venerdì 16 maggio 2014


L’UNICA CERTEZZA E’ L’INCERTEZZA

By Vincenzo Calafiore

Dalle alture di Costantinopoli abbiamo visto l’ellena terra e il suo mare.
Tornammo dopo un lungo viaggio negli angoli spregiudicati di una memoria che ad ogni costo ha voluto che noi fossimo là, come un giorno di prima vita avvolta dalla bruma di nuvole basse svaporate agli orli.
Custodi d’una promessa a chi con noi era partito negli anni prima che s’era fermato ormai stanco nelle terre basse di Koranzukz, custodivamo la “chiave” che avrebbe potuto permetterci di conoscere, una volta giunti sul Monte Athos, i misteriosi disegni di noi predestinati con la coscienza morta dopo le stragi degli Armeni.
Non potemmo che rimanere in silenzio consci che l’esperienza subita ci fece apprezzare una libertà e un’indipendenza di cui non potevamo più farne a meno.
Raccontiamo di terre che non vedremo mai più e di fatti di cui non saremo più testimoni ma che noi, reporter, abbiamo potuto osservare dal vivo.
Noi, con la nostra unica chance di guardare da vicino grazie ad una mediazione interiore, grazie ai nostri occhi che si sono affidati agli eventi, a violenze, raccontate in punta di biro per svelarle poi a coscienze assopite. Che incapaci di trattenersi non solo da menzogne e invenzioni, ma anche dal fingere di sapere più di quanto non sanno.
Karl aveva uno sguardo più acuto di noi, marinai, che abbiamo solcato gli oceani, riportando a casa dal nostro viaggiare  messi infinitamente più ricche, poi sulle bocche di tanti private dal loro significato originario, senza più poesia, senza amore, senza inchiostro.
Un tempo eravamo capaci di raccontare di ciò che avevamo visto in modo convincente e anche pennellato di poesia riuscivamo ad inchiodare il lettore sin dalla prima frase riuscivamo a tenerlo in tensione fino all’ultima poesia. Poi nel tempo i grandi maestri dell’illusione hanno avuto il sopravvento e la razza di lettori fu pian piano traslata sulle pagine di libri pieni di figurazioni senza parole così andarono perduti gli accenti e gli apostrofi, finirono per non saper più leggere e parlare.
I reporter confinati agli angoli estremi di un sistema riduttivo, più di grosse cifre.
Ci sono state grandi rivoluzioni e tante sconfitte, massacri, deportazioni, raccontati sommariamente perché così fu imposto, le bugie e i falsi ebbero il sopravvento. Ma in quell’umanità macerata dall’ingrasso non morì il desiderio di “informare” raccontando le verità celate e ebbero inizio le lunghe epurazioni fra le fila di quei marinai drogati dal profumo dei soldi.
Partimmo in tanti per direzioni e mari diversi in un’alba senza forma esausti del fracasso della finzione bramando ciò che funzione non è; incapaci di distinguere la verità dall’invenzione, partimmo al fine di placare la bramosia di verità in un modo più completo e più a misura di un essere umano.

La non esistenza della verità assoluta.

Inviammo a milioni di abitanti di questo pianeta racconti forse in modo non molto diverso da come gli antichi ascoltavano narrare del coraggio di Achille o delle avventure di Ulisse.
E il fatto che il mondo è ebro di significati fasulli, e invece che di una verità assoluta esiste un brulicare di verità relative che si contraddicono l’un l’altra e che l’unica certezza è la saggezza dell’incertezza.!  

 

 

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