lunedì 30 maggio 2022

 

C’ERAVAMO TANTO AMATI

Monologo in due tempi
Anno 1999
Recitato al Teatro di Cividale Udine

C’eravamo salutati con quella nostra promessa, che io ricordo ancora.
<< non ci lasceremo mai! >>
Poi un giorno sei uscita per andare a comprare dei fiori per dare colore e calore alla nostra casa dicesti …. ;
io ero rimasto in casa a preparare la recita della sera giù al “ Blue Bar” di alcune tra le più belle poesie di Pablo Neruda.

Rientrasti tardi quella sera e pioveva più del solito, per aspettarti, al posto mio mandai dei musicisti, volevo vedere a che ora saresti rientrata. Avevo spento tutte le luci e rimasi seduto in quell’angolo mio, al buio, in cui vado a fumare quando devo – pensare - .

Tu rientrasti, piano come una ladra in casa tua, ti muovevi nel buio, sicura di sapere dove mettere le mani, ti levasti il soprabito gettandolo sul divano come sempre fai e poi ti sei diretta immediatamente in bagno, senza chiederti dove io fossi, senza cercarmi in casa, tanto eri sicura della mia assenza.

Sono uscito dal mio angolo e ho rifatto le scale a piedi scalzi per non fare rumore e giunto dietro la porta del bagno ho guardato dal buco della serratura cosa stessi facendo. Spinto più dal piacere di guardarti che dallo spiarti.

Ti guardavi allo specchio compiaciuta, e ho visto il tuo volto che conosco bene, ed era lo stesso di quello che io ho sempre visto dopo che tu avevi fatto l’amore tutto il giorno in quel letto che profumava di rosa.
La doccia era proprio davanti alla porta d’ingresso e ho visto come ti lavavi il seno e come passavi più volte le tue mani in mezzo alle gambe che risaltavano tutta la loro bellezza sotto la doccia.
Più ti guardavo e più ti desideravo, dietro una porta, aggrappato a una maniglia … e con la stessa intensità di quando tu mi eccitavi obbligandomi a guardarti mentre sdraiata sul letto giocavi con quel lenzuolo in mezzo dal seno alle gambe!

Conoscevo il contorno delle tue labbra e poiché era in rilevo capii che avevi baciato a lungo altre labbra.
Tornai giù e raccolto il materiale uscii piano da casa.
Lo so, giocasti d’inganno!

Giù al porto, dalla banchina illuminata da luna lamentosa, seduto su una bitta, guardai a lungo il mare bordeggiare e alzarsi, bagnarmi le scarpe …. Presi quei fogli, e li librai in aria; addio Pablo, addio Neruda sulle ali di gabbiani già morti.

Consuelo, prostituta spagnola, era seduta su uno sgabello, decadente di vita, con il bicchiere in una mano e una sigaretta in quell’altra, appena mi vide con gli occhi mi fece cenno di avvicinarmi a lei, fiato con fiato!

<< Hola chico que pasa! >> mi disse con la sua corte voce sensuale.
<< Consuelo lasciami perdere, questa notte voglio solo ubriacarmi….. ! >>
<< Perché ubriacarti ci sono qua io! >>

Il mattino entrò piano nella stanza di una pensione del porto, quasi a non voler svegliare lo squallore dei tanti uomini e donne che hanno lasciato tra le lenzuola. Lei riversa su un fianco, dormiva ancora profondamente. Aveva in viso un’espressione di contentezza che lo segnava, con le mani sul mio petto, attorno al collo.
Pensai alle mie notti ruggenti, alle canzoni cantate in sottovoce con una chitarra poco accordata. Alle serate di follia sulla spiaggia quando accovacciati attorno ad un falò io le raccontavo dei miei viaggi dentro una lontananza flagellata dal desiderio di andarci e tornare con le mie pochezze in mano.
Lei era quella che mi faceva gioire e a sentirmi un dio sulle tavole del piccolo palcoscenico dal quale recitavo le poesie di Pablo Neruda e le sentivo mie, parte della mia vita da granchio tra le alghe!

E piange il cuore lasciando un amaro in gola che diluendosi con la saliva si raggruma ai bordi di un cuore che non vuole più tornare.

Raggiungo allungando le braccia dalla finestra, un ramo di un rosaio, strappo una rosa che lascio sul comodino. Una rosa come il profumo delle lenzuola…. Uscendo accosto la porta senza fare rumore, lasciando anch’io come tanti il mio squallore!
C’è animazione e un sole che costringe gli occhi a chiudersi, sistemo il cappello in testa, e accendo una sigaretta, io già ti lasciai senza rimpianti senza ricordi, vuota come quando ti levasti lo sporco di dosso, non saprei più come chiamarti!

 

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