martedì 27 giugno 2017

Di Vincenzo Calafiore
18 Giugno 2017 Trieste

 non ci sono parole, ne certezze,
è amore. S’impara a tacerlo con gli anni anche se ne parliamo senza occhi, senza anima.
Amare è come nascere senza parole e con tutte le parole a volte dopo averle distrutte ce ne andiamo, in silenzio senza più cuore, sempre più aridi.
E tuttavia, nonostante amare significhi vivere, esiste un silenzio più grande tanto da giustificare tutti i silenzi “

E’ su tutte le bocche di questa umanità la parola “ felicità “  la si pronuncia più per abitudine, ma di questa felicità in verità non ne conosciamo il volto, ne sappiamo la sua origine ne la sua destinazione.
Se ne fa un largo uso più o meno appropriato.
La felicità più grande consiste nell’accettare i confini e i limiti della nostra esistenza; dunque parlarne è perfino molto difficile dato che il “ concetto” di felicità è personale e soggettivo ed è difficile comprendere dove finisce la felicità ed inizia l’infelicità.
Ma la vita purtroppo avara com’è nel farcela provare che subito la leva, vuoi per un lutto, vuoi perché l’amore che senti non è corrisposto o che la persona che si ama ci lascia, e con gli esempi si potrebbe continuare all’infinito.
Occorre anche rendersi conto che la felicità è solo un “ momento” per questo viverlo intensamente attraversando pure il dolore fino in fondo per ritornare poi alla felicità personale che ci appartiene tutta anziché affidarla a cose esterne.
La virtù dell’uomo è ciò che fa si che l’anima sia buona, è conoscenza, la privazione della conoscenza è ignoranza. Con questo Socrate opera una rivoluzione dei valori, si tratta dei valori dell’anima.
La manifestazione più importante della ragione umana si esplica in quello che Socrate definisce autodominio, ovvero il dominio di sé nello stato di piacere, in sostanza si afferma il dominio della propria razionalità sulla animalità, in sostanza l’uomo è libero solo se riesce a dominare i suoi istinti.
Dunque la felicità “forse” non potrà venire dalle cose esteriori o cosiddetta esteriorità, ma solamente dal profondo dell’anima.
L’anima è felice quando ama ed è amata!
Si tratta di spiritualità, di armonia interiore… La felicità è una vibrazione interiore, è un vedere negli occhi degli altri, è una sbornia dell’anima.
Risiede in quelle cose che sono vere, che ci fanno stare bene e contemporaneamente ci separano da tutta quella materialità che purtroppo ci circonda e domina.
Ma è anche incontro, abbraccio, bacio, stretta di mano o pianto, la consapevolezza di vivere appieno ciò che l’animo al momento dona; è amare una persona, è donazione.
E’ “ profumo” , profumo di donna, profumo del mattino respirato profondamente a occhi chiusi e sentirsi inebriati, è un abito indossato.
La felicità è sogno, un sogno da raggiungere, da trattenere, da non lasciarselo sgusciare dalle mani.
E’ avere freddo anche quando non fa freddo!
L’unica arma di cui si dispone quindi è la ragione d’essere, fare uso della ragione per eliminare la violenza in tutte le sue forme perché è una cosa blasfema e scellerata…
La felicità? È la felicità dei forti, quella che afferra e si lascia afferrare dalla scaturigine della vita stessa, che gode di tutto, che ama generosamente, magnanimamente, senza ritorno e compromesso, quella che vive profonda, calma e ardente in un io unito che nulla può abbattere. "La felicità, quella aperta e ridente, alla cui luce gli occhi degli sconosciuti si accendono e i volti ostili divengono cortesi, non è compatibile con l'invidia, dal cui sguardo spettrale e dalla cui timida andatura rifugge tutto ciò che è umano" (Nietzsche) .







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