mercoledì 23 aprile 2025


 

Io che rubo ai sogni

 

 

 

Di Vincenzo Calafiore

23 Aprile 2025 Udine

“ … il destino degli uomini

è indissolubilmente legato

all’umore del mare….. “

                         Vincenzo Calafiore

 

 

 

Io, Vincenzo Calafiore, scrittore che per vivere rubo ai sogni, ora mi pare d’essere, ridotto qui tra Pace e Paradiso, come trapassato in contemplazione, statico e affisso a un’eterna luce, o vagante privo di peso, memoria, sopra i cieli di un mare grande come un oceano.

Mi pare ora ( vecchiaia puttana) che ho il tempo di lasciarmi andare al vizio antico, quanto la mia vita, di distaccarmi dal reale e di sognare, volare!

Forse per il mio alzarmi presto, sin da ragazzo, estate e inverno, sereno o brutto tempo, ancora notte, sedermi in balcone e aspettare l’alba, il sole che fuga le ombre, i sogni, le illusioni, riscopro ogni volta la verità del mondo, la terra, il mare, questo Stretto, solcato da navi e traghetti, barche, felughe. Amo questo mare! Questo mare inciso nei suoi azzurri in luglio come in agosto.

Mi metto allora a scrivere, a tessere ricordi, miei, della vita, di questo mare, quest’infinito oceano di racconti e storia, d’avventure.. sono nato , e chi lo sa più quando, su una spiaggia di Reggio Calabria. Il nonno di mio nonno si chiamava Domenico, è diceva << lo Stretto è troppo largo>> lavoravasui ferry boat;così mio nonno Domenico che respirando acqua salata e nafta, si immalinconiva quando sentiva dire a qualcuno che diceva al figlio << Guarda, quella è l’Italia>>.

Apparteneva mio nonno, a quel tipo di uomini, così io, che andando e venendo sui ferry boat esportava Meridione e importava Italia molto fiero dell’unità nazionale, anche se da questa tradito.

Tuttavia quando saliva sul traghetto non si sentiva mai pacificato, né tranquillo.

<< Noi non siamo tonni >>, ripeteva sempre, e affermava di vederli i tonni che in banco attraversano lo stretto.

Io in verità non li ho mai visti dal traghetto, ma solo andando in barca, andando “ là dove il mare è mare” e dove, però non ci sono mai stati i pesci abissali, l’orca ….

“L’umanità anfibia dello Stretto, parca come una terra incoltivata e al tempo stesso eccessiva come un mare sconfinato.” Questo significa essere “ Terroni ! “ .

E invece è bello questo mare proprio perché è stretto perché da Messina puoi vedere la Calabria a occhio nudo, perché sono appunto questo gli Stretti, scorciatoie che i mari e gli oceani si sono inventati per ridurre le distanze.

Lo Stretto è un dono di Dio, il Ponte è un dono a Dio per venirci a trovare! , questo dicono i pescatori che vanno su e giù per lo stretto. A Messina ci andavo a comprare il sale fino e grosso, perché in Sicilia non c’era il Monopolio. Il sale lo vendevano in cilindri di carta bianca con la scritta in rosso sbiadito “ Sale fino o Sale Grosso “ confezione da 1 kg. Amavo quei graffiti d’amore e nostalgia che i passeggeri dei treni incidevano sulle pareti interne delle stive, ferro verniciato di bianco antisalsedine a pochi centimetri dalle carrozze ferroviarie … ricordo i “ Maria ti amo”  “ abbasso i polentoni “. Solo sui ferry boat si sente la tristezza di una terra che non si congiungerà mai con il suo futuro. Allora non capivo quanto si somigliassero “ Scilla e Cariddi “ e non solo perché sono due spose povere; il punto è che nessuno aveva capito che “ Messina e Reggio sono un’unica città divisa da un tratto di mare e da un abisso di contraddizioni.

Tuttavia ricordo quando il sole si era da poco levato in cielo, sotto quella luce da “ mattinata del mondo” ai pescatori, a noi viaggiatori dello Stretto pareva davvero che l’Italia fosse così a portata di mano ed invece era lontanissima da noi, abbiamo creduto noi emigranti con la valigia di cartone a quel sogno che l’Italia fosse la nostra Patria …..

Eppure erano belli quei ferry boat nonostante la puzza, il rumore di ferraglia, e l’odore forte della salsedine, vedevamo l’Italia nei colori cangianti del mare; cercavamo senza mai trovarla l’Italia nelle diverse velocità delle correnti, nei vortici, nelle “ scale di mare”.

E mentre la costa calabrese si avvicinava, un occhio al cielo e uno alle persone in fila, si accorgevano e si rendevano conto che quel traghetto somigliava sempre più a una zattera.

E infatti sugli stessi traghetti che diventavano sempre più sgangherati, sempre più meridionali, sempre più isola, sempre più Mediterraneo!

 

 

 

 

 

 

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