mercoledì 26 gennaio 2022


 

Vincenzo Calafiore

27 Gennaio 2022 Udine

 

…. Ricordare la “ Shoah “ !

Oggi occorre dargli un significato

che rimanga impresso nella – memoria -.

Altrimenti sarà una data importante

da celebrare con la solita ipocrisia propria

dell’umano. Come lo è “ l’evento Shoah

forse fin troppo umano. Dal quale sempre                                                

si deve ripartire; affinché si indaghi sulle

individuali e collettive radici del razzismo,

della xenofobia, dell’antisemitismo. “

                                Vincenzo Calafiore                   


 Se questo è un uomo

                                                                                     

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

Voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per un tozzo di pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

   Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole

scolpi tele nel vostro cuore

stando in casa andando via,

Coricandovi alzandovi;

ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.       Primo Levi

 

 

 IL CORAGGIO DI VIVERE

 

Oggi si celebra il  - Giorno della Memoria – e ci vorrebbe una cartolina da Auschwitz, il Lager -simbolo nella memoria storica e nell’immaginario collettivo, del delirio di onnipotenza di Adolf Hitler; il quale assisté drammaticamente alla fine del suo Reich, dal bunker sotto Berlino.

AUSCHWITZ ,  è il Lager- simbolo del sistema concentrazionario nazista ma anche espressione profonda della crisi della civiltà occidentale e della ragione umana.

Il Lager-simbolo della Shoha, evento definito umano, forse fin – troppo umano – che sottratto alle leggi della storia si trasforma in un evento metafisico inspiegabile.

L’analisi odierna deve assolutamente rimuovere i molteplici luoghi comuni antistorici e la stereo tipizzazione dei fatti e dei suoi protagonisti su cui si fondano le nostre conoscenze. Che ricordano di ricordare questa “ storia “, letta ancora oggi da molti, come le agiografie sui martiri e gli eroi, solo in occasione delle ricorrenze ufficiali celebrative o commemorative.

Dobbiamo noi comprendere che l’evento Shoha, investe la storia morale di questo secolo e che da questo si deve ripartire per scavare e indagare sulle radici individuali e collettive del razzismo.

Eppure c’era la musica, in quei campi dell’orrore ! Tra le mortificazioni dei corpi, delle dignità, delle anime, tra la distruzione e l’annientamento c’era chi aveva salvato brandelli di qualcosa d’altro, e li ha difesi come ha potuto affermando così le ragioni della vita e del pensiero ove regnava il nonsenso della violenza e della morte.

Era un’orchestra di solo donne messa su nel più spietato dei Lager : Aschwitz- Birkenau! L’unica orchestra mai esistita in un solo campo di sterminio, perché i nazisti, uomini colti e raffinati, amavano la musica almeno quanto odiavano i loro prigionieri.

Era diretta da Alma Rosé, grande musicista nipote di Mahler.

La musica era per loro la salvezza, del corpo e dello spirito.

Ad Auschwitz non faceva solo freddo, non cadeva solo la neve, c’erano anche urla, latrati dei cani, comandi, pianti, lamenti, disperazione .. questi erano i rumori di Auschwitz.

Ma c’era anche un’orchestra di donne prigioniere e umiliate, il campo sentiva quelle note sotto i cieli plumbei, donne che subivano ogni giorno l’orrore e la musica era la cosa più bella, come una rosa tra i fili spinati, ed aveva un pubblico di assassini.

Assassini capaci di assaporare a occhi chiusi un’aria della “ Madama Butterfly “ e mandare a morte con un si o un gesto, un gruppo di bambini, un incubo apocalittico, da fine dei tempi.

Non a caso, Oliver Messiaen scrisse in un campo di prigionia il celebre  “ Quartetto per la fine del tempo”. Così la musica salvò quelle donne di Auschwitz-Birkenau e tutte quelle che riuscirono a sentire una sola nota di quella musica, ma capace di ricordare loro che il mondo continuava ad esistere e a sperare.

 

L’Olocausto dimenticato

 

E’ un Olocausto dimenticato quello dei Rom, razzisti persino nel ricordo, 500 mila, forse 1 milione di Rom e Sinti che morirono nei campi di sterminio.

Per loro i nazisti avevano allestito uno speciale Zigeuner Lager ,  un ghetto nel ghetto di Auschwitz.

“ Al Porrajmos “ , il termine che i nomadi usano per designare il loro Olocausto.

La Memoria degli altri, il Dramma degli altri campi come nel campo di Sachsenhausen, come ad Auschwitz. Il “ Porrajmos Rom “ sarebbe da ricordare assieme all’annientamento dei disabili e poi quello degli omosessuali.

Lo sterminio dei Rom e degli “ altri “ fu sistematico alla pari quasi di quello degli ebrei. E’ difficile recuperare  la loro storia perché i suoi protagonisti non venivano registrati proprio perché nomadi per cultura e tradizione, anche se nel tempo studi e ricerche sono stati fatti.

Un Olocausto dimenticato, questo è da ammettere anche per lo steso sottile  e sotterraneo rigetto per l’indifferenza che ancora oggi colpisce la popolazione Rom e Sinti, perché ancora oggi ritenuti geneticamente ladri, dunque colpevoli.

Nelle baraccopoli del Zigeuner Lager le donne Rom e Sinte potevano partorire i loro figli, perché quei bambini dovevano fare da cavie umane per il Dottor Josef Mengele, l’angelo della morte.

Quei “ bastardi asociali” così definiti, in Italia in base ad un ordine fascista del 1940 i Rom venivano portati nei campi di Agnone in Molise, A Ferramonti in Calabria,in Sardegna, alle isole Tremiti, a Tossicia in Abruzzo.

Dopo l’Olocausto per le genti zingare non c’è stato riscatto nel ricordo!

Lo si dovrebbe.

 

“ QUALSIASI DITTATURA CONTIENE IN SE’ LA VIRTUALITA’ E L’ANIMA DI AUSCHWITZ “  ( Vincenzo Calafiore )

 

 

 

 

 



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