martedì 27 giugno 2017

E’ un lungo percorso il rivivere e dissolvere il vissuto di ieri


Di Vincenzo Calafiore
28 Giugno 2017 Udine

Il più delle volte il passato o vissuto
che sia torna e tutto cambia.
Ma se solo si riuscisse a farne parole
la vita torna come un campo a riempirsi
di fiori. “
           Vincenzo Calafiore


Quando le parole riescono le grate della prigione in cui la sofferenza intima caccia, questa, lascia gli antri bui e profondi dell’animo, consentendo ai ricordi di emergere con tutto il loro carico di sensazioni e emozioni che il tempo non ha mutato, ma semplicemente custodito.
Così luci e ombre del passato rivivono, di un’età dolce e amara allo stesso tempo che riesce ancora a parlare attraverso le immagini che sovrapponendosi si distinguono e si alternano; proprio come accade in un sogno, che ci trovano al risveglio assieme ai nodi irrisolti della propria esistenza.
Difficile la riconciliazione con il tempo se si guarda all’adolescenza, alla gioventù, alla ricerca degli affetti perduti. E ciò alla fine per ritrovare la parte di se smarrita, perduta assieme alla persona più amata.
Il passato o vissuto ritorna, e il più delle volte in maniera crudele modificando la maniera di vivere senza poterla appieno goderla, vivendo da insoddisfatti; ritorna attraverso immagini oniriche, portato da certi odori, atmosfere, esperienze subite e mai dimenticate, che rinforzano il carico di sofferenza rendendo sempre più l’urgenza di elaborare, comprendere e spiegare per poter finalmente superare.
Ma il passato rivive talvolta in maniera tangibile, anche attraverso lunghissimi “ processi” di identificazione con certi individui “ specchio” ( soggetti che hanno vissuto momenti simili, esperienze simili, contesti simili ).
Diventa allora difficile dipanare le ombre del passato, distogliere lo sguardo dalla finestra da cui lo si guarda … il dolore di un tempo è lì sotto gli occhi pronto a essere consumato senza essere compreso.
Ci vorrebbe un’occasione per riprendersi la vita! , per non rimanere preda della rabbia, dalla solitudine, dall’angoscia, dalle paure.
Riappropriarsi della vita però ha bisogno di larghi spazi di confronto e di auto espressione, partecipando agli altri la propria emotività ferita o vinta dal dolore, ancora sofferente, ma più ricca di empatia.
Qualità che permetterà di presentarsi alla vita con un bagaglio completo.
Dunque un’anima segnata dalla perdita, dalle angosce, dalle ripetute ricadute e la sempre presente speranza di rinascita che quasi sempre riesce a metà.
Dunque il rituale dell’autolesionismo che si ripete o consumato nelle notti bianche, una specie di segreto che vuole essere scoperto per parlare e gridare al mondo tutta la paura e la rabbia che contiene.
In ogni caso non c’è ferita del corpo che possa essere più grande di quella dell’anima, dilaniata dalla mancanza di un amore.
L’amore urgente è qualcosa che risiede dentro, di notte nelle costruzioni confuse dei sogni; pensare quindi all’amore è conforto che riesce a penetrare nell’anima per placarne paure e incertezze.
Così il dolore riletto, interpretato e rivissuto attraverso la presenza specchio viene affrontato senza mezze misure dalla sensibilità.
Ed è grazie all’amore che si comincia a rifiutare di recitare quella vita da burattini, da oggetti senza coscienza e senza anima, così come vorrebbe l’invisibile burattinaio. Fino a diventare esso stesso burattino, in un mondo dove i veleni della cupidigia hanno cancellato ogni umanita!

“ Carpe diem “ !

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