passi, c’è la corsa all’inesistente all’inappagamento morale e spirituale con quella facilità mentale.

In realtà niente è facile, perfino il vivere. Forse è troppo facile smarrirsi, perdersi in questo niente del quale è stata ammantata, è triste preludio che fa sì che si corrompa, che s’imbrogli, che ci si accaparri sempre più dell’altrui anima e corpo.

Mi chiedo perché noi non si sia più capaci di vivere entro la misura di un passo in questo imperante degrado morale e sociale purtroppo in continua evoluzione; questo odierno cangiante è una trappola mortale incapace di smentirsi.

Ci vorrebbe una nuova chiave di lettura, forse l’amore, la pietà, la consapevolezza che tutto questo non sarà servito a niente poiché nudi siamo nati e nudi ce ne andremo nell’ultimo viaggio.

Ecco forse è di amore che bisognerebbe nutrirsi e non di sanguinolenti ragioni.

L’amore che conduce all’ascolto, al tendere una mano, ad alleviare le sofferenze del compagno di viaggio senza scopo, senza lucro. Riscoprire l’umanità deceduta e sepolta in noi in nome di un dio denaro sanguinario che esige sempre tributi di sangue.

E’ lì che dobbiamo andare verso l’altruismo, verso l’amore del prossimo, questa si che sarebbe davvero un bel vivere!   

 

LE MANI

Di Vincenzo Calafiore

 

 


 Le mani  per uccidere, per amare, accarezzare, allontanare, rompere, aggiustare, costruire, per disegnare l’aria di segni che man mano diventano linguaggio, il linguaggio delle persone che non possono parlare e delle persone che non vogliono.

La gestualità delle mani e del corpo quindi è linguaggio, da interpretare, da condividere.

Per noi “italiani” esprimerci con le mani è  naturalezza, parliamo muovendo magicamente le mani e lo facciamo per dimostrare amicizia o affettuosità, cortesia, educazione;  per offendere.

Le mani che stringono una bacchetta per dirigere una grande orchestra che rilascia nell’aria meravigliose note in grado di far magicamente parlare il nostro corpo, per commuoverci o per costringerci semplicemente a rimanere ad ascoltare.

Questa è musica.

La musica e la danza con il loro potere di esorcizzare tutti i mali, specialmente quelli dell'anima.

Come non pensare al “ Cielito Lindo una delle più popolari musiche messicane e mondiale, nata nel 1882 scritta da Quirino Mendoza y Cortes e ancora oggi ascoltandola cambia l’umore in un’esplosione di allegria e di colori, desiderio di vivere, conduce in paradiso e tutto diviene positivo.

Così pure “ Ramona” del 1928 scritta da L.Wolfe Gilbert e musicata da Mabel Wayne , Lara’s Theme, La Paloma.

Ma se c’è una musica celestiale capace di farti schizzare in cielo, be…. Questa è il Sirtaki che lo si può ballare da soli, per autoconsolarsi, oppure in due, in tre, in cento, in mille... E' un invito alla fratellanza e all'amicizia, per mezzo dell'incanto della musica. E' un messaggio di amore e di pace.

Perché non pensare di iniziare la nostra giornata ascoltando musica, della vera musica e quel pattume imperante di oggi, mai ricordato, e morto appena dopo nato. Perché non pensare di imparare e ballare il Sirtaki per le strade, nelle piazze, invece di rimanere in quei luoghi compressi e bui, illuminati da forti luci e squarciati da un unico rumore assordante e infernale? Ragazzi forse sarà meglio che voi impariate a ballare il Sirtaki e così riempire le piazze, della vostra gioventù, non fatevela rubare, non fatevi rubare la vita che della buona musica contrariamente e indubbiamente ve la renderebbe molto più bella facendovi “sballare” di emozione! Pensateci.