mercoledì 4 dicembre 2019


Di tante mani

Di Vincenzo Calafiore
26 Novembre2019 Udine

 “ Nel silenzio brulicante di curiosa attesa, due giorni da dimenticare. Come soldato  eseguo gli ordini in un immaginario, rigido e freddo, io e la mia dignità di uomo!, entrambe salgono sul loro piedistallo e attendono immobili che accada ciò che da tempo ormai era nell’aria. 
Ma come fai tu Vita a nascondere l’amore in ogni tuo abbraccio? “
                                   Vincenzo Calafiore

La domanda è: è più facile rimanere o lasciare tutto e ritirarsi in esilio?
Scrivere è rappresentare o manifestare ciò che risiede nel cuore, nell’anima, non è uno specchio, il rispecchiamento delle convinzioni, delle consuetudinarie parole come ti amo, ma è un pugnale di ghiaccio che scuoia l’anima, scandisce i suoi ritmi, dilania il cuore assiso al centro di una barbarie comune che distrugge i sentimenti.
Leggere è ormai un qualcosa di estraneo, un atto leggero. E l’autore? Che fine fa l’autore?
Lui scrive ed è un incendiare il tempo e lo spazio ma è anche un rischio… ma cosa vedono i lettori quando entrano o entreranno nella inquietante e assurda intimità con l’autore, fin al punto di avvertire il suo respirare, la mano che calcare il foglio…. Cominciano a sentire gli occhi riempirsi di spazio.
Ogni giorno sono testimone della “ipocrita” rappresentazione di un se stessi ed è nauseante; è un vivere senza coraggio, da vigliacchi, sopportare la visione di come e con quanta facilità si dimentica o si scarta ( perché non si va più bene ). Ogni giorno assisto all’esodo dei pensieri, l’inabissarsi in un mare di solitudine la coscienza.
Di questo avrei dovuto parlare? Ma è di questo che io sono in grado di parlare: dell’andarsene in esilio che piuttosto rimanere muto spettatore di una fine annunciata.
E’ di una “coscienza prostituta, di tante mani “ che si tratta.
E’ dei tanti “ Olocausti invisibili “ che si tratta e del tacitar di una morale indegna.
E’ della scrittura, la mia scrittura che è un dovere e una colpa allo stesso tempo. L’esprimere le orribili e contraddittorie manifestazioni dell’anima non è possibile accettare e rimanere inermi dinanzi a un mondo in decomposizione, esprimere il caos in cui ci si batte senza nulla fare, facendo finta che tutto va bene, che altrimenti rimarrebbero inspiegabili in silenzio e che invece occorrerebbe parlarne.
Amore e Vita sono strettamente connesse. E’ un concetto, ineccepibile, ha a che vedere con il contraddittorio.
Oggi c’è il “ teatrino dell’amore “ ! E’ così? Cosa resta dell’Amore e della Vita?
Credo che chi scrive oltre alle responsabilità non abbia una vita facile se si scrive di verità, ma la maggior parte punta sull’intrattenimento, vivono e si nutrono di pubblicità, notorietà, successo…. Ma dell’oscurità di una poesia, di un sentimento che muovono distanze e estraneità; la poesia che accomuna, che fa bene al cuore e all’anima dov’è?
Quindi l’atto della scrittura e di pensiero, cioè l’uomo che abita nelle parole, silenzio-espatrio-spaesamento- estraneità…. Sembra che scrivendo in realtà si faccia scempio di se stesso per dare un segnale, per lasciare traccia di se, del suo passaggio, del suo essere. A me pare che lo scrittore  attraversi territori in cui abitano silenzio, perturbamento, espatrio, estraneità. Mi pare anche che lo scrittore si facciano testimoni e narratori di questo viaggio. E per essere testimoni e narratori è necessario resistere al disgregamento.
parla di migranti, di muri, di morti. Eppure, l’atto letterario, pur pregno di verità esistenziale  non Lei, la vita, passa da una dimensione, per così dire, etica ed estetica a una dimensione politica quando  sembra incidere sulla Storia dell’umanità. Siamo ceduti, dunque, al fallimento? Con un rimpianto senza fine. Esiliato dall'anima tua, esiliato da tutte le dolci cose che conoscevo in te, che m'eri il fiore di questo tronco guasto. Tu, che m'eri il fiore di questo tronco guasto. È questo il prezzo che io devo pagare per questa mia natura dannata. Per questa indole autodistruttiva. Per questa mia smania di punirmi. Per questa mia malattia. È questo il prezzo. Questa immensa sofferenza. È questo il prezzo. Questo vuoto che mi divora, che mi riduce in brandelli. È questo il prezzo?  Ecco perché è meglio ritirarsi in esilio!





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