La vita felice
Di Vincenzo Calafiore
15 Gennaio 2025 Udine
L’immagine passa veloce dentro agli occhi miei,come un semplice fotogramma, è di una piazza di un paese del Sud; sono i – Ritorni – della memoria, che di tanto in tanto sono riproposti per non farli morire, del mio paese giù al Sud.
E’ una giornata più fredda del solito, di questo gennaio qui al Nord e non invita a uscire; tra le mani vecchie cartoline che ritraggono vari angoli del mio paese, la nostalgia comincia a montare come una marea e si concentra tutta negli occhi!
E immagino, lo immagino così intensamente da riviverle quelle scene!
Fanno parte di una vita felice, spensierata, rimasta tale quale nella mia memoria che rivivo ogni qualvolta sempre con le stesse emozioni e nostalgie.
Il mio paese, le sue colline e la piazza alberata ove trovano riparo gli stormi di tordi,o di uccelli migratori, e le panchine coi vecchi che seduti uno accanto all’altro fumano un sigaro mentre si raccontano una vita che non esiste più; e il “ Bar Centrale” l’unico, e il negozio di Tano il barbiere, soprannominato “ pezza di lardo “ fermo sulla porta a fumare in attesa dei clienti.
E operai con la “ colazione” nello zaino che attendono un furgone che passa a raccoglierli per andare a lavorare, e un cielo limpido, azzurro con le nuvole che corrono veloci, bianche e svaporate; il mio paese è lì e aspetta, aspetta il mio ritorno!
Tornerei da una vita di lavoro e sofferenza.
E’un paesaggio dai colori forti, di parole dolci amare, scabre come l’esistenza che stenta il suo cammino, l’immagine è un coro di visi pronti ad affacciarsi con le pene antiche e la fatica dei sogni dietro gli altri, e creano un’atmosfera così dolce da far venire voglia di riprendere il treno e ripercorrere l’Italia intera.
E’ un ricordo bellissimo di una storia personale fatta di piccole e grandi vittorie, sconfitte, di traguardi tagliati; ma dura, dalla crosta rugosa, incatramata dal tempo, ma con un sotterraneo incrocio di bisbigli, di parole dette a metà, taciute a volte, smarrite nel profondo gorgo dei giorni che non si vedono, sempre vicine, sempre altrove, lucenti là dove possono trovarle, la mia speranza e la nostalgia, il desiderio di riviverle interamente e intensamente, con tutto il loro profumo di mare e di albe e tramonti stravolgenti, unici, solo di questa terra amara e dolce che come una madre seduta davanti l’uscio di casa attende i suoi figli tornare.
Qui al Nord tutta la luce scivola nel buio anonimo, illuminato da tristi lampioni nella foschia, mentre nella testa e negli occhi la luce scivola sul mare tanto intensa da illuminare il cielo e via via le case, le colline.
Questo raccontare il mio paese con un lessico immediato, di sentimenti genuini e veri, e immaginazione di meravigliose immagini, tanto da farli incarnare e vivere, a farmi rivivere una vita felice anche se in una stanza dinanzi a un computer e una finestra da cui entrano odori e rumori di fabbrica, di macchine e furgoni che passano veloci, nell’anonimato assoluto, come lo è la vita, qui, in questo Nord lontano dalla vera vita!
Io rimango sempre più distante dalle sue realtà, vivo in un altro altrove, un territorio disteso dalla riflessione amara, alla visionarietà ricca di incantamento fantastico specchiato in quei chiaroscuri al vespro, in una natura trionfante in cui si esalta la gioia di vivere, l’esistenza felice!
Tutto è come nella < pellicola di un sogno> scorrono immagini di persone conosciute e amate:
il barbiere Tano detto – pezza di lardo – il marocchino che vende il pane, e Nicola, il fruttivendolo che percorre con il camioncino le strade dei quartieri, Carmela con l’anima piena di pensieri remoti e Alfred il gigantesco uomo venuto da un paese di neve della lontana Baviera …
e io che esco di scena, come un cane che sente le voci di un amore perduto: la Calabria!
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