martedì 18 novembre 2014


 

NOTTE DI SAN LORENZO

 

Di Vincenzo Calafiore


 

“Succederà anche a te”, le sue parole prima di salutarci sulla spiaggia già nelle ore prime della notte; avevamo trascorso assieme una giornata di parole di tanti spazi, per riflettere, è stata una giornata indimenticabile.

Io venivo fuori da una bufera malconcio, con ancora in testa gli echi dei tanti litigi, con i segni disegnati sul volto come vecchie cicatrici, già, vecchie cicatrici di vecchie ferite nell’anima.

Lei, veniva da un lontano disastro interiore.

C’eravamo in contrati la notte di San Lorenzo sulla stessa spiaggia, entrambi con un asciugamano ed un cuscino sottobraccio, stesi sulla sabbia poi a guardare il cielo. Non ci scambiammo neppure una parola, persi in quell’incanto, nemmeno ci siamo sfiorati pur essendo quasi gomito a gomito.

Seguimmo le stelle cadenti in silenzio, immaginando la nostra vita perduta senza una scia luminosa; la spiaggia si era riempita e a me balenò l’idea di dirle: “ sembriamo tanti leoni marini stesi al sole su un’isola sperduta in mezzo ad un oceano” e Lei Pamela, così si chiama, senza farmi sentire perfetto idiota ed estraneo alla sua vita rispose alla mia battuta con un sorriso che mostrò i suoi denti bianchissimi e due occhi luminosi, in quel buio.

Furono proprio i suoi occhi e il suo sorriso a rimanermi in testa per tutti i giorni a seguire come un ritornello di una canzone imparata a metà.

Non ci incontrammo più per diversi mesi, io su quella spiaggia ci sono ritornato tutte le sere con l’intima convinzione che l’avrei nuovamente incontrata.

Così giorno dopo giorno, sera dopo sera fino a notte inoltrata, nello stesso punto l’aspettai ed era passato zitto,zitto, un anno, un lunghissimo anno fatto di speranza e della stessa convinzione, della quale ormai ne ero pregno, dipendente.

Un vestito blu mare, lungo fino alle caviglie, stretto alla vita ed un cappellino di paglia in testa, occhiali da sole e scarpette di tela color carta da zucchero ai piedi; quella sera non c’eravamo neanche presentati né guardati in viso se non per quella brevità quando lei si voltò verso di me sorridendomi.

La seguii quella figura,elegante nei suoi passi incerti, attratto da un sentire dentro che mi diceva che era “ lei”, ma la conferma ai miei dubbi non tardò a venire quando lei incontrando un’amica fece quel suo sorriso che confermò quel mio sentire.

Senza perdere tempo e per non perderla nuovamente attesi con calma e trepidazione che avessero finito di consumare il gelato e alzandomi dal mio tavolo accanto mi presentai ai suoi luminosi occhi.

“ …….. salve ci siamo incontrati casualmente la notte di San Lorenzo là sulla spiaggia….” Mi ero sentito un idiota e sentii pure il rossore divorarmi il viso; ci presentammo, mi fece accomodare al suo tavolo e lì rimanemmo non ricordo per quanto tempo.

Un giorno più bello fra tutti della mia vita.

Ogni volta è così.

E’ tutte le volte che andando via porto con me la tristezza del lasciarti e vivere i giorni con l’attesa in gola di incontrarti. Dovrei essermi abituato a questo mio moto di marea ed invece ogni volta lasciandola è come morire; ricordo ancora la sua frase quando negli incontri ci raccontavamo la nostra vita, e dopo che io le confessai e affermai stupidamente: “ non mi innamorerò più”.

Amandola ho scoperto un’altra vita, e mi pare di vivere su un’isola distante da tutto in cui assieme facciamo dei nostri sogni amache su cui riposare; assieme dentro la stessa parola, dentro lo stesso verbo coniugato nelle nostre disperate assenze e assieme ancora diventare una canzone cantata ed amata sottovoce, sotto lo stesso cielo.

Ecco che si fa giorno e il pensiero torna a lei che sussurrandomi…. L’amore è come un giorno… mi dice: t’amo! Lungo quasi un respiro.

   

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