Non smetterò mai, di amarti
Vincenzo Calafiore
20 Novembre 2023 Udine
“…. Lavinia mi chiedi se ti amo,
si che ti amo, non smetterò mai di
amarti,
anche se dovessi inventarmi una vita.
Il tempo è qui sulla mia pelle, nei
giorni inventati
con una casualità disordinata, lui non
ha memoria.
Per me anche la memoria ha un suono, è
un suono,
forse soltanto un modo di abbassare la
voce qui
dove tutti urlano….. “
Vincenzo
Calafiore
Per amarti, o per
poterti amare mi sono inventato un linguaggio mio: i miei occhi!
Non servono solo per
guardarti, ti dico tutto con gli occhi e colgo con gli occhi ciò che i tuoi
dicono.
L’amore, è ciò che
vorrei dirti, e che quello che sento in
me è nei miei occhi.
I miei occhi e i tuoi Lavinia si cercarono in
quell’atmosfera rarefatta dei giorni, piena di silenzio e si incontrarono. .
…. quei tuoi occhi grandi come cielo di
notte che tentano di nascondere le vette della tua tempesta !
Guardo la pioggia
insistente, dalla mia finestra. E penso all’estate, alle spiagge assolate, ai
miei capelli bianchi, al chilo di troppo; non posso essere invecchiato in un
anno … è che senza mai guardarsi allo specchio si vedono cose che prima non si
notavano.
Penso che vorrò una
vita intera senza specchi.
Non hai mai capito
che vivo di te, ti sei sempre tenuta alla larga dai turbamenti, quelli che io,
da qualche parte dentro di me, sento.
Amore! Ecco, la
parola che non trovo in questa follia, in questa folle vita, folle cruciverba
che sto facendo da tanti anni, forse l’ultimo prima che anche il mio cervello
diventi un grafico e si trasformi in un indecifrabile, anomalo cruciverba.
Mi piacciono quegli
schemi con i loro spazi esatti, caselle nere e caselle bianche, senza possibilità
di approssimazioni o scappatoie; ma non spiegano cosa sia l’amore.
Ma un poeta si, che
ne è capace … ricordo i vuoti di Mallarmé, gli spazi nella sua poesia lasciati
in bianco come fossero pieni, il vuoto non come spazio da riempire …. Il vuoto come linguaggio in sé. Forse il
bianco nasconde un significato preciso, come i tuoi occhi Lavinia ?
Gli ingredienti
immutabili dei miei giorni : ricordi, desiderio, attesa .
Oscillo tra questi
tre.
La luce del mattino
illumina i vasi di vetro trasparenti pieni di pezzi di vetro colorati che ho
raccolto su tutte le spiagge dove sono stato, grandi e panciuti, sento la
levigatezza del vetro e penso che la luce li riscatti dall’oblio, dall’oscurità
della – dimenticanza -, per un momento mi illudo di comprendere tutto, quanto
da te mi separi.
C’è stato un tempo
in cui non si buttava via niente, nemmeno la speranza.
Un bacio era una
cosa rara nella vita di una persona e veniva custodito come un tesoro. Il
dolore si conservava gelosamente per non dimenticarlo. E da quello si imparava.
Adesso consumiamo
tutto, rompiamo tutto, ci disfiamo di tutto.
Io e la mia vita non
ci siamo conosciuti.
Guardo le mie mani
nervose, agili,, mani esperte.
Noi facciamo con le
mani quello che abbiamo visto fare prima di noi. Le mani hanno frugato nella
terra, fregato per terra, hanno spezzato il pane, hanno lasciato la loro
impronta nella pasta, nel pane, sui manici, sui ferri di lavoro, sulle armi.
E ci sono state mani
che hanno preso una penna e hanno tracciato un filo che gira intorno al mondo,
hanno scritto lunghe lettere, diari, libri ….. le mie mani discendono da queste
e parlano di te, Lavinia.
Prima, nell’amore, l’unione
della carne era un linguaggio, i baci erano un linguaggio. Il silenzio era un
linguaggio grazie al potere della carne.
Adesso, la carne non
da più conferme.
Tutti fantocci,
amputati, rappezzati dalla testa ai piedi!
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