lunedì 9 dicembre 2019


CALAFIORE

A poco a poco, te ne vai !
10 Dicembre 2019 Udine

Sei bellissima Vita, te l’ho mai detto?
Ma si, che te l’ho detto, anche nella maniera più strana, come quando ti guardo a lungo e non ho più memoria, alla fine, sai… le parole a che servono?
L’amore toglie il respiro, le parole.
Vita, lo so di non essere perfetto, ma ai tuoi occhi lo vorrei essere, senza vergogna, essere così come sono; a volte ho paura di non essere capace di viverti, di non riuscire a cogliere i tuoi dettagli , ai tuoi occhi come un bambino con la paura di perderti.
Dettagli che ricordo come quando tra le tue braccia mi fai morire.
Tu non lasciarmi andare via,
Tu resta, resta con me anche quando fuggo, raggiungimi, stringimi a te quando ho freddo, quando ho paura, quando non lo merito, resta!
Conoscimi, impara a conoscermi come io conosco te!
Vita, amami! Come io ho amato te, e ancora adesso più che mai in questo tempo in cui non mi trovo, non mi trovi; io ti amo sin dal mio primo respiro, mi sono innamorato di te e di quanto ho visto nei tuoi occhi.
Vita, sei bellissima! Bellissima quando arrivi in un sorriso, in una cortesia, bellissima quando te ne vai, mentre io non vado da nessuna parte.
Sei l’unica scelta che io abbia voluto fare … io ti amo!
Ti amo col tempo che mi rubi,
per le gioie mancate,
per la felicità negata,
per l’amore che ti ho donato mille volte nel frattempo di un’assenza!
A poco a poco te ne vai!
Ho imparato presto a camminare da solo, ho imparato a stare con te e ora lasciami il tempo di ritrovarti, di desiderarti ancora, di vivere, di esplorarti, conoscerti dentro con tutti i tuoi demoni, con tutte le miseri, ma anche la bellezza, le bellezze che mi dai quando ti respiro, ti modello con le mie mani, ti do lo stesso tempo mio, non correre, fermati e ascoltami.
Rimani con me, resta con me, non per solitudine, non per avere qualcuno da accompagnare alla sua fine, perché noi finiremo assieme come una candela.
Prendi le mie mani, prendiamoci per mano e andiamo, andiamo via da questo tempo, dalle certezze, dalle concretezze; lascia che mi presenti a te con le mani vuote di armi, con la mia esistenza, perché io e te esistiamo, esisteremo ovunque.
Io ti ho amato anche nei tempi quando ero invisibile ai tuoi occhi,
quando ti ho attesa,
quando ho dimenticato di dirti che sei bella!
Amarti è inevitabile, una cosa che non posso smettere di fare fino alla mia ultima boa.
E ti amo anche quando vai via e mi si gela il cuore.
Perché mi lasci morire invece di farmi vivere.
Ci vuole coraggio per restare in questo assurdo, il coraggio di colui che capisce che sta perdendo tutto.
Amo le mie notti passate a guardare il tuo letto trapuntato di stelle, a sentire la magia, la follia, la fantasia che in suscita quel desiderio di rimanerti accanto.
Non ho più bisogno di capire, l’amore per te non si capisce, perché l’amore nonostante tutto è qualcosa, qualsiasi cosa che si anima e prende il volo, come lo sguardo, come un bacio,una carezza, un cenno, un sì.
L’amore c’è anche quando non c’è!
Ho capito di amarti quando stavo già amandoti ed era il mio primo respiro.





mercoledì 4 dicembre 2019


Notte dolce e cruenta
Vincenzo Calafiore
5 Dicembre 2019 Udine


Succede di notte, in mare aperto, a Sud di Orione.
La barca ha un brivido forte, lungo tutta la carena, giunge forte uno strattone alla barra, si mette di lato e i remi si piegano, si svuotano di mare.
Non è solo un cambio di rotta è molto di più.
Il sogno perde la sua vita!
Il cielo improvvisamente si svuota di stelle, il mare diventa – bastardo – la “ Pegasus” sbanda come un’ubriaca, dieci gradi a Est, dieci fusi orari che allontanano da un mondo tanto amato e sognato, che all’improvviso piombano addosso come un’onda alta e distruttiva.
Notte liscia e silenziosa incinta di sogni, lasci sospesi filamenti di veleno che lentamente uccidono.
Come fai a rimanermi lontana?
Come fai a rimanere in mezzo a schermaglie e menzogne in quel mondo senza più senso; meglio andar via invece, come succede alle persone con una storia d’amore finita da tempo.
Ma come è vero, i legami non finiscono mai…. come il tuo, che neghi e rifiuti e l’hai come prima, come sempre tra stelle prezzolate e beffarde.
Eri distesa sul letto nella tua stanza … i raggi del sole entravano intensi, in quel lato della casa, mi hai guardato con i tuoi occhi sfuggenti.
E’ una leggera tristezza, quella che ho addosso ed è quella che rimane quando muore un sogno, o dopo un sogno così.
La tristezza di una realtà tenuta lontana, temuta per i suoi veleni leggeri e dolciastri che in un lento giro di giostra uccidono; temuta per i suoi mostri che essa ha in se nelle mie notti lisce e silenziose, vuote di parole.
Sai cosa è la morte? Non conosci la morte di chi rimane in attesa che si realizzi il suo sogno..
Guardo la notte, stravolto dalla furia, stringo i pugni e mi ci scaglio contro, colpendola più volte.
La colpisco forte, non riesco a fermarmi, sono fuori di me … i tratti del mio viso si contraggono prima per la sorpresa, poi per il dolore. Mi prende per le braccia con le sue mani esperte e mi stringe a sé. Il sogno va avanti, facendomi perdere il senso stesso della vita.
Mi par di sentire una mano che mi accarezza la testa, i capelli … Da tanto non sentivo la mano di una donna sulla testa, amore e dolcezza in questa mano, in questo petto sul quale ora rimango, conosco bene questo incavo tra spalla e petto, il sogno si è materializzato, finalmente sono nell’unico posto al mondo dove stare e rimanere, mi stringo a questo corpo, mi ci appoggio e sono sereno.
Tra le sue braccia ho sempre trovato l’amore, tra queste braccia!
Ma la notte è un inganno.
Mi sento umiliato e piango da sciogliermi, ma ogni silenzio che vivo è brutto, ogni silenzio è rotto da un altro sogno che arriva, e non è quello che da tempo attendo; è un pensiero che mi lascia al buio.
Forse la mia senilità è una follia in cui deliro pensando, vaneggio, alla deriva, la mia vita per un no a parlare alla mia memoria, mi arrendo sconfitto.
Sparisce nuovamente il mio sogno e torno in fondo allo specchio da cui la magia di un amore mi fece uscire.
Prendo una parola, che un tempo pronunciavo, quando ero ancora tra le sue braccia, la prendo e lei non sfugge, ritorna, non mi si stacca di dosso, quel mio – ti amo -, mi vuole strangolare,
il suo nome è: Assenza!
Io vivo nella mia stessa assenza, assenza che è solo mia, semplicemente soffro.
Mi ronzano in testa le ultime speranze. Precarie, frammentarie, coagulate. Vorrei afferrarmi a loro, sono le ultime, lo so. Non posso neppure plasmarle, non sono più di questo mondo!
Avevo sempre creduto che saremmo stati assieme e insieme avremmo forse cominciato ad avere paura.
Oggi mi chiedo solo quanto abbiamo perso, non vinto, anche se non ho ancora capito bene in che cosa consista la nostra lontananza, il nostro distacco, le speranze vane.
Me lo chiedo e le risposte sono appannate, come i giorni miei nelle squallide solitudini.


Sai… a volte la vita….


Di Vincenzo Calafiore
3 Dicembre 2019 Udine

“ … se dovessi chiedermi se sono felice
mi risponderei: più o meno, forse,
non lo sono, non comprendo il senso della
tua domanda.. Risposte vaghe come lo
è la mia vita che ogni giorno si rappresenta
in uno scenario dallo stesso fondale: più o meno! “
         Vincenzo Calafiore

I tuoi occhi erano così profondi, così belli, non puoi immaginare quanta bellezza c’era dentro i tuoi occhi.
Quella sera ti eri vestita e truccata così bella, come una Juliette Greco degli anni novanta … ma te li ricordi gli anni novanta? Apparivi così austera, alta, gli occhi evidenziati da un filo di matita, i tuoi capelli raccolti dietro la nuca da un filo d’argento, così attorno al collo esile, collo da cigno.
Entrasti in scena per riprenderti la vita che da tempo t’era sfuggita di mano, all’alba nella tua innocenza, bella, perduta, pensai guardandoti che ti saresti spezzata tanto eri gracile.
Rimanesti ferma in mezzo alla stanza, sola come non lo eri mai stata nella tua vita, non sapevi in quale cuore andare, adagiarti , e lasciarti prendere dalle emozioni.
Ma l’emozione ti assaliva sempre più, e il tuo viso si illuminò.
Le tue radici non erano più in te, né nelle tue vene, né nelle tue arterie, eri emozionata!
Arrivasti a me affamata e mutilata…. Io ti rivedo mentre ti passi la punta della lingua sulle labbra, fissando incantata le mie.
Qui non c’è più posto per i sogni, c’è la certezza dell’assenza dei sogni, in questa falsa pienezza, ma in questa tua terra ci sono io, ricordi?
Vieni via con me?
Allungasti le mani, le presi tra le mie una alla volta, non c’era solo la tua solitudine…
Se tu ti fossi vista, amore mio, almeno per una volta avresti creduto all’amore, all’emozione.
Tutta in nero nella tua bellezza, eri apparsa dagli abissi stessi della tua esistenza come una visione che scatenò in me quel desiderio di fare l’amore, l’unico appiglio alla mia speranza che sempre più si assottiglia.
Quella notte di fuoco! La tua intensità mi fece morire, il tuo desiderio mi fece uomo, quanto liquido fluì dal tuo corpo quella notte, come rugiada lo imperlinò.  
Diluita e sciolta tra le mie braccia, lentamente quella delizia si impadronì delle mie labbra, rimase lì, scese in gola mi invase avidamente, è così che ti amo!
Una voglia pazza di viverla la vita, di viverti, per un sempre in fondo all’anima.
Una voglia irrefrenabile delle tue labbra…
Chissà perché viene voglia di amare, di amarti? Sarà perché conosciamo le percezioni, tutte le percezioni dell’uno, dell’altra e vale la pena di provare a vivere ogni volta sempre più tra le braccia perduti in un lungo bacio.
Ma la verità è che è  tutto un sogno, che mai più forse si realizzerà; come so che mai è tutto nero o tutto bianco.
Se tu solo avessi provato ad amarmi ancora, eri così indifesa quella notte, avrei potuto fare di te quello che volevo, ma è un grande amore, non una mattanza di sesso.
Quella notte ci siamo promessi l’amore per sempre, non riuscivamo a staccarci … come la luna dal mare!
Seduto davanti alla grande finestra, io fisso il mare che non c’è, rimuginando le cose che un sogno ha lasciato.
Penso alle mie stagioni che non ci sono più, all’amore che non c’è più, perduto nelle noti che si librano nell’aria, riempiono d’atmosfera la mia solitudine. E’ Giuseppe Verdi.
Mi prendo la testa tra le mani, mentre il desiderio di lei mi strazia il cuore.
Guardo l’immagine riflessa , stravolto dal desiderio allungo le braccia… c’è solo il vuoto!


Di tante mani

Di Vincenzo Calafiore
26 Novembre2019 Udine

 “ Nel silenzio brulicante di curiosa attesa, due giorni da dimenticare. Come soldato  eseguo gli ordini in un immaginario, rigido e freddo, io e la mia dignità di uomo!, entrambe salgono sul loro piedistallo e attendono immobili che accada ciò che da tempo ormai era nell’aria. 
Ma come fai tu Vita a nascondere l’amore in ogni tuo abbraccio? “
                                   Vincenzo Calafiore

La domanda è: è più facile rimanere o lasciare tutto e ritirarsi in esilio?
Scrivere è rappresentare o manifestare ciò che risiede nel cuore, nell’anima, non è uno specchio, il rispecchiamento delle convinzioni, delle consuetudinarie parole come ti amo, ma è un pugnale di ghiaccio che scuoia l’anima, scandisce i suoi ritmi, dilania il cuore assiso al centro di una barbarie comune che distrugge i sentimenti.
Leggere è ormai un qualcosa di estraneo, un atto leggero. E l’autore? Che fine fa l’autore?
Lui scrive ed è un incendiare il tempo e lo spazio ma è anche un rischio… ma cosa vedono i lettori quando entrano o entreranno nella inquietante e assurda intimità con l’autore, fin al punto di avvertire il suo respirare, la mano che calcare il foglio…. Cominciano a sentire gli occhi riempirsi di spazio.
Ogni giorno sono testimone della “ipocrita” rappresentazione di un se stessi ed è nauseante; è un vivere senza coraggio, da vigliacchi, sopportare la visione di come e con quanta facilità si dimentica o si scarta ( perché non si va più bene ). Ogni giorno assisto all’esodo dei pensieri, l’inabissarsi in un mare di solitudine la coscienza.
Di questo avrei dovuto parlare? Ma è di questo che io sono in grado di parlare: dell’andarsene in esilio che piuttosto rimanere muto spettatore di una fine annunciata.
E’ di una “coscienza prostituta, di tante mani “ che si tratta.
E’ dei tanti “ Olocausti invisibili “ che si tratta e del tacitar di una morale indegna.
E’ della scrittura, la mia scrittura che è un dovere e una colpa allo stesso tempo. L’esprimere le orribili e contraddittorie manifestazioni dell’anima non è possibile accettare e rimanere inermi dinanzi a un mondo in decomposizione, esprimere il caos in cui ci si batte senza nulla fare, facendo finta che tutto va bene, che altrimenti rimarrebbero inspiegabili in silenzio e che invece occorrerebbe parlarne.
Amore e Vita sono strettamente connesse. E’ un concetto, ineccepibile, ha a che vedere con il contraddittorio.
Oggi c’è il “ teatrino dell’amore “ ! E’ così? Cosa resta dell’Amore e della Vita?
Credo che chi scrive oltre alle responsabilità non abbia una vita facile se si scrive di verità, ma la maggior parte punta sull’intrattenimento, vivono e si nutrono di pubblicità, notorietà, successo…. Ma dell’oscurità di una poesia, di un sentimento che muovono distanze e estraneità; la poesia che accomuna, che fa bene al cuore e all’anima dov’è?
Quindi l’atto della scrittura e di pensiero, cioè l’uomo che abita nelle parole, silenzio-espatrio-spaesamento- estraneità…. Sembra che scrivendo in realtà si faccia scempio di se stesso per dare un segnale, per lasciare traccia di se, del suo passaggio, del suo essere. A me pare che lo scrittore  attraversi territori in cui abitano silenzio, perturbamento, espatrio, estraneità. Mi pare anche che lo scrittore si facciano testimoni e narratori di questo viaggio. E per essere testimoni e narratori è necessario resistere al disgregamento.
parla di migranti, di muri, di morti. Eppure, l’atto letterario, pur pregno di verità esistenziale  non Lei, la vita, passa da una dimensione, per così dire, etica ed estetica a una dimensione politica quando  sembra incidere sulla Storia dell’umanità. Siamo ceduti, dunque, al fallimento? Con un rimpianto senza fine. Esiliato dall'anima tua, esiliato da tutte le dolci cose che conoscevo in te, che m'eri il fiore di questo tronco guasto. Tu, che m'eri il fiore di questo tronco guasto. È questo il prezzo che io devo pagare per questa mia natura dannata. Per questa indole autodistruttiva. Per questa mia smania di punirmi. Per questa mia malattia. È questo il prezzo. Questa immensa sofferenza. È questo il prezzo. Questo vuoto che mi divora, che mi riduce in brandelli. È questo il prezzo?  Ecco perché è meglio ritirarsi in esilio!







Mai più
( da Blu Oltremare )
Di Vincenzo Calafiore
25 Novembre 2019 Udine

“ E c'è un vuoto che mi assale
che non so colmare.
È che c'è tanto amore da dare,
ma di un solo amore voglio parlare…..
( Blu Oltremare) Vincenzo Calafiore

Ormai è così, succede ogni notte a un certo punto arriva lo stesso “ pensiero” che come un colpo forte di vento spazza via il sonno; così mi ritrovo alla mia scrivania a scrivere, a raccontare cose che ormai hanno senso solo come fine a se stesso: la narrazione!
Ma quello, cioè quel “ mare di dentro in burrasca “ non importa a nessuno, o meglio non servono a niente poiché è venuto meno il significato, il senso.
Più rimango affacciato a questo “ mare di dentro “ e più comprendo il linguaggio, e la maniera di fare della solitudine; che sa più di abbandono, di lascito.
Mi tornano in mente certe parole, certi giorni, i momenti che ahimè fanno parte di un vissuto indimenticabile; immancabilmente nasce una sorta di confronto con l’odierno e mi accorgo o meglio mi rendo conto della mia stupidità, perché solo uno stupido può ancora credere che l’esistenza la si potesse o si può renderla vera, autentica, plasmandola di verità e di certezze, ma anche di sogni, di amore e invece non è affatto così, la realtà è ben diversa.
Forse o sicuramente scrutando e leggendo il silenzio, si capisce o si percepisce, che in realtà cose come la dolcezza, l’amore, non servono, quel che servono invece sono a essere: quel continuo recitare e la finzione scenica e rappresentativa di un qualcosa lontanamente simile all’amore.
L’Amore, o l’Amare sono un’altra cosa è, l’essere legati da un qualcosa di meravigliosamente sottile, invisibile, un qualcosa che nessun silenzio mai riuscirà a rompere; è un rimanere dentro, mai per convenienza, ma solamente perché è o era solo che amare.
Io sarò per sempre, un sempre!
Finché alla fine in quel mio e solo mio – sogno – io bacerò il tuo cuore, perché ti voglio e morderò la tua pelle e con il cuore sulle mie labbra sarai mia, per sempre, guardami sono io! Chi mai potrà cancellare – l’istante di un sì - l’istante che accade, la mia anima senza più età, le tue mani che vorrei, i tuoi occhi che non ci saranno più, guardami sono io!
Sono qui oggi come ieri, come domani, in compagnia di quanto è andato perduto, perché il cuore riporta indietro, l’amore riporta indietro, l’amare riporta indietro … eppure c’era un tempo, c’è stato un tempo quando non conoscevo il dolore, quando credevo che un per sempre sarebbe rimasto per sempre, che tutto sarebbe rimasto lo stesso.
Ma ora il mio cuore si sente perduto in una solitudine indescrivibile, perché ormai sono già ieri.
E’ come se non ci fossi più, come chi se n’è andato, a chi sta andando via lentamente per non tornare più.
Vorrei non farmi più domande, di cui conosco le risposte, inseparabili e distanti.
Vorrei che non ci fossero più quei pensieri … cosa starà facendo, dove sarà, con chi sarà, perché tace, perché non scrive, perché non c’è?
Eppure c’era un sogno! Un sogno da realizzare.
Non hai saputo e mai saprai che c’era un sogno, un sogno da difendere, da custodire, e invece siamo sconosciuti anche a noi stessi.
Magari un giorno, chissà, ci incontreremo, e con lo stesso imbarazzo forse ci saluteremo; mi dirai di te e io ti ascolterò come sempre.
Ti racconterò della mia vita, e che il viaggio che avevamo in programma di fare assieme, sono riuscito a farlo. Mi dirai che non sono cambiato in niente; ho sempre quella faccia buffa, sempre i miei vizi che  hai cercato di togliermi e che nonostante gli anni continuo a trovarmi incasinato con quei miei stessi pensieri, che tu poi hai capito che erano bellissimi. Capiremo, guardandoci negli occhi, che è tutto passato, e che senza nessun rimorso continueremo la nostra vita.
Nello stesso distacco, nello stesso silenzio.

mercoledì 20 novembre 2019



Come fosse autunno

Di Vincenzo Calafiore
21Novembre2019 Udine

“ … che dire, quello non era da dire
lo hai detto, ed è un precipitare
all’indietro nel tempo repentinamente.
Sono andati perduti i valori,
le essenzialità, forse le esistenze stesse..
con quello scrivere freddo, deciso! “
      Vincenzo Calafiore

E’ difficile dare un titolo a quanto segue, è l’immaginario di una finestra che si chiude, ognuno lo darà da se. E’ sovente, accade e accadrà sempre, poiché a un certo momento chissà perché una “ finestra” si chiude,e l’incanto  della nostra vita svanisce in un crepuscolo di foglie …. come le foglie…. Come fosse un autunno inoltrato. Ma la domanda è: dov’è il confine tra un sì e un no? Una buona occasione per parlare di un evento: la fine di un amore. Parliamone, non come al solito il – mi piace- esprimetevi.


Quando ti ho conosciuta non sapevo cosa saremmo diventati. 
Non sapevo di certo  in cosa l'amore poi ci avrebbe trasformato.
E Dio sa quanto non sapevo che tu saresti stata per me l'amore che non avrei mai immaginato di avere.
Eppure ti ho amata e ancora adesso … ignaro di quanto forte fosse, lo è ancora e mi toglie il fiato… l’Amore questo lo fa solo se si ama davvero e questo in me accade ogni qualvolta che arrivo lì, alla soglia dell’attesa!
Ho lottato per averti, come ho lottato contro le paure che mi portavo dentro, come quella di perderti, ed è accaduto ugualmente.  Forse non ero altro che sogno  e come un sogno sono svanito in un mattino.
Dirti ti amo è stato e lo è ancora la cosa più bella che il cuore possa suggerire ogni mattino, ogni attimo del giorno!
Diventare tuo è un premio, che la vita concede forse solamente una volta!  E’ come ricevere il dono più bello mai richiesto e ricevuto. Non era previsto che tu mi donassi vita, e vita è ! Le cose belle non sono mai previste, ne prevedibili, e tu sei la cosa più bella!
L’amore, dicono, sia il vedere bellissimo tutto, a volte anche il peggio. Ma potrebbe anche essere l’imparare  ad amare gli errori, i difetti, le brutture, i guai dell’uno e dell’altra.
Quando ti ho conosciuta non sapevo, tu mi hai insegnato ad amarti, a poterti amare, lasciandoti la libertà di sbagliare, di provare a volare, di camminare, di fare, di amare a modo tuo, senza cambiarti.
Lasciare al cuore e alle mani di tracciare la via, il sentiero per raggiungerci, magari su una riva, o camminare con le mani intrecciate in un abbraccio. O attendere, attenderti, sperare in un altro si!
Quando ti ho conosciuta, sapevo che ti facevi bella per me, era un qualcosa di tuo  che mi donavi.
Ti dicevo “sei bellissima” e lo eri, lo sei ancora, ed è rimasto inciso nel cuore, così come ogni mio
 “ti amo” un tratto di strada aggiunto agli altri … come un viale fiorito.
Quando ti ho conosciuta non sapevo che amarti mi avrebbe svuotato e riempito di tutto e che stare nudi significava sentirsi amati così come si è, senza finzioni, senza paure.
Ma amare, fare l’amore  non è solo il denudarsi, ma è quel rimanere  nudi tra le braccia, è pelle con pelle, mani che si cercano e si toccano,  di cuori che si ascoltano,  di senza barriere, senza riserve: nudi come le anime.
Tu l’hai presa. Te l’ho data, la mia anima …. Il mio essere.
E io ti ringrazierò sempre, di tutte le paure che mi hai fatto prendere , per le mie insicurezze che mi hai curato, per tutte le ferite ancora aperte che hai curato, del mio lasciarmi essere così come sono. Grazie.Quando ti ho conosciuta non sapevo che l’amore fosse un dono divino, ma il vero miracolo amore mio sei tu. Amare è : mai addio, mai fine, è un per sempre. Ma è anche litigare e allontanarsi per poter tornare, è desiderare, restare, tornare, è amarsi in ogni stanza.
E’ porsi delle domande, avere paura, soffrire e piangere, dirsi addio e subito ritornare sui propri passi per continuare, avere sempre voglia di amarti sempre più con amore, sempre più per un per sempre!
Ecco perché devi restare, devo restare!



lunedì 18 novembre 2019


Vivere di sogni che non ci sono

Di Vincenzo Calafiore
19 Novembre 2019  Oltre

  …. e cosa sarò per te
oltre le carezze, i baci, le tenerezze,
i sorrisi … cosa sono stato io per te?
Ti ho incontrata per caso in un sogno! “
                 Vincenzo Calafiore
E’ sempre più uno sprofondare in una  certa lontananza dalla quale non c’è possibilità di ritorno.
Così è un rimanere in un limbo che dilata i tempi di un’esistenza opacizzata, dove si consuma il tempo nell’attesa di un qualcosa che non giungerà mai.
E’ il tempo del chiedersi e non ci sono risposte!
Chissà cosa potremmo ancora dirci io e te in fondo a questa pioggia, mentre tutto intorno è ombra dove sono stato scaraventato. Manca tutto, manca ogni cosa, mi manchi, e non è quel “ mi manchi” rituale, detto tanto per dire qualcosa.
Mi mancano certe tue risposte senza senso che non capivo, mi manca un ciao come stai, il sognare, il svegliarsi con un – buongiorno- .
Ma di più manca quello che siamo stati, che eravamo.
Ci sono i tuoi stravaganti silenzi, le tue lacerate assenze, e tu chissà dove sei.
So che non c’è più posto per me.
Sai, sono ormai stanco di remare controcorrente, non mi sono mai piaciute le banalità, le stupidità, ne mi piacciono le cose tenute assieme da un qualcosa che ormai è senza collante, senza desiderio, senza pensiero.
Forse la vita io non l’ho capita! O la vita non ha capito me? Ma so che la vita non a volte, ma quasi sempre gira allo stesso modo e non c’è più proprio niente da dire.
A volte si scrive di – questa vita – e io l’ho fatto, forse più per ricordare chi magari legge per dimenticare qualcosa, qualcuno .. quel qualcuno che aveva una bocca fatta per un sorriso e quando sorrideva la vita aveva un’altra musica.
La cosa più difficile nella vita è stata quella di essere me stesso, e avere la forza di restarlo; è qui in me onnipresente questo pensiero, mentre là fuori piove e l’aria è fredda, cammino senza una meta ben precisa, in una specie di deriva che si allontana dal cuore.
So di avere socchiuso gli occhi, di avere leccato il sale degli occhi, di essere sceso in fondo al mare roteando fino a sentire i brividi nella caduta libera, là dove si poggiano le mani nei ritmi dell’onda; in qualche modo mi sono perso nei paesaggi sottratti e oscuri  nel godimento di un bacio inventato e di carezze rubate mentre tu, là, nel tuo essere lontana, urlavi abbandonata la tua pena in un’ultima difesa.
Noi- del mare – abbiamo la necessità, il bisogno di fantasia più per sopravvivere, per non morire di inedia, di aride attese.
Forse l’amore si riduce nella pochezza di un equilibrio che se appena chiedi qualcosa o aspetti qualcosa si perde tutto.
Sento di essere nel posto sbagliato e di fare cose sbagliate.
Di perdere vita in cose che in realtà non vivono più, obbligato in una vita che non potrà mai essere mia. Sentire sempre meno la voglia di sognare, di non appartenere alla mia vita.  Come potrei vivere in un qualcosa che non mi appartiene ?
Amare è un’altra cosa, è come vivere, è come sognare. Ecco perché non posso più rimanere, e devo andare, riprendere il mio viaggio come sempre in solitudine, tornare là da dove un giorno come un aquilone mi librai in aria credendo di volare.
Ho più difetti che pregi, questo io lo so,  più voglia di isolarmi, rimanere nel distacco per non recare disturbo. Lo so, è difficile farmi capire così vivo di più malinconia nelle vene, di più passione che di certezze. Ho da sempre vissuto per conto mio piuttosto che sentirmi solo con persone con le quali non ho nulla in comune. Sono una persona difficile, strana, sicuramente particolare, quella che rimane come impronta e non sempre è così poche sono quelle persone che riescono a leggere ciò che mi passa per la mente: c’è bisogno di cuore per rimanermi vicino!  Sono impacciato, mi commuovo …. ma almeno mi so ancora emozionare al cospetto del sole che sale in alto nel cielo! E’ un’ alba che arriva senza miracoli, senza certezze … è un’alba che sa di cose perdute!


sabato 16 novembre 2019


Soledad



Di Vincenzo Calafiore
15 Novembre 2019 Udine

… è che in questo mondo di idioti
e pazzi, non c’è un luogo ove trovare rifugio,
è impossibile! Ma se hai qualcuno da amare
o che ami allora non sarai più solo,ma devi
tenertelo stretto perché ricordarti che
si nasce da soli e si muore da soli, tutto il
resto è uno zero assoluto come il vuoto
in cui il più delle volte anneghi senza che
nessuno se ne accorga…. “
                                        Vincenzo Calafiore

Dicono che l’Amore è….. io penso invece che l’amore sa di me, mi conosce. L’amore fa vivere un – per sempre- sempre comunque vadano poi le cose. L’amore è un donare senza nulla pretendere , spezza il sonno, le parole, scalda il cuore, fa volare. Ma l’amore può finire in una brevità come lo battere delle ciglia, l’amore ti fa tornare, come andare via per sempre.
Io ho avuto paura quando ti ho conosciuta perché sapevo che una volta che saresti entrata nel mio cuore non ne saresti più uscita, ma anche per la paura di perderti poi.
Sai? C’è troppo amore anche nei silenzi, nelle lontananze, nei distacchi, nell’andar via con la consapevolezza che potrebbe essere l’ultima volta.
Mentre nella mia stanza facevo prove di volo, facevo anche prove di abbandono e mi sentivo morire, perché mi dicevo: - no, il nostro amore non finirà mai! –
Eppure accade di notte ritrovarmi nella magica sfera del silenzio, ne percepisco le sue infinite voci, i suoi sospiri, gli affanni e tu sei così lontana, così abbandonata nel tuo sonno, così mortale, mentre io mi domandavo come fosse iniziata la nostra storia. Perché non mi depredassero l’anima, perché non sentissero l’oltraggio dell’assenza, l’orgoglio, l’abbaglio del sogno, non lasciavo ai miei desideri prendere parola.
 Me ne ero già andato prima del finir la notte, in un’altra notte ancora da vivere con te: io per loro, per i miei sogni, per il mio desiderio, non avevo fatto in tempo a diventare stanchezza, che ero già rimpianto, voglia di tenerezza, d’amore: non mi ero reso conto d’essere diventato mancanza.
Ti ho conosciuta in un sogno, eri con un altro, e avevo capito che lui non ti amava, ma ti usava, eri regina di una notte da dimenticare, eppure te ne stavi lì tra le sue braccia, abbandonata in un volo voluttuoso; non ti eri neanche accorta della mia presenza ,poi neanche uno sguardo.
Chissà se un giorno racconterai a una bambina una fiaba, come era iniziata la tua fiaba?
Ci siamo rivisti un giorno di maggio di sfuggita in un sogno, io ti chiesi se potevi rimanere nel mio e tu invece preferisti continuare a rimanere in un altro sogno, cominciavo ad avere paura di te:
Avevo capito d’essermi innamorato, che la mia vita sarebbe stata diversa,che tu non saresti più uscita dai miei sogni.
Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia. Abbiamo smesso di nasconderci, abbiamo cominciato a conoscere i nostri sogni,le nostre poche certezze; ma di più ho cominciato a memorizzare la bellezza del tuo viso, dei tuoi occhi, la morbidezza dei tuoi capelli, le tue labbra, i tuoi nei.
Ci siamo inventati un linguaggio tutto nostro, di parole incomprensibili, erano dei segni per ritrovarci in quei momenti di smarrimento che sarebbero sopraggiunti!
Come questi in cui da molto tempo ormai io vi sono senza alcuna possibilità di nuotare, e affondo sempre più!
E’ questa la solitudine?
Io scrivo favole forse per insegnare ad altri come si sogna! I giorni sono volati, così pure i mesi, gli anni, e noi sempre più legati, sempre più in una specie di compatibilità precisa, quella voluta dalla vita, dalla coesistenza, dallo rimanere assieme.
Il desiderio e la voglia di te sono rimasti intatti e crescono invece di diminuire. E mi manchi, mi mancavi anche quando c’eri.
Ti ho sposata con un anello su una nuvola svaporata!
Vorrei che le parole ti raggiungessero ovunque tu fossi stata, ma so che non sarà così, c’è un altro mare che pian piano ti sta annegando, ti sta portando via da me e intanto i giorni passano, i mesi vanno via a picco in una solitudine di tante parole e di tanti pensieri, di tanti ricordi. Mi tornano in mente le vacanze estive. Ti ho amata e ti amo, per queste poche certezze, per le sciocchezze che mi passano in testa, perché non voglio essere saggio; ti amo perché certe volte non so essere forte, voglio solo scivolarti tra le braccia e sentirti mia, sentire il profumo dei tuoi seni! Ho il terrore d’incontrarti insieme a un altro, con le tue mani sui suoi fianchi, vedervi  con la certezza di finire sul letto e addormentarvi stanchi. Penso: ti sto dicendo mille frasi adesso, ma vorrei dirtene solo una e non riesco.








domenica 10 novembre 2019


Verrò a riprenderti

Di Vincenzo Calafiore
11 Novembre 2019 Udine

“…. Si che lo sai!
Lo sai che io sono dove Tu vuoi che sia
è un altrove, è un invisibile, è il luogo
dove Tu mi vuoi.
La domanda è: quanto è difficile per te
oltrepassare i confini portandoti dietro
parole che io non conosco?
Eppure basterebbe socchiudere gli occhi
a volte ……. “   Vincenzo Calafiore


E lasci ovunque il tuo profumo, come a volermi dire … io sono qui !
Come a volermi dire … ti lascio qui.
Avrei voluto insegnarti che starmi accanto significava avere un altrove sicuro a cui andare, un mondo tutto tuo, dove avresti potuto essere te stessa, con tutte quelle nostalgie che ti porti negli occhi.
Quello che ho imparato da te, quel giorno quando mi stringesti forte a te era la fine che mi aspettavo; come una rosa solo per un giorno, muore lasciando il suo profumo nell’aria, così l’amore, l’amore che se ne va assieme alla mia vita.
Tu lo sai!
Verrò a riprenderti ovunque tu sia!
Ma ti prego dammi il tempo di trovarti e di raggiungerti e mi troverai lì dove un giorno ci amammo, dove tu poi mi hai lasciato, io ti verrò a riprendere è la mia promessa!
Tu non devi avere paura di essere diversa da quella che sei, quella che io amo, non essere ti prego uguale alle altre.
Sarà bellissimo incontrarsi, sarai bellissima come sempre, sì che mi troverai con le mie mani piene di niente e tasche piene di sogni, io sarò lì a riprenderti.
I nostri occhi si riconoscono, i nostri menti si riconosceranno! All’imbrunire in questo giorno di grigiore un sogno si manifesta … è così veritiero, così reale; sentire l’abbraccio, il calore dei tuoi baci, e tu che mi guardi e come un tempo tornerò a tremare nel dirti – sei bellissima -!
Il tuo profumo mi farà impazzire … E penso a quanto ti piaceva  quando ti mettevo la mano tra i capelli, dietro la nuca, l’ho fatto la prima volta che ci siamo dati un bacio, il bacio preferito! Assaporai le tue labbra credo con adorazione, le baciai con tutto il mio amore. Le ho sentite le tue labbra sulla mia bocca. Saprei riconoscere il tuo sapore di mare, di oceano, di te! Ne sono sicuro, appena ti bacerò sentirò che nulla è cambiato.
Siamo noi. È già sento battere in gola il cuore, dopo le tempeste che ho superato, dopo l’assenza, dopo la distanza, dopo il vuoto la fatica che ho fatto per rimetterlo assieme. Immagino che prenderai le mie mani e mi dirai: andiamo? Andiamo sulla nuvola!  Ci avvicineremo  e rimarremo fermi guardandoci negli occhi mi darai un bacio veloce sulla bocca. E’ un sogno vero! Ti abbraccerò forte  dicendoti Sono venuto a riprenderti! Riapro gli occhi ,riesco appena a dirle “Ti amo”…
E già il sogno svaporando svanì assieme all’alba: è giorno!



giovedì 7 novembre 2019


Amami così come sono

Di Vincenzo Calafiore
07/Novembre/2019 Udine

 …. Ho guardato il mondo intorno
a me e l’ho percepito come un’apocalisse
imminente, è un grido d’allarme che
si leva alto: i Barbari!
Ci sono segni che mostrano il loro esistere,
sono i segni del saccheggio di un’umanità.
Rimane la malinconia della mia memoria,
fotografie in bianco e nero.
Quelli che chiamo – i barbari – sono una
specie di uomini senza cultura, e si
nutriscono di quotidianità sempre uguale,
non sanno respirare e preferiscono vivere
sott’acqua, o sotto terra …..”
                                                    VC

Là fuori dietro le finestre ci sono milioni di traiettorie che corrono in diverse direzioni, e tracciano i sentieri guida del sapere.
Sono invisibili, ma ci sono, esistono … non per i barbari, uomini lillipuziani, e penso che in questo scenario non ci sia posto per l’anima.
Le note del Nabucco aprono scorci inattesi sul paesaggio che si prospetta, il paesaggio dei barbari.
C’è sempre qualcuno che si erge a denunciare la miseria di pensiero, che i più si esentano dal dover comprenderlo, così la muraglia si alza sempre più, si moltiplica la cecità nell’idolatria di nuovi re, re che esistono solo per i barbari.
E’ come un confine tra l’intelligenza e l’ottusità, l’ignoranza! Un confine che esiste, non si percepisce, ma c’è e i barbari si vantano di difenderlo.
Non c’è confine, i barbari sono ormai ovunque. Non c’è confine.
Ho pensato che ci sono molte cose che vorrei capire a riguardo di quanto è accaduto e accade intorno a me.
Per “ mio intorno “ intendo la sottilissima e fragile porzione di mondo in cui mi muovo io … persone che hanno trascorso la vita a studiare, altre che continuano a studiare, narratori e affabulatori, gente dello spettacolo .. gli animali del tavolaccio, gente che respira coi polmoni della conoscenza, del sapere.
Un mondo a se per tanti versi, ma è lì che le idee nascono,  e diventano coraggio! Coraggio all’esistenza, alla vita stessa  .. . è lì che sono nato.
Ho sempre pensato che alla fine ciò che mi salverà sarà la cultura, quello che è stato tenuto a memoria, e poi scritto, messo al riparo dai tempi, perché tornasse a ridiventare se stessa in un tempo nuovo che verrà dove i barbari saranno definitivamente spariti.
Noi, Principessa ci raggomitolammo accanto al fuoco, attaccati, cuciti insieme, legati, i nostri corpi fusi; la mia mano si è posata sulla tua testa, le dita si infilarono tra i capelli, mentre seguivo il ritmo del tuo respiro la mia mano continuò a giocare con i tuoi capelli. Amami così come sono, con la mia poca memoria, col mio desiderio di rimanere fuori dalle orbite degli occhi, Principessa.
Ci baciammo e in quei baci se ne andarono le nostre vite!
Ricordi?
Ti spogliai come fosse l’ultima volta e ti toccai con un’insolita smania; ci accarezzammo a lungo, come due che si amano sanno fare.
Percorsi il tuo corpo baciandolo dappertutto, lo adorai, lo baciai con tutto l’amore che è in me.
Ora in questo mio tempo misero e mortale amore mio lasciami ricordare i tuoi occhi così profondi, così belli … non puoi immaginare quanta bellezza c’è dentro i tuoi occhi, amore.
Le tue radici non erano in te, né nelle vene, nelle tue arterie, né nelle tue ossa, non lo sapevi e arrivasti a lui, al barbaro, affamata e mutilata.
Entrasti nella vita per interpretare l’unico ruolo, bella nella tua innocenza, tragica e bella, perduta.
Amarti o poterti amare è bellissimo da sempre, da una vita, da un sempre .. se ti fossi vista, almeno per una volta dopo l’amore avresti creduto alla tua bellezza.
Bella nel tuo pallore solitario, sei apparsa dagli abissi stessi dell’amore come una visione che mi fece volare alto nel cielo; quella notte fosti di fuoco… Principessa

martedì 5 novembre 2019


Amare con  “ tatto “

Di Vincenzo Calafiore
06-11-2019Udine

  … è attraverso la pelle,
che diventiamo degli esseri capaci
di volare, di amare una donna.
Per amarla bastano solamente,
tatto e dignità, pari dignità! “
           Vincenzo Calafiore



(  Premessa: E’ per quegli uomini che ritengono la propria donna una serva, o un qualcosa da usare a letto, ma anche da picchiare,umiliare,uccidere. La cosa peggiore che questi uomini possono fare è quello di pensare di averla e possederla per sempre, quando invece potrebbero un giorno né possederla, ne averla. Perché la donna è un significato ben diverso, è Amore, libertà, pensiero, dignità, ma è anche un insieme di cose e sentimenti diversi, e come sa amare lei, questi uomini non ne sarebbero e non ne sono all’altezza. )


Conoscere una donna, o meglio, il pianeta donna è la conoscenza di significati umani profondi, ma anche speranza di una vita diversa, migliore …. È una connessione con la vita.
La storia di ogni – esistenza – è un tracciato di vincoli che includono, il rispetto e l’onestà, ma anche con la vita stessa.
“ Pelle con pelle “… la pelle è il portone di ingresso a un mistero meraviglioso, è un portale che ci mette in contatto con l’universo.
Amare per essere amati, attraverso la pelle percepiamo lo stato d’animo, la sincerità, dell’altro o dell’altra; desideriamo l’abbraccio, i baci, le carezze.
A volte  o quasi sempre abbiamo nostalgia di mani dolci e calde che scivolano sulla nostra pelle.
Gli uomini e non tutti sono degli imbecilli presuntuosi, ignoranti e ciechi, incapaci di amare ma capaci di violentare una donna, o di fare del suo corpo terra di desiderio su cui sfogare la primaria esigenza, per raggiungere un orgasmo che in questa forma è animalità, totalmente priva di amore e di poesia, di dolcezza, gli incontri casuali …
Esistono tante differenze!
Il “ pelle con pelle “ , quindi il contatto corporeo è di per se una risposta istintiva, un piacere immenso dato dall’essere accarezzati o ricevere anche delle stimolazioni tattili, ma soprattutto deve esserci quella componente fondamentale chiamata: tenerezza.
La gestualità dell’abbracciare, accarezzare, baciare, dello rimanere vicini, del guardarsi negli occhi nell’insieme è una sicurezza di cui si ha bisogno, necessità vitale, perché risiede in essa la convinzione di essere desiderati,amati, si sviluppa o si manifesta anche il desiderio del contatto caldo, accogliente, affettivo; la naturalezza del piacere corporale e accoglienza.
La necessità emotiva di contatto è una necessità fondamentale dell’uomo.
E’ qui che si compie il “ volo “ attraverso l’affettività si porta a compimento l’istintivo atto di vincolazione umana tra il dare e ricevere.
Chi ama veramente, con cuore ed empatia le mani sanno parlare, c’è il tocco affettivo e delicato dell’anima, la carezza delle mani che intuiscono di essere desiderati o no, o ciò che è peggio rifiutati.
Ma questo lo sanno quegli uomini che sanno amare …  davanti alle mani premurose, calde, affettive, il corpo si lascia andare, dinanzi a mani, rozze, ostili, si allontana, si chiude, si nasconde.
Quindi la pelle desidera solo che mani leggere ( le mani dell’anima), non possessive; desidera quelle mani che non chiedono nulla che sono sempre lì in attesa, leggere, piene di tenerezza e maggiormente di silenzio, poiché l’amore è più silenzio che parole!