mercoledì 10 giugno 2020

Il colore della solitudine

Di Vincenzo Calafiore
11 Giugno 2020 Udine

“ …. Difficilmente saprai chi Io sia
o quale sia il mio significato. Non è
importante per te, lo è per me.
Potrai sentire la mia presenza
ascoltare la mia voce e non trovarmi.
E allora non scoraggiarti, se non mi trovi qui, potrai trovarmi in un altro
 posto … sarò lì ad attenderti …… “
                Vincenzo Calafiore ( Cit.)
Inciso.
So bene che saranno i soliti pochi a leggermi con attenzione per cogliere un messaggio o i tanti diversi contenuti, in un mio qualsiasi pezzo; è una questione di “ centimetro “, centimetri di pelle, di pensiero, di parole, di anima, di cuore. Ecco perché le mancate presenze, le letture
“ al volo “ i mancati approfondimenti, le mancate domande. Ma ugualmente scrivo per quelli di Mosca, San Pietroburgo, Cina, che scrivono, raccolgono, ne fanno tesoro. Per questo ne vale la pena. “
Questo pezzo conclude la “ Trilogia di un pensiero umano” che è iniziata con il pezzo:
Agli occhi di un amore – L’oblio dell’essere in vita- e quest’ultimo, - Il Colore della solitudine-
C’è un filo conduttore attorno al pensiero.
Tutto questo ha un senso, lo deve avere, come lo dovrebbe avere il “ nostro vivere”
permeato attorno a un asse esistenziale: l’amore! La colonna vertebrale dell’umanità.
Si è talmente abituati a vedere svendere la propria onestà che non si fa più caso; in realtà è l’unica cosa che ci è stata data e che abbiamo. E’ l’ultimo lembo di terra di confine all’interno del quale non siamo schiavi. Tutto ha fine, tutto, tranne quel centimetro. Perché è l’unica cosa al mondo per cui valga la pena di combattere, per averla, onorarla.
Stanotte è una di quelle notti che non rilascia nulla, ma prendo ugualmente, ruberò la brillantezza negli occhi di chi non è capace di guardare se ci fosse un solo lampo di luce perso che questa notte non è in grado di elargire.
Una luna ruffiana all’angolo di un cielo screziato da scie bianche svaporate agli orli, come perle dai riflessi argentati, addolcisce il grande senso di solitudine, l’ovattato vuoto esistenziale, l’incompiuto volere amore, il mancato desiderio di rimanere più umani piuttosto che umanoidi, plastici. Questo è l’indegno, il degrado, la mancata umanità, la mancanza del sogno principe .. quello che fa volare sopra i diversi pattumi di questo immane degrado.
E’ una notte in cui accendere ceri, tenerli accesi come fari guida, come una preghiera rivolta al cielo. Il mio sguardo perso che cerca invano un senso da dare a questa notte che va morendo, o spegnendosi gradualmente fino a svanire. Difficilmente saprai chi Io sia o quale sia il mio significato. Non è importante per te, lo è per me. Potrai sentire la mia presenza ascoltare la mia voce e non trovarmi. E allora non scoraggiarti, se non mi trovi qui, potrai trovarmi in un altro posto … sarò lì ad attenderti.
Sono fatto di solitudine e di sogni, con la testa tra le nuvole e gli occhi che cercano lei.
Sono fatto di piccole cose, più di tristezze e fragilità come un arcobaleno tra cuore e anima; uragano che travolge e coinvolge, sono di sale e di mare.
Il mare è la culla, una culla di madreperle, una casa, un punto di partenza, non di arrivo.
Quando me la sono trovata davanti e l’ho vista, ho sentito il suo profumo, udito la sua voce, mi sembrò d’essere finalmente tornato a casa.
Lei è stata sempre con me anche da sconosciuta, bella, bella come una fotografia sul letto di un soldato… l’ho sempre amata; ecco, sono un caos di emozioni, penso a lei e tutto cambia, perfino questa notte avida.
Dalla finestra, come da un oblò di una nave, improvvisamente vedo comparire i miei settant’anni  …. Settant’anni dopo!
Mille domande nascono e vogliono risposte…
Ci riconosceremo io e i miei settant’anni?
Ma odo la sua voce, sento il suo sguardo addosso … lei è qui! Come sarà …. Nuda?
Succederà ancora di annegarci d’amore ora, adesso, in mezzo a tutti i negativi pensieri?
Ah…la vita! Così fragranza, così sensuale, così puttana! Questa vita che non riesco a stringere.
E mi chiedo se è bella, se ha lo stesso sapore, lo stesso odore di primavera.. ma poi mi vede e mi guarda, noi due scopriamo di non esistere, che il tempo non esiste, che la vita perduta è stata una fugace folata di vento!
E siamo nuovamente noi, lì … su quei tavolacci e tutto questo mentre le stavo scrivendo con una sigaretta tra le dita.. insieme  andare al mondo nostro, la mia vita settant’anni dopo.
Che importa se ho l’età sfocata, se ancora lotto per la mia dignità, per la libertà, se arrossisco per un complimento, se amo smisuratamente. Sono rinato anche quando mi hanno spezzato e mi sono ricomposto incollando i pezzi dell’anima e del cuore.
Che m’importa se il mio viso e il mio sguardo mostrano i segni di antiche cicatrici?
C’ è il vuoto di lei, l’assenza dei colori che dona, la pagina su cui vorrei scrivere il mio
 – ti amo -.
Lei  è il colore dove nasce il piacere, dove i sogni trovano il loro palcoscenico per materializzarsi in silenzio, dopo aver recitato in testa i più nascosti desideri e voglie di lei.
Brutta è la sua assenza, il nulla in cui mi perdo.
Celestiale la sua seduzione, il suo fascino sottile che sa di peccato, è la sua purezza che dona l’assoluto compimento..
Ci sono le ombre d’amore che mi seguono tutto il giorno sul suo finire, aprono la porta ai sogni.
Di seta le lenzuola sui cui il suo corpo si muove sinuoso, il cuscino odoroso su cui sparge i suoi capelli.
Amo la sua pelle d’ambra su cui scivolano le labbra!
Se solo avessimo vita…. In questa notte vuota e avara, con i se,  i colori della solitudine, i colori dei miei settant’anni di solitudine!

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