venerdì 26 settembre 2014



SE IL COLORE DOVESSE PRENDERE FORMA


Di Vincenzo Calafiore

Momentaneamente lo spettacolo venne sospeso, calò giù il sipario e noi, io compreso, marionette sospese a fili invisibili venimmo messi a terra in un angolo del palcoscenico, afflosciate come vele senza vento.
Con gli occhi fissi al centro dello stesso orizzonte, smarrite in quel silenzio, avemmo tutto il tempo di pensare e udire il frastuono degli applausi, del frusciare del sipario aprendosi e chiudendosi;
di sentire l’alito e il respirar lento di mangiafuoco chinato a render onore alle nostre esibizioni; quale misura triste, quale solitudine in quelle mani che stringevano a pugno chiuso i fili della nostra vita, della mia vita. Ricordai la notte prima navigavo a pieno vento in un mare tanto diverso sulle ali della libertà; per la prima volta mi ero sentito quasi umano e piansi. Avevo cominciato a pensare, ad immaginare, a parlare a squarcia gola, a sognare; piansi a veder le mie mani immergersi nell’acqua senza paura, piansi per il mare in faccia.
Quanto è stato bello sentirmi e pensare, essere “umano”…. E  cominciai a scrivere poesie, per raccontare il mondo che avevo visto dalla profondità degli occhi miei tondi e statici; raccontai i miei sogni a quel silenzio pari al respiro del mondo.
Ma ora in questo angolo buio di tristezze, di grigiore, non c’è vita, non ci sono sogni né ricordi. Fisso un lampo lontano che richiamò l’attenzione di noi marionette, attratte come falene rivolgemmo lo sguardo; non era un faro, ma una lama lucida e affilata, grondante di sangue, di altre marionette sgozzate.
Era la realtà del buio.
Mentre s’udivano proclami e inni, la fredda realtà di un mondo appena dietro il sipario, noi pensammo che forse la nostra unica salvezza da quel grigiore era di partire, mettersi in viaggio alla ricerca di un’anima che potesse darci quella vita che Mangiafuoco ci aveva tolto, di riprenderci i nostri sogni, i nostri ricordi e volare sulle ali della libertà.
Sogni e poesia, ricordi e vita, tutto d’un fiato recitammo come un padre nostro, una coniugazione mentale, che ci fece alzare la testa, e mani, mani che tagliarono i fili invisibili dell’ipocrisia, dell’ignoranza, delle guerre, della stupidità! Umani in una notte, col calore del sangue nelle vene, con occhi che avevano ricevuto altre visioni di altri orizzonti. Andammo via da quel terrore, dalla quotidianità sanguinaria che come il Minotauro ogni giorno si nutriva esigendo e mietendo nuove vite.





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