mercoledì 27 febbraio 2019


Quei giorni invisibili


Di Vincenzo Calafiore
28 Febbraio2019 Udine


Succede che a notte fonda ti sfiora
il pensiero di lei ed è come quando una
barca viene colpita da un’onda bastarda
che fa tremare e scricchiolare tutto il fasciame.
E vorresti raggiungerla ovunque sia, poi ti giri
nel letto e ti appare tutta la distanza, tutto
il vuoto tra una sponda e l’altra dello stesso mare.
Perché amandosi si è come il mare:incontenibili! “
                                                      Vincenzo Calafiore


A guardarlo ora quel cielo sembra tirato in secco come una barca tra le nebbie diffuse sugli altopiani, ed è un cielo che ci contiene, conserva la memoria delle nostre forme alla stessa maniera di un abbraccio, quel mio abbraccio che tanto ti piace, e ha la stessa memoria del cielo negli occhi tuoi.
Sì, io ti tengo e nel mio profondo come quel “ sei mia” che ti sussurro sempre quando facciamo l’amore, nel buio leggi le mie labbra come fosse un grande segreto e ci ritroviamo con le mani intrecciate come la prima volta.
Quella volta in riva al mare, con l’aria pregna di salsedine e gabbiani che come gli aquiloni nel vento, così i tuoi capelli, davanti a quel bicchiere di te fresco; guardandoti negli occhi ti dissi che ti amo e fu come se ci fossimo appartenuti da sempre.
Quel – ti amo – che rinnova ogni giorno il desiderio che ho di te, delle tue labbra.
Sai? Ti voglio!
Ti vorrei al mattino al mio risveglio, sentire il profumo della tua pelle per sedare il mio desiderio di stringerti, di baciare i tuoi occhi!
Vorrei lasciare il mio profumo su di te affinchè tu ricorda che io e te lontani non possiamo stare.
E immagino come saremo più avanti negli anni, o come io sarò e se potrò ancora amarti come adesso, come da sempre ho fatto anche quando ancora ti cercavo e desideravo solo che incontrarti.
Penso alle sere vinto dal desiderio mi metterò a scrivere libri che parlano di te, di come ti amo, di come ti sono lontano.
E immagino noi ancora innamorati e io con la mia paura di sempre di perderti e tu sempre con la tua gelosia.
Chissà …. saremo vecchi e stanchi, reduci di tante battaglie e tu con i tuoi occhi stanchi che cerchi di accendere i miei.
Ti amo con la mia malinconia, con le mie paure e le incertezze, con questo mio bisogno di scriverti sempre che t’amo con quel mio intimo desiderio di appartenerti, con quel vuoto al mattino appena sveglio quando mi rendo conto d’essere solo nella mia stanza.
Solo con i miei disagi, gli affanni, i dubbiosi approdi col desiderio di tornare là dove è l’inizio di ogni cosa; sono i miei viaggi nell’invisibile che scivolano accanto ai misteri della vita che cadono negli spazi bianchi, tra riga e riga, pronti a cogliere gli imprevedibili sussulti di un amore che quotidianamente sempre più diventa grande.
E’ un vivere su quotidiane mappe marginate da desideri e attese, dal mistero di quel sentire dentro sempre un nuovo approdo, o approccio alla vita come affacciarsi da una finestra a un giorno pieno di sole con l’aria mite, pregna di salsedine al di qua del mare, da una nuvola a guardare il mondo vertiginosamente affannato e distante… come un mondo di fantasmi appreso, appresso, senza tregua.
Ma c’è l’esigenza del sentire dentro che c’è una possibilità, che ci sarà la possibilità di mettere le mani dentro capelli morbidi e soffici come fossero nuvola… una pausa impercettibile che c’è e sempre ci sarà dentro … invisibile come i giorni invisibili quando da lei sono distante miglia marine, come fosse destino.



lunedì 25 febbraio 2019


VINCENZO CALAFIORE

Arte- Comunicazione-Cultura



RECENSIONE  GIUSEPPE MICELI
Udine 26 Febbraio 2019

“ Non esiste emozione più grande di sentire
quanto siamo innamorati della vita.
La nostra vita che dipende totalmente da un’altra persona
e non bastiamo a nessuna.
Questo è amore.
E perché tutte le cose, ma anche quelle inanimate come
le montagne, i mari, le strade, ma di più:
il cielo, il vento! Di più, le città, i fiumi, le pietre, i palazzi…
Tutte queste cose che di per se sono vuote, indifferenti,
improvvisamente quando le guardiamo si caricano
di significato umano, di amore…. “

Dovrei “recensire” le opere o l’opera di Giuseppe Miceli e facendolo dovrei usare un linguaggio che rifiuto, e mi rifiuto di farne uso.
Allora scrivo di Giuseppe Miceli ( pur non conoscendolo ) ho avuto il piacere di fare la sua conoscenza, alla presentazione della sua personale presso la Home Gallery di Claudio Demuro con cui collaboro ( gratuitamente) per amicizia e per amore dell’ Arte, o meglio per la bellezza in se che è l’Arte.
Scrivo di Giuseppe Miceli e della sua arte, guardandolo da un’altra prospettiva invece di come normalmente un critico d’arte fa, ma è un discorso pieno di parole vuote, l’arte secondo il mio parere è un qualcosa di indescrivibile, è emozione, curiosità, osservazione, è sentire l’amore verso la vita ed esprimerlo coi colori nelle forme più belle, più coraggiose, più ardite, e questo lo fa anche un semplice scatto fotografico, anche la fotografia; ma lo fa anche uno scrittore riempiendo una pagina bianca di parole con il “ significato “ e non tanto per riempirlo, o tanto per dipingere o fotografare, perché alla base di tutto ciò c’è: L’amore.
Entrando nella “Home Gallery” il visitatore viene accolto da un’insolita  armonia che sa di serenità e di pace che le sue opere trasmettono è come trovarsi su una riva dinanzi al mare calmo della sera.
Ammesso che questo sia un aspetto, un aspetto dell’ Arte che credo non abbia bisogno di conferme, di come si possano conseguire risultati artistici caratterizzati da intensa poesia ricorrendo alla pittura.
Nei suoi lavori, Giuseppe Miceli delinea una visione sognante i cui particolari sono difficili da definire perché fanno parte della sua anima, forse anche dell’irrealtà o forse semplicemente è una maniera di raccontare ciò che dentro custodisce.
Ma attraggono i verdi, e i viola, i rossi che stranamente tanto rassomigliano a un mare che lui conosce e tanto ama: lo Jonio della sua Calabria!
Inoltre fra i vari effetti che l’autore è riuscito a suscitare domina un forte senso di serenità, proprio dei sogni che navigano tranquilli, prima che il sonno come mare se li porti via chissà dove, di cui raramente resta, come invece avviene con le sue opere, memoria!

                                                                            Vincenzo Calafiore  




Info:vincenzo10vc@libero.it
www.laprimapagina.it
        








venerdì 22 febbraio 2019



Vorrei citare Pablo, Pablo Neruda

Di Vincenzo Calafiore
22Febbraio2019Udine

……. Capita e sempre di notte
all’improvviso il pensiero dell’età tua
che va via senza rendersene conto.
e allora ti rendi conto che sei quasi
alla fine e ti viene voglia di piangere.
Ti alzi e fumi una sigaretta, ci ragioni sopra
e decidi che da “ domani” cambia tutto
e hai voglia di bruciare i minuti, vivere
intensamente tutto ogni accadimento..
Ma sai che non puoi fare tutto o essere ovunque,
non sei Dio, ma sei umano, fin troppo umano, e nel farlo hai                                                    
dimenticato di fare la cosa più importante: amare una lei.”            Vincenzo Calafiore
Accade che una notte, ti svegli, ti guardi attorno come a cercare le cose che hai visto e vissuto nel sogno e ti senti estraneo nel tuo stesso letto.
Ti alzi e passi le mani tra i capelli e in cucina ti accendi la prima sigaretta.
Fuori fa freddo, è notte piena e ti trovi davanti a un caffè a pensare al tuo “ tempo “ quel tempo che senti sempre meno tuo, più appartenente a Chronos.
Pensi al tempo passato e non alle cose che hai fatto, ma a quelle che vuoi o avresti voluto fare, hai bisogno ora più che mai di – verità- e di certezze come i tuoi sentimenti, come il tuo volere vivere, come l’amore che hai per la tua –lei- !
E ti rendi conto che nessuno mai potrà darti ne una ne l’altra, neanche la donna per cui vivi e speri di poterla amare, ma più che altro che lei ti dica il vero dicendoti – ti amo -.
E’ una nostalgia struggente, è un canto malinconico nel silenzio della notte.
L’ Amore che tu dai è un affetto profondo e pieno,troppo complesso per essere definito in maniera esaustiva, a vederlo così è come vedere un bicchiere mezzo vuoto,mezzo pieno!
Non trovi neanche tu le giuste parole in grado di scacciare quei brutti pensieri e fumi la seconda sigaretta.
Questo è accaduto più di una volta, pensando che la boa appena superata per me potrebbe anche essere l’ultima o chi lo sa, mi ha colpito la mia fragilità, la paura di non poter più amare nessuno, ecco questo si! , sì che mi ha fatto paura.
Mentre pian piano là fuori la notte si dinapa, ma no la testa, ingarbugliata nei pensieri che hanno lasciato traccia di se negli occhi.
E penso all’Amore mio raggiunto dopo un viaggio, come un percorso da compiersi per una meta voluta con tutta l’anima; ora ridotto a uno spostamento da un luogo dell’anima a un
-non luogo- eguali in ogni parte del mondo.
L’Amore è un viaggio da compiersi senza volo, ma un viaggio della lentezza… fatto con lentezza in sintonia con ciò che il cuore va suggerendo man mano.
E mi viene voglia di andare a questo amore con un treno di ingenuità prima che si perda qualcosa di bello, intimo e romantico … è come salire su un bus per cercare quel qualcosa che pare sia facile trovare dentro di sé.
L’Amore vissuto come un suggeritore di possibili nuovi itinerari, un suscitatore di desideri, un punto di partenza per sogni e fantasie, un approdo felice dopo le procelle.
Capita a volte nella notte di sognare di andare via assieme a questo amore verso un luogo dell’anima ove rimanerci senza fretta, e senza fretta amarsi con tutto il respiro del cuore per le stagioni a venire, per recuperare un tratto di vita andato perduto in un luogo non luogo!
Amare è come stare su un battello in mezzo a un oceano di emozioni e fantasticare un luogo a cui andare, di mettersi, mentre lo scafo fende le acque, a immaginare che la vita è proprio qui, in noi, dentro noi, assieme a lei, nel moto della lentezza dell’amore!








Cosa c’è meglio di un sì

Di Vincenzo Calafiore
21Febbraio2019Udine

…… e penso a un – sì – un sì
alla dolcezza, alla serenità.
Un – sì- al ti amo, alla vita.
Tutto dipende da te,da con quali
occhi guardi la vita che in qualsiasi
momento può essere onda bastarda
che sommergendoti ti annega, o come
macigno schiacciarti… la vita è
come tu la fai, è come tu la vivi
tutto dipende da te! “
                            Calafiore Vincenzo
Non è facile oggi –vivere- non è facile neanche –amare,o poter amare- perché ad entrambi manca un fondamentale, manca un – sì - !
Manca il –sì- alla vita, all’amore.
Per amare se stessi e la vita ci vuole il coraggio di essere se stessi senza una maschera, senza inganno.
Per meglio amare è necessario avere la capacità di stare soli con se stessi, senza avere bisogno dell’altro per sopravvivere, in caso contrario la percezione della “ mancanza” verrebbe a creare una scelta coatta che verrebbe a determinare una – dipendenza - .
Capita così, o potrebbe capitare che nei periodi o tempi lunghi nei quali non si vive o non si ha una storia d’amore la sensazione di solitudine potrebbe esplodere, talvolta sentirla intollerabile e per sbarazzarsene si fa di tutto per incontrare l’anima gemella.
E’ capitato di vedere una coppia giovane di sposi o di due con una storia d’amore, in pizzeria… sono stati tutto il tempo ognuno appartato nel suo mondo con quel maledettissimo telefonino in mano a scrivere chissà a chi.
Non hanno trovato il piacere ne l’uno ne l’altra di allungare una mano per accarezzare o tenere l’altra, di parlare, di guardarsi negli occhi, di dirsi ti amo o la qualunque cosa.
Hanno pagato ognuno la propria parte e poi via uno distante dall’altra sempre con quel telefono in mano.
Ma questo accade purtroppo nelle coppie di fatto. Purtroppo non esistono più gli –uomini – non quelli che scegliendo una donna con lei parlavano di certezze e di futuro; oggi c’è la cosiddetta – convivenza – è più facile, è più economica.
Più facile perché ci si può mandare –affa- immediatamente.
Economica perché per dirsi ciao non c’è bisogno di un legale, non c’è la necessità della condivisione di un unico conto… meglio conti separati e spartizione delle spese ….
Ma… la notte… se dovesse capitare di – copulare o fare una copulazione – c’è un tariffario, c’è il lasciare il denaro sul comodino… ? Insomma cosa c’è… che cosa porta due alla copulazione? Forse la necessità? Ma se sarà così che bisogno c’è di una vita assieme fatta di estraneità, di divisioni, di contributo, senza amore, senza unione… o è meglio sarebbe una sana solitudine piuttosto che rovinarsi una vita?
Quindi spinti dall’insano impulso ad –accoppiarsi – si finirà per commettere l’errore di scambiare per buono ciò che non è, finendo così in relazioni difficili e infelici, talvolta addirittura mortali o scellerate.
Quindi la colpa è anche della donna che acconsente … per paura della solitudine?
Tuttavia, a volte la paura dell’amore, la fretta di incontrarlo conducono all’errore, paura del sentimento, paura di non trovarlo in tempo, non si sa perché per cosa; più spesso per avere un figlio, altre per accasarsi e fare una vita … diciamo tranquilla e si finisce  per barattare un sogno, una vita, la libertà per una pseudo felicità inesistente.


lunedì 18 febbraio 2019


Quanta paura c’è d’amare

Di Vincenzo Calafiore
19 Febbraio2019Udine


Più invecchio,non so se saggiamente, e più comprendo che oggi c’è molta, di più, molta paura di amare e così tante anime che potrebbero vivere assieme ad altre anime finiscono per non vivere.
Ma accade anche che anime già felicemente sposate si innamorino di altre anime e nonostante le difficoltà, nonostante le distanze a volte, tornano ad amare, ad assaporare il senso della libertà di amare, tornano a vivere serenamente una seconda vita, la vera vita a volte.
Ma l’amore è questo, l’amore di tante facce e tutte per tutti, dello stesso istinto che chiede solamente di poter amare, amare con genuinità, trasparenza, lucentezza, con passione.
E la passione fa paura, molta paura perché a volte la passione rende inermi, arresi nei confronti di qualcuno,qualcuna, che potrebbe tradire o abbandonare.
Le maschere che ci nascondono, la solitudine che ci fa paura….!
Sono e saranno solo i temerari ad amare o meglio a sapere o potere amare; amare semplicemente senza maschere, senza mentimenti!
L’amore è per i coraggiosi, disposti ad affrontare le peggiori tempeste, le sofferenze delle lontananze, delle distanze, pur di assaporare cinque minuti o  quei brevi o lunghi momenti passionali….
L’istinto, privo del coraggio di amare e di desiderare, necessario, per vincere ogni paura e timore, lascia il rapporto sospeso in una sorta di “ limbo”, uno spazio in cui mancano precise definizioni e progettualità condivise: caratteristica che pone fine a ogni cosa e risparmia delle sofferenze inutili.
Così oggi, uomini e donne, liberi e –tolleranti- ( fino a un certo punto) sono tuttavia accomunati dalle stesse problematiche, a vivere con pienezza, con gioia, con sincerità un attaccamento reciproco.
Oggi, di questi tempi, e in quelli che verranno sempre più, con fatica si riuscirà a distinguere un viso da una maschera … le esperienze scivolano via assieme ai ricordi, spinti forse dalla fretta, dalla tendenza a consumare ogni cosa sentimenti compresi in ogni contesto di vita.
La donna sarà ancora oggetto di desiderio, un desiderio carnale, finalizzato in uno squallido rapporto sessuale che alla fine lascerà l’onta dello scoprire d’essere solamente stati usati.
In questa confusione l’amore viene desiderato quando non c’è e rinnegato quando c’è; quindi si corre forse per stare al passo con tutto, ma si finisce per il non saper bene cosa si stia vivendo davvero, autenticamente.
La cosa peggiore forse è il considerare la donna una proprietà da espropriare a piacimento, viene a mancare l’identità personale che finirà per essere determinata dall’esterno; il soggetto viene o verrà considerato per ciò che – sembra- e non per quel che è… sfumano i contorni dell’io e la personalità perde o perderà consistenza e sicurezza.
Si finisce così per indossare  una maschera, quella più piacente, quella più affascinante… ma dietro quella maschera cosa ci sarà? Non certo un uomo o una donna!
Per amare fino in fondo una donna e viceversa, è necessario essere se stessi, senza maschere, e mostrarsi all’altro o all’altra vincendo pudori e insicurezze.
Ma c’è la libertà, la libertà di essere felici e si è felici solamente quando si ha rispetto verso chi si ama davvero, godere fino in fondo ogni attimo questa felicità… le nuvole…. Nuvole di felicità!
Ma se l’adozione di veli rassicuranti appanna l’identità, la paura e l’incertezza finiscono col complicare o escludere l’amore, al punto di non riconoscerlo se attraversa la nostra strada.
Namastè!



venerdì 15 febbraio 2019


Burrasca


Di Vincenzo Calafiore
17Febbraio2019Udine


“ …. Più ti addentri sulla spiaggia
e più senti la voce del mare e rimani lì in silenzio
coi piedi affondati nei ciottoli di ogni colore.
Guardi la risacca come fa a prendersi quei sassi
e facendoli rotolare li porta via, lì fa ritornare
lì posa lì dov’erano nello stesso luogo e posto diverso.
Capisci così che la vita fa alla stessa maniera, solo
che non sai mai in quell’andare e tornare
cosa ostacolerà la tua folle corsa….. “

                                   Vincenzo Calafiore


Di notte, ancora con una sigaretta in mano, a guardare fuori senza alcun interesse tanto è buio, tanto è il cielo spento; sembra di trovarmi su un palcoscenico di un teatro di periferia, un teatro di avanspettacolo, canzoni e balli, scenette di penosa comicità.
Mi invade un maledetto e immenso taciturno, parole asserragliate in bocca e pensieri ancora da farsi.
Penso a quanto è stato rifatto, ai silenzi in cui molto ho soggiornato, e quelle solitudini plasmate sulla pelle come carta marina di rotte segnate ormai quasi dimenticate.
Dinanzi a quel “ nulla “ mi rendo conto di non essere nessuno come individuo, sono solo una delle anime che a milioni sono passate qui, su questa spiaggia che muta e cangia continuamente e non da mai la possibilità di ritornare allo stesso posto.
Penso alle vite perdute, migranti, pellegrini, illegali, soldati, prostitute, contrabbandieri … allora capisco tutte le leggende del mare, sulle voci, le ombre, i morti che ritornano.
Penso a quanto è andato perduto, a quei fari che si sono spenti, alla mia deriva e non so spiegarmi cosa ci sia a fare su questa spiaggia, ma penso anche alle distanze quando non contavano i passi fatti ma i giorni per colmarle e la deriva diventa sempre più lentezza, attesa, immaginazione, sempre più sogno, sempre più mendicante di se stesso alla ricerca della mia barca: il nesso naturale fra il tempo e lo spazio!
Stranamente la mia “ Pegasus “ all’ormeggio non fluttua in una sospensione ma si è adagiata
su un fianco come in attesa di un bravo cartografo che le dia una nuova rotta; sul tavolo il mio “ isolario “ con tutte le rotte segnate negli spazi già attraversati sempre più con ritorni accidentali lo sfoglio come se non appartenesse a me, alla “ Pegasus” e sfogliandolo vedo le cose non come sono oggettivamente ma come le vede chi naviga: la “ Pegasus” !
Non conta più la mia età, ma quanto sia inconfondibile, capace di sapere “ dove sono “!
Com’è buia la mia alba.
Non una luce, niente di niente per tanta notte in solitaria in una morte apparente e avere il coraggio di svegliarsi, levarsi da un controvento, da una terra nera, ecco perché mi dico con affanno: “ mi salva il cielo… la - Pegasus – “
Vorrei essere da un’altra parte sono come un timoniere che viaggia naso per aria, l’orologiaio dell’universo mi dice la strada fra le costellazioni.
Verso Venus l’unica cosa luminosa sono gli incendi di dentro sento l’odore della vita bruciata.
Ardevano e ardono ancora mille fuochi attorno al suo nome, lei così tanto in me, tanto prigioniera di altre mani che non la fanno volare.
E poi ci sono io come Eubea, l’isola che non c’è !
E poi in questo tempo di novilunio …. I roghi di piante resinose sulle barche… falò naviganti per raggiungerla nel suo sognare e sogni da farsi.
Di notte arde anche l’immaginazione, ti porta ancora più lontano da te stesso, in fondo al pensiero di lei di poterla ancora amare chissà per quanto, verso i roghi divini di Zoroastro, i bivacchi dei nomadi come me negli immensi deserti, tra i monti dell’impossibile, dove finirà la mia corsa.   

martedì 12 febbraio 2019


Magari, hai ragione tu

Di Vincenzo Calafiore
13 Febbraio 2019 Udine


……. Come fare a non pensarti
se aprendo gli occhi ogni alba,
sei tu il mio primo pensiero?
Magari, hai ragione Tu, quando
mi dici che il tempo non cancellerà
le nostre impronte …. Ma, vedi, ho paura!
Paura di perderti alla stessa maniera
di un legno lasciato dalla marea che se
lo riprende per portarselo lontano chissà dove. Paura di non poterti più dire: ti amo. Mi sveglia questa paura e nel buio
penso che è quasi vita … si, perché
la vita arriva ed è vita quando al mio lato
ci sei Tu, bella più che mai… ed è vita… “
                            Vincenzo Calafiore


Una volta superate con la “ Pegasus “ , agilmente le colline si profilarono all’orizzonte le mura e le guglie di Averon, la città della – luce – e dei – sogni -! Una lontananza già più volte in passato tentata di superare.
Ed è la prima volta che lascio le mie certezze, anche se poche, per attraversare gli sprazzi di luce degli occhi tuoi, in cui mi sono smarrito.
Ho pensato a quando  farò l’ultimo viaggio con la mia “ Pegasus “ e perderci assieme in un viaggio senza più ritorno, cosa resterà di noi!
Dovrei lasciare qui, nel reale, nella mia quotidianità di semplici cose e di felici sentimenti, un qualcosa che ci faccia entrambi ricordare da chi avrà piacere di venirci a trovare di tanto in tanto in quel tratto di eternità circoscritto e di poco spazio.
Lasciare una frase incisa sulla pietra, una pietra miliare che indichi la distanza tra noi e chi verrà a trovarci…
Ma, questa notte a turbare il mio sonno è stato il mio grande desiderio di incontrare lei, la donna misteriosa che delle mie notti conosce ogni anfratto, lei che si preannuncia come una fortissima luce a cui remando ci vado e col desiderio di rimanerci.
E’ il mio desiderio di perdermi nel suo sguardo, nei suoi occhi, nelle sue tempeste, nel mio desiderio di poterla stringere e trattenerla a me con un bacio da levarle il respiro che mi costringe a salire a bordo della – Pegasus – e raggiungerla.
Ed ora è qui davanti a me “ Averon “, la città della luce e delle spezie, delle essenze e di mercanti; la città a cui vanno  i carovanieri dei sogni … i trasparenti invisibili.
Ho paura e timore di perderla, prima di incontrarla o prima di averle dato un bacio, e questo pensiero mi ha tenuto compagnia per tutto il viaggio … un viaggio lungo un abbraccio.
Lei, sempre più bella, sempre più sogno, è lì, silenziosa, con le sue mani di raso, col suo corpo che sa di sambuco, mi attraversa col suo fare felino e non oppongo resistenza; consciamente come falena mi lascio andare nella sua luce, consciamente e per sempre vorrei restarci.
So di essere – attratto – come mosciamente so che lei sarà il mio ultimo e unico vero viaggio verso la felicità …. Averon!
La città in cui vivrò la mia eternità dopo una vita passata a contrabbandare da un confine all’altro ogni genere di pensiero e di parole, a volte vecchie …. antiche, a volte acerbe come un sogno come un desiderio come un bacio rubato, trafugato alla realtà.
Segmenti di pensiero, di verginale coscienza.. prendo atto e non mi rendo conto di giocare con la matita che va tratteggiando il suo volto sul diario di bordo … il portolano della “ Pegasus” dove più volte incontrandoci abbiamo fatto l’amore.
Stavo incidendo profondamente il foglio di carta in punta di matita, come un bisturi la carne, tutto senza dolore.
Mi guardo attorno, e questo mi rassicura, ogni cosa è al suo posto, tranne la scrivania, una spianata di parole che messe una dietro l’altra, infilate come fossero perle illuminano la notte bella come il suo volto.
Eppure, sono solo! Sin da quando ebbe inizio questo mio viaggio che va lentamente sfumando come le spire di fumo della sigaretta che fumo dietro un vetro di una finestra che guarda nel buio…l’alba è ancora lontana!
Ma è proprio questo, il tempo, lo spazio che intercorre tra un ma e un sì, tra una negazione e una affermazione… ritrovarmi nuovamente qui all’origine dell’alba che ancora Cassiopea deve generare.
Sì…. Cassiopea, la mia donna serena, la mia ultima stagione al termine, il mio mare in cui ancora mi sperdo e ricomincio ogni volta a nuotare verso la riva… la sua riva.
Cassiopea che sa come stringermi con le sue braccia esili e forti, col suo fare malizioso, col suo sorriso, col suo essere eterno scricciolo in cuor mio!
Ti Amo.





giovedì 7 febbraio 2019



Perché non Amarti
( Tratto da Blu Oltremare)



Di Vincenzo Calafiore
08 Febbraio2019 Udine

“ …. forse quel momento tanto temuto è giunto e faccio finta di non sentirlo, né chiedo conferma perché già mi sento messo da parte come un qualcosa che c’è e non serve più.
E’ quel momento, a cui destinato, nel tempo temuto e tenuto in un angolo buio e ora è qui come un portale che si chiude definitivamente.”
                                               Vincenzo Calafiore                                                                                                                                                                 

Tanto più invecchio, tanto più mi sembrano stupide quelle piccole soddisfazioni che la vita elargisce e tanto più capisco dove andare a cercare la vita.
Io lo so che “ essere amati non è niente” come so che – amare –  è tutto, ma proprio tutto.
Così sempre più cerco di capire ciò che da valore e piacere alla nostra esistenza altro non è che la nostra capacità di amare, sentire, sapere ascoltare il silenzio che è dentro e fuori di noi e scoprire così che la felicità è dove noi siamo o semplicemente laddove vorremmo essere per sempre, un sempre di emozioni diverse, di passioni, di un sentire dentro l’altra vita per un insieme fatto di unicità, per un –amare – senza reticoli e recinzioni.
Amare è donazione, è condivisione, è scoprire la “Bellezza” di un creato che da felicità,
e la felicità è là dove gli occhi si incontrano chinati alla bellezza dell’amarsi senza perché, senza come, senza violenza alcuna.
La felicità altro non è che Amore.
Amare, desiderare, non sono la stessa cosa. L’Amore è desiderio che si è fatto saggio invecchiando; l’Amore non chiede nulla, non vuole avere nulla, ma vuole soltanto dare.
E Tu sei l’Amore!
Sai cosa c’è di bello quando si ama? Le impronte, che si lasciano e restano là fisse nel cuore. E domani, guardando in dietro le troveremo nuovamente sempre lì, sempre belle come un segno nel cuore, nell’anima, un segno che porta all’eternità.
Con te sentii la necessità di essere mare. Tu tieni tutto dentro, come un’appartenenza, e ti appartengo, io di troppe parole lasciate a un foglio, anche di troppe parole, per nascondere la timidezza che ho addosso; come ti guardo io non ti ha mai guardata nessun altro.
Io parlo poco, me lo dicono ancora tutti. Non mi
sono mai speso in troppe parole, per me hanno sempre parlato gli occhi. Avrei dovuto dirtelo che non mi sono innamorato mai, perché eri Tu quella che ho sempre cercato. Mai, te lo giuro, e tu mi potrai credere quando mi guarderai negli occhi …. te lo giuro! Non è stato così facile conquistare il tuo cuore.  Ho dovuto portarti ad amarmi un po’ alla volta, rimanere sempre un passo in dietro, perché nessuno mai ti aveva fatto conoscere l’amore, e sono rimasto lì come solo un sognatore sa fare, senza nulla chiedere in cambio. E penso al mio mare di dentro, di notte, non c’è nessuno oltre te e desidero solo che rimanere lì da solo in silenzio ad ascoltare il frangersi delle tue labbra  sulle mie come fosse carezza di mani, di anima tanto ti desidero. E’ in quel silenzio che mi ritrovo a immaginarti e sento il peso del distacco che mi fa male e allora ricorro alla lettura, mi lascio portare via dalla notte con tutta la mia poesia, con tutto il mio volerti. Perché mai non dovrei amarti?,  e se non ci sei è come se i giorni si cancellassero senza tornare a nuova vita.





lunedì 4 febbraio 2019


Ti Amo, non ti scordar di me

Di Vincenzo Calafiore
05 Febbraio 2019 Udine


“…… i baci, lo sai? Sono parole:
sono le mie parole d’amore e sanno
dire tutto quello che non son capace di dirti.
I baci sono gli occhi tuoi, quelli del mattino
caldi come il sole quando si allunga e ti raggiunge
agli occhi….. così i baci! “
                                         Vincenzo Calafiore


Sai cosa mi ha fatto innamorare di te, Blanca? Il mare che hai negli occhi!
Io l’ho guardato e mi sono accorto, di quanto rumore faccia, di come si avvicina alla riva, di come è vita.
Ma se non lo sai guardare bene quel mare negli occhi, non ti accorgi di nulla, nemmeno di quanto infinito sia e quanto quell’infinito diviene fragore, a volte un dolce suono, a volte un urlo sordo che lacera l’anima. Quel mare una volta che l’hai visto, non lo dimenticherai mai più, né lo si può levare dalla mente … è un mare che brucia nella notte, arde nel buio … e tutto è infinito, è amore.
Quel mare che hai negli occhi, non ha strade, né spiegazioni, eppure lo stesso riconduce a te, lo stesso fa capire quanto profondo sia negli occhi …
Ecco, Blanca! Per questo mi sono innamorato di te.
Non ricordo più da quanto ti amo, e so che sono come un uomo che avendo passato tutta la sua vita sul mare non saprebbe vivere sulla terra; questo è accaduto, ti amo e ti ho amato tanto che non sarei capace di vivere senza te.
Come non saprei più vivere senza il tuo muoverti sempre, del tuo calmarti, cambiare colore, direzione, approdo, complice, complice del mio essere inquieto … ma non ho mai avuto paura di amarti, di perderti sì! , e in questo caso non avere sufficienti ragioni per rimanere a terra.
Blanca! Tu sei mare per me, lo eri già e lo sei ancora, ma tu mia dolce e cruenta Blanca, sei anche una delle mie pagine più seduttiva, la pagina bianca che non ho ancora scritto, sei quel mio sogno realizzato a metà, la mia fuga, la mia assenza, il mio inizio che non è mai cominciato.
E io lo sentii il tuo mare e sapevo che non poteva essere diversamente l’accordo tra me e il tuo mare, è come se mi avesse sempre avuto, ho sentito il suo fragore, il fragore delle onde che si frangevano sulla mia anima ecco perché ti amo, Blanca.
Così mi ritrovo ad amarti come il mare ama la riva: dolcemente e furiosamente!
Blanca è così dolce amarti, poterti amare.
Abbiamo perso tanti tramonti, io e te su strade diverse, ma ora adesso, non perdiamoci nessun tramonto, poiché nessuno mai potrà dividere le nostre mani intrecciate in questa notte vestita d’azzurro che cade sul nostro mondo.
Quel giorno che ti dissi – t’amo- il sole stava tramontando, rosso Pompei al tramonto; la tua immagine mi ricordò che il tempo è breve, non c’è più tempo … devo, ho bisogno di amarti Blanca! E’ emozione il tramonto negli occhi tuoi, intrigante che sia, ma ancor più mi emoziona, quel rosso disperato che colora gli occhi miei ove il mistero del nostro amore si inabissa. Amo quella luce bella e diversa, illusione di uno spazio arbitrario ove risiedo, timore d’una distanza che a un tratto svanisce, quando ne percepisci il significato del sogno, quando scopriamo di sognare con quel – ti amo – che ci diciamo!




 







Dolce e cruenta

Di Vincenzo Calafiore
03 Febbraio 2019 Udine

mi ricordo perfettamente tutto ogni millimetro della tua pelle
ricordo perfettamente il velluto che hanno le tue labbra, e so che da qualche parte in quell’altro mondo ci incontreremo tutte le notti, mentre di giorno si va alla battaglia tra morte e scomparsi,
tra gli indignati e mendicanti d’ogni cosa. Blanca! Voglio, vorrei ancora amarti! “    Vincenzo Calafiore

Se Tu Margaret dovresti chiedermi cos’è la felicità, io non saprei che risponderti.
Ma se la felicità anche di poche o quasi niente cose è lo svegliarsi al mattino e rivolgerti il primo pensiero, se è quell’accontentarsi anche solo di vedere gli occhi tuoi, se è quel dolore muto che rimane dentro e scardina ogni cosa, bè, se la felicità è questa, io le ho tutte dentro di me e potrei risponderti che questa è felicità.
Il tempo che non ho più.
Quella mattina mi svegliai tardi, il sole ormai aveva già superato la soglia e s’era affacciato alto nel cielo sopra il mare; quel mare che abbiamo sognato di attraversare è lontano, molto lontano per poterlo ascoltare.
Male dappertutto forse per le tensioni della notte passata in bianco, immerso nella notte di un altro mondo, a pensare nella notte di quell’altro mondo e la tua voce irreale, lontana e irreale.
Notti bianche per te… vorrei chiamarti Blanca!
Sforzi di concentrazione, gesti quasi meccanici per cercare di essere e rimanere “ qui “!
“ Cavolo…. Enzo hai la testa sempre tra le nuvole …. Ogni tanto potresti anche esserci… atterrare tra noi mortali… rimanere con noi all’inferno della quotidianità… “
Sai, Blanca ?
Il mio corpo non sta tra le nuvole, sente il desiderio di te, del tuo corpo… come la doccia mattutina… non badarci !
Oggi non sono io, non so neppure dove io sia, ricordo poco di me, io che mi portavo sempre dietro la mia faccia semplice, quella mia faccia di buono, oggi la getterei in quel vuoto esistenziale che mi attanaglia a una sedia a pensare mentre leggo un buon libro.
Guardo la figura allo specchio, è uno sguardo neutro, affondo le mani nella mia coscienza… poco a poco sciolgo i nodi e la diffidenza mia verso il mondo che mi aspetta e la mia sorpresa nello scoprirmi capace ancora di amare, di amarti Blanca!
Guardo verso il vuoto e vorrei andare dove sei tu, mi fa sentire invalido l’impossibilità, mi fa sentire invalido la tua assenza.
Strana questa mia arresa, strano questo mio sentirmi invalido.
Vita … che te ne vai ! Ecco, era questo che non capivo, che non ho ancora capito, che non trovo in questo giorno e l’ho trascritto prima che il mio cervello si trasformi in un indecifrabile anomalo cruciverba.
Mi ricordo però gli spazi esatti tra parola e parola, senza possibilità di approssimazione o vie di fuga; l’amore o l’amare necessita di certezze e tu sei sempre più una magia a cui andare.
Sono come la verbena!
A volte una parola rimane vuota: ti Amo! Non me la ricordo così grande, così importante… e cerco qualcosa di te, Blanca, una cosa qualsiasi.
Ho solo una tua foto. La cerco tra i libri di poesia, trovo un foglietto scritto con una stilografica in rosso …. Vado alla scrivania in cerca degli occhiali e avvicino il foglietto al naso:
   …….  Dopo aver lasciato macerare la notte su di me …… “ una vecchia poesia che mi ha fatto viaggiare in un altro altrove.
Ormai non vado più da nessuna parte, Blanca!
Non ho nessuno interesse là fuori, oltre i vetri, oltre gli orizzonti.
Il tuo – sì – è una speranza, è come una firma!
No ho firma, non ho speranza.
Posso solo viaggiare con la mia “ Pegasus “.
Torno ai miei occhi, tutto arriva lì. Ricettacolo del divenire, i miei occhi mendicanti, assetati di vita e di memoria, attraverso le loro cavità.
Tu, Blanca sempre più distante!
Allora ricorro alla musica: Schubert, Mahler, Rossini, Verdi… se riesco a tenere a bada i ricordi, riesco ad alleviare queste ore morte, magari mi daranno quelle noti un po’ di vita.
Il desiderio di Te, Blanca, del tuo corpo è talmente bruciante che non riesco ad ascoltarla; all’inizio fa male, poi arriva il piacere di sentirti addosso, sentire le tue mani, le tue labbra… ti vedo ed è dolce morire tra le tue braccia, ed è salvezza!