mercoledì 27 settembre 2017

Di settembre

Di Vincenzo Calafiore
27 Settembre 21017 Udine
( Cento pagine in una, racconti
da inventarsi )


Settembre se ne sta andando con le sue tinte dipinte nell’aria e nei vetri, negli occhi.
I giorni sono volati via tra le spire del respiro della vita, che come vento li ha ammucchiati come foglie morte in un angolo sperduto; c’è nell’aria silenzio e colori che vanno sempre più sfumando come un arcobaleno, come un sogno, come un desiderio.
Che peccato non poterti sfiorare o stringere in un abbraccio.
Che peccato non poterti baciare, chiamare per nome, tenderti le mani.
E’ così strana la vita quando l’amore va dove non dovrebbe andare….
E’ così impossibile resistere senza il calore di un abbraccio.
Il fanale rosso di un’auto che va  su una strada vuota è un punto di riferimento a cui andare per una salvezza probabile nel probabile quotidiano, soggiogati e drogati da un pensiero che poco conosce l’amore, la gratitudine.
E’ così a poco a poco, più passi a ritroso che in avanti, scivolando piano verso un nulla arrogante, mi allontano sempre più dal pensiero che sa tutto di lei.
Poco rassicurante l’imbrunire che invita la notte a scendere su una platea vuota di memoria, in cui sovrapposizioni e opposti trovano lo spazio per raggirarsi e incontrarsi visibilmente e mai fisicamente.
La mente mia va oltre i confini o ve si ammassano sempre più esperienze di vita in attesa d’essere riesumate; così torno davanti a un foglio bianco che vorrei riempire di parole buone per farla tornare questa vita che a volte mi sfugge di mano.
Di settembre accade di trovarsi su una strada e non avere una meta, un riferimento a cui andare con la certezza che una porta si aprirà o potrebbe aprirsi…; siamo un po’ tutti foglie di un vento che rivoltandoci più volte ci fa perdere e ritrovarsi fuori dalle mura di città sconosciute più di sciacalli che di uomini.
La pienezza era per me averla accanto, sentire risuonare la sua voce nelle stanze della mente;
la felicità più grande stava in quelle mani che la cingevano come fosse grano appena raccolto,
l’ebbrezza è il suo profumo che rilasciava per farsi trovare.
Questi verbi del passato e del presente, del tutto settembrini come l’animo mio, sono o vorrebbero farmi essere dove io vorrei essere.
Ma se questo amore invece va da un’altra parte,
se questo amore non la raggiunge o neanche la sfiora
qual è il mio significato?
E’ così strana questa vita assieme alla sua musica,
è così diverso poi il desiderio dall’amare?
Pensieri che si ammucchiano come foglie agli angoli degli anni senza tempo e colmi di quel sentire anche l’impossibile: lei !


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