venerdì 1 luglio 2016



Perché tu sappia

di Vincenzo Calafiore
Sabato 2 luglio 2016 Udine

Chi potrà dire che di carne non sono fatto?
Ho navigato abbastanza per i mari del mondo
da sapere che tutte le carni sono buone e si
equivalgono, ma è per questo che forse ci si stanca
e si cerca di mettere radici, di farsi spiaggia, terra, paese,
perché la sua vita valga e duri, significhi qualcosa di più
che un comune viaggio di niente. “



Io Amo! Potrebbe essere il “nuovo verbo” del conoscere, dell’amare, del narrare e fare poesia in questo mondo di solitudine, ma è dall’inizio della storia che Dio questo verbo lo coniugò e lo divulgò a un intero paese.
Un paese ci vuole, non fosse per il piacere di andarsene via, e che paese vuol dire non essere soli sapere che nella gente che ci vive, nella terra, nell’aria, nelle piante, nei fiori, c’è qualcosa di mio che anche quando non ci sono resta ad aspettarmi: questo è lei, la donna che amo.
Le che rimane ad aspettarmi e lo fa per una vita intera, per un sogno nato e mai sbocciato, per un viaggio assieme che non si è potuto fare, che si potrebbe fare in veste diversa, ma con quel verbo su labbra assetate, rosse melagrano.
E’ un navigare a vista, senza bussola e sestante, il mio andare verso “lei”, come Ulisse girovago e naufrago verso Itaca, così io con quel mio sogno tanto vecchio, tanto bocciolo che vuole fiorire.
Lo faccio da sempre, andando incontro a immagini a volte crude, molto spesso poetiche, vere, sognanti; è un viaggiare con un orizzonte d’amore ma anche con una dimensione interiore umana. Come ogni viaggio in cui procedo con fatica e affanno, desiderio di incontrarla e poterle dire , io amo! , pensandola mi perdo nel profondo di me stesso, delle mie paure, del mio mal vivere se non glielo posso dire quel: io amo.
Amo tutto di te!
E’ una forma di poesia, questo mio amore che finisce ogni giorno e ogni giorno prolunga la mia esistenza con una magia che nasconde ciò che è in piena evidenza: l’amarla.
Non abbiamo posto alcuna firma, ne stipulato un contratto eppure dopo tanti anni, ancora oggi continuiamo il nostro infinito viaggio.
Assieme abbiamo un nostro credo che ci tiene assieme e ci fa orizzonte a cui andare uno verso l’altra, senza confini, senza limiti, senza età.
Il mio amarla dunque è un diario di bordo, un portolano, per annotare frammenti spesso di solitudine in cui si tenta di dare forma al dolore del distacco, della lontananza; è un navigare alla meno peggio attraverso la speranza di poterla nuovamente incontrare nel sogno della vita e mi auguro coraggio, ma il tempo del coraggio è quello in cui annaspando andai incontro a lei rischiando di annegare nel mio stesso amare, un tempo in cui l sognavo e la immaginavo con le sue tristezze, in cui bisognava che nascondersi assieme alle tante solitudini in cui bisognava ad ogni istante dare una ragione di più, un sogno, una speranza, un desiderio, un nome.
Adesso coraggio vorrebbe dire voler amare, desiderarla e ce ne è sin troppo.
Vivo in questo amore e non mi sottraggo, ne appunto i cambiamenti, i pensieri di lei territorio di tutto!
Dove lei non è, non c’è mare!
L’amore è un qualcosa che lega, che fa mettere in gioco, amarla poterla amare è un dubitare di sé del proprio linguaggio, ma soprattutto è un immenso che chi si ama va scrivendo col proprio darsi e negarsi.

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