martedì 27 giugno 2017

La memoria del sangue

Di Vincenzo Calafiore
22 Giugno 2017 Udine

 nessuna cosa finisce, quindi sorridi
perché è già accaduta e riaccade, come l’Amore… “
                      Vincenzo Calafiore


Tutti i meriggi alla stessa ora si sentiva il treno sferragliare lungo la prateria arsa dal sole e si correva per vederlo sparire nella galleria stretta come un budello, senza mai riuscirci perché una volta giunti in cima alla collina potevamo vedere solo gli asini all’ombra degli alti eucalipti o di frondosi carrubi.
Lei , Claudia, che chiamavamo “ lenticchia “ per via delle lentiggini che correvano da una parte all’altra del viso sormontando il naso; portava i capelli raccolti in due trecce bionde come le spighe di grano.
Era l’unica bambina del nostro gruppo e tutti o quasi tutti eravamo innamorati di lei!
D’estate il sole bruciava così forte che anche agli asini mettevano un cappello di paglia bucato per  le orecchie; tutto si rallentava e c’era tanto silenzio che si potevano udire le mosche ronzare, oltre che al piccolo ruscello che incuneato tra due colline correva dritto fino a sparire sottoterra, era lì che noi ragazzi trovavamo refrigerio facendo il bagno in mutande.
Che cosa fantastica la vita allora…
<< Che ci fai ancora qui, in questo buco di paese?>> disse Claudia, in piedi davanti al letto.
<< Che ci fai tu, io non me ne sono mai andato, che sei tornata a fare?>>
<< Per una vacanza, poi torno ad andare via. Qui è rimasto tutto uguale come l’ho lasciato tanti anni fa, è uguale tutto come a prima, l’abbeveratoio in cui facevamo i bagni, la piazzetta. Alcuni sono andati via come me, ma tu no! Sei rimasto qui, in questo buco paese sperduto tra i monti. >>
<< Si, sono rimasto qui con la Claudia che ho amato e che ha preferito andar via, invece di restare… >>
Dalle persiane socchiuse entra la brezza che risalendo dal mare, gonfia le tende come fossero vele, lei, si siede a bordo del letto e comincia a sbottonare la camicia, poi si alza e si leva la sua maglietta bianca e torna a sdraiarsi al mio fianco.
Al tramonto fanno ritorno le giumente e gli asini dai campi e come sempre si fermano all’abbeveratoio prima di andare nelle stalle, nell’aria il frinire delle cicale, lei fuma seduta sul davanzale della finestra.
<< E’ stato bello ritornare tra le tue braccia, tutto come prima, mai dimenticato. E’ la memoria del sangue, la memoria di quanto sei in me, ecco perché sono tornata in questo buco di paese..>>
Il cielo trapuntato di stelle così vicine da poter essere toccate con le mani, le nostre mani che si cercano in un incanto che scendendo dal cielo fa sì che la memoria si riaccenda e tornano in mente i primi baci dietro un fienile o in mezzo a un campo di grano mietuto.
Torna l’età delle corse in riva al ruscello ove il più delle volte attendevamo la sera, lo facevamo e l’abbiamo fatto fino a quando non decise di lasciare tutto per un pugno di menzogne.
La vita è qui, in questo buco di paese, come lei lo ha chiamato, ma è qui che l’ho amata ora come ieri.
<< Adesso che fai, come tutti gli altri, finite le vacanze tornerai a partire? >>
<< No, non partirò, resterò qui in questo paese sulla cresta di un monte, resterò per sempre..>>
Dal letto abbiamo guardato la porzione di cielo dentro una finestra, senza dirci una parola, sentendo la brezza che dal mare porta la salsedine; l’alba ci trova abbracciati come è successo tanti anni fa, quando eravamo come adesso, infiniti!
In questo buco di paese sulla cresta di un monte che da sempre sfida il cielo; come non fosse mai andata via, lei si alza e torna con il caffè che solo lei sa fare a quella maniera; la prima sigaretta.
Poi si vestì e davanti allo specchio mi disse:

<< Vado in posta a spedire un telegramma! >> 

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