mercoledì 2 luglio 2025


 


L'isola che non c'è

seconda stella a destra …

Di Vincenzo Calafiore


Colui che scrive fiabe non solo per i bambini, è uno di quelli che appartiene alla

Forte razza dei sogni “ ecco perché ci riesce. Ha in se il lascia passare per poter raggiungere l'altrove che più ama, quello in cui più di ogni altra cosa desidera raggiungere e rimanerci, più tempo possibile.

Ha negli occhi la meraviglia.

Nel cuore le chiavi per potersi addentrare nel mondo della fantasia,ecco cosa rende speciale chi ancora riesce a scrivere le fiabe, in questo mondo rovesciato, attraversato da mandrie di bufali e cinghiali che al loro passare lasciano solo rovine.

Ho cominciato a scrivere le fiabe dopo aver sognato tante volte e in maniera diversa la vita; ho imparato a mie spese quanto difficile sia stato il lungo cammino fino a qui.

Da qualche tempo ho molta difficoltà a scrivere favole, il mio cuore si sta pian piano desertificando. A un certo punto sono cominciate a mancare le parole, sono cominciati a mancare i colori e i suoni delle parole, i giochi di parole, le filastrocche.

Con i bambini e certi adulti non si può bleffare, se a loro una fiaba non piace, non piace, te lo dicono senza remore e senza ipocrisia.

Se tu non riesci a trovare le parole, i colori, le immagini … per entrare in contatto con loro, i bambini lo capiscono! Rifiutano i surrogati e non ti seguono più, non ti stanno a sentire, non ti amano più.

Mi sono reso conto che le ultime favole che avevo scritto le avevo scritte così, senza anima, senza cuore. Allora pian piano ho cominciato a smettere, non mi piace scrivere per quelli che sono diventati grandi, non capiscono più, si sono dimenticati che ci si può innamorare di uno scrittore, di come lui riesce a trasformarti in una stella filante e fuggire via nel cielo raggiungendo la “ Pegasus “. I “ grandi “ si sono dimenticati del bambino che è è il loro. Si sono dimenticati che noi possiamo parlare con le piante, le pietre, gli alberi …. i grandi non riescono a parlare neppure tra loro!

Io ho cominciato a inventare favole per raccontarle ai bambini e a quei grandi che non sono o non hanno mai voluto crescere. Mi sono messo a scriverle, solo perché ero in una galera assieme a tanti bambini, la prigione in cui finiscono quelli che il sistema non reputa utili, ecco tutto.

Non puoi capire, o forse puoi, come per me possa essere triste non essere più capace di scrivere favole. Per questo mi è difficile pensare a un futuro. Ci sono molte forme di non far scrivere favole, ma certo la più tremenda è quella che nell'essere umano spezza l'ingenua e gratuita disposizione al gioco e alla scoperta della vita.

E non ci sono più quei bambini che giocano con gli aquiloni; quelli che ci sono avanzano nel labirinto dell'orrore assoluto, col rischio di perdere se stessi e il mondo.

C'è un fondo di reale rischio che dice che quello che vedono e vivono i bambini è tutto vero; questa è la coazione, indicibile perché non deve e non può essere detta, perché da qualche parte usati come scudo umano contro la guerra, privati della parola e del corpo, privati dell'innocenza, privati dall'essere bambini.

E' questo il rischio del labirinto, entro cui ci si può anche disperdere senza possibilità di ritorno.

Rimanere qui per me è rischioso, come ben sanno gli sciamani, che si arrampicano su una scala verso il cielo o si inabissano nel profondo regno marino.

Ancor più rischioso se sei totalmente solo col tuo regno dei sogni e i sogni sono molti e ti altaleni dall'uno all'altro finchè lo stesso reale si confonde con essi.

Occorre che io prenda le distanze, per ricordare e capire. E allora ritrovare la magia, per vivere il dolore, per trasformare le parole in arcobaleno, la scala verso il cielo.

Ora è il momento di vivere lontano, aspettando la notte per salire a bordo della “ Pegasus” e con questa allontanarmi nell'oblio, perdermi nella distanza che mi separa dalle mandrie di bufali e cinghiali!

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