domenica 21 dicembre 2014



 A MIO FIGLIO

C’è stato un tempo, anch’io come te avevo di fronte a me una grande finestra da cui guardai il mondo e c’era una porta che dava alla luce, ampia tanto che ci passai agilmente, come gli anni miei.
Non sono più rientrato da quella porta.
Anche tu ormai come me l’hai attraversata e sei parte di quella “ luce” , la vita.
Non credere, non è stato facile per me farti crescere,
a darti un’istruzione con le mie mani callose; non è stato facile lasciarti andare per la tua strada come non lo è stato seguirti e accudirti come la cosa più preziosa: un figlio.
Ti ho cresciuto con amore e ho affrontato i più grandi sacrifici pur di vederti sempre felice.
Oggi, ti chiedo, sei felice?
Io non lo sono più da quando hai varcato quella porta che ti ha portato via da me.
Ricordo quel tempo,
ricordo le lunghe passeggiate in riva al mare, quando raccoglievamo conchiglie e sassi colorati, pezzi di vetro che luccicavano al sole e si spegnevano lontano; così sono ora io senza il mio sole: tu, figlio mio.
Ora che sono vecchio e stanco come “ una barca stanca di mare “ non voglio costringerti a venirmi a trovare, non farlo se non lo senti nel cuore.
Non voglio che tu legga per me il giornale,
né di fare qualcosa per me, appartieni alla vita e non più a me.
Ma se ti sentirai solo, bussa alla mia porta, si aprirà.
Se hai fame ti sfamerò ancora,
se stai male io ti curerò,
perché sono tuo padre e non finirò mai di esserlo neanche quando non ci sarò più.
Ma ti prego non diventare un pezzo di vetro che non luccica più!
Non ti scordare del tuo “ vecchio “ ma conservalo nel cuore, passa a trovarlo potrebbe essere anche l’ultima volta, per non rimanere senza ricordo.
Aiutalo ad infilarsi le scarpe, accompagnalo lungo il viale nei suoi vestiti troppo larghi e la barba incolta, parla con lui e guarda i suoi occhi inumidirsi dietro lenti spesse.
Tienigli le mani che tremano, quelle mani che ti hanno cullato e coccolato, lavorato per te.
Parlagli di te, raccontagli le tue sconfitte, come le vittorie, del tuo orgoglio di essere diventato uomo e padre.
La vita sai, è una ruota che gira, tutto si ripete alla stessa maniera, si nasce e si muore soli.
Ma un padre non muore solo perché ha nel cuore, tutte le cose che ora ti appartengono.
Ciao!
                                                                                                Vincenzo Calafiore

Monologo Recitato in teatro, 1989

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