Avrei come sempre da scrivere e sempre a
riguardo dei “ sentimenti “
(In
psicologia con il termine sentimento derivato
dal latino sentire, percepire con i sensi, si intende uno stato d'animo ovvero
una condizione cognitivo-affettiva che dura più a lungo delle emozioni e che presenta una minore
incisività rispetto alle passioni.) Ma non sono nelle condizioni di poterlo fare
anche se non mancano gli argomenti da approfondire e comprenderne il loro
significato e significare nella nostra quotidianità a cui purtroppo tutti
indistintamente siamo destinati e condannati; questa condizione mi fa pensare a
quelle povere bestie costrette a girare tutto il giorno attorno a un pozzo
d’acqua, ed è davvero una condizione inaccettabile.
Questo, che un po’ tutti in ogni parte del
mondo si sta vivendo è un qualcosa che pesa sull’animo, sulle coscienze; allo
stesso tempo suscita almeno in me, nella mia persona, sgomento e una domanda, e
cioè : quanto contiamo noi cittadini del mondo nelle mani dei folli del momento
sparsi ovunque nel mondo.
C’è un pazzo da qualche parte che semina
guerre, morte.
Parrebbe francamente un’ancora di salvezza il
poter scrivere di argomenti che più sono attinenti o consoni alla vita di ogni
giorno; è sembrata almeno fino a due, tre anni addietro, la nostra vita, una
primavera senza fine, meravigliosa anche, nonostante le difficoltà sia di
carattere economico che sociale e forse talmente abituati da non essere stati
grati; ora c’è e viviamo una sorta di rammarico, di abbrutimento, come essere
stati catapultati in un medio evo oscuro fatto di ombre e di poco chiarore….. e
quanto accade dentro e fuori di noi
parrebbe una conferma.
Ora siamo scivolati in un cuneo da brivido
freddo, senza essercene resi conto “ qualcuno” ha deciso per conto nostro di
andare a impelagarsi con qualcosa di più grande di lui, e questo qualcuno fa
parte di quella famiglia di “ qualcuno “ che in qualche parte del mondo sparge
terrore e guerre.
Ci troviamo consciamente o inconsciamente
immischiati in un qualcosa a cui non dovevamo assolutamente avvicinarci, è
stato come andare a cacciarsi in un covo di vipere.
Ma la cosa che più lascia attoniti, che più fa
male, è la pratica in assoluto della violenza, il prendere atto che l’uomo non
imparerà mai nulla dalla storia passata, e questa nuova sarà ancora da
scrivere,come lo sarà quella dei balcani…. Il Kosovo.
Allora qual è il senso, il suo significato
nella storia: AUSCHTWIZ?
Che senso e significato dare a: Primo Levi, Se
questo è un uomo?
Qui, in questa odierna mattanza politica, non
c’è ragione, non c’è intelligenza né cultura, non c’è niente di umano, c’è
solamente l’orrendo gioco della supremazia geo-politico, c’è l’uso
dell’intolleranza zero, non c’è l’uomo, ma il suo vice: la bestialità,
l’ottusaggine, la mancata umanità, da ambo le parti sacrificata in nome di un qualcosa
che potrebbe essere indefinibile, ma che è stata definita: sovranità! E in suo
nome si perpetua l’antico e ancestrale canto della morte, delle distruzioni.
Non posso io personalmente cittadino del mondo,
senza patria, senza confine, accettare quanto accade e con quanta testardaggine si prosegui su
questa strada che non porta da nessuna parte.
Mi chiedo che cosa sia quel grande desiderio di
mostrare i muscoli, la propria forza, la propria capacità distruttiva se non la
stupidità, se non il grande desiderio di sopprimere l’avversario e non importa
se siano inermi cittadini come me, non importa se siano bambini che vengono
recisi come fiori appena sbocciati.
E’ quel desiderio oscuro per i tanti che lo
cercano di provare l’orrenda adrenalina, come fosse una droga di cui pare non
se ne possa fare a meno; altrimenti non si spiegherebbe la presenza dei
cosiddetti volontari in una guerra estranea, che non avrebbe dovuto mai
esserci.
E allora con tutto questo addosso è impossibile
e quasi fuori luogo, parlare di amore o di quei grandi sentimenti che lo
compongono e lo tengono in vita questo osannato amore per le belle cose, per la
cultura, per la vita.
E’ come se a un certo momento l’uomo non avesse
più desiderio di esistenza, di vita.
E’ il dimenticare che siamo tutti dolenti o
volenti come in tempi remoti ebbi a scrivere e recitato quel mio monologo: “
Uomini come topi “ , perché così stiamo vivendo, come topi, prigionieri noi
stessi della nostra cupidigia, della nostra voglia di non esistere, se solo in un
immaginario.
Ma …. Io non sono immaginario! E sono qui come
un imbecille, come un incapace, senza vita, senza futuro, perché questi ormai
appartengono a dei, Dei minori, oscuri, ancora più imbecilli di me: Vincenzo
Calafiore!
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