mercoledì 23 luglio 2014

LA DOMENICA
 
“ C’è stato un tempo in cui guardando un – vecchio – mi sentivo lontano da lui. E’ stato così breve  che un giorno guardando mio nipote  mi sono sentito distante perfino da me stesso e da quel che ero e quel che sono ora: ho scoperto i ricordi, e di tanto in tanto a quella fonte mi ci reco non per ricordare ma per vedermi giovane. Ed è ogni volta come guardare un film del quale conosco il protagonista e non posso che accarezzarlo con gli occhi del ricordo, mio Dio quanto sono invecchiato!
 
di Vincenzo Calafiore
 
Forse ciò che sto per scrivere a qualcuno non potrà piacere ma lo scopo non è il raccontare o il rammentare è un altro, forse il, come sarà!
 
 
Già dal sabato per le vie del rione ove abitavo si sentiva nell’aria il profumo dei sughi del quale mamma diceva che per essere un buon sugo, questo deve balbettare. Panni stesi ai fili davanti alle finestre e ai balconi, camminando lungo la via e alzando lo sguardo nella sua profondità si vedevano questi colori sventolare nell’aria secca che non faceva sudare. Allora s’udiva per la strada uscire fuori dalle finestre le note  di “ i’ll never foll in love again “ o di “ Raindrops keep falling on my head” dell’orchestra di Burt Bacharach, c’era anche Doris Day con la sua – che serà serà – e Frank Sinatra.
Era domenica.
E si andava con tutta la famiglia al mare, non nella solita spiaggia, e su quella  Fiat 850 assieme ad altri amici con la 600 Multipla blù si raggiungeva la spiaggia libera di Marina di San Lorenzo ( Melito Porto Salvo). Ci si fermava a Capo Spartivento un promontorio a strapiombo sul mare cristallino, una magica visione che con un po’ di fantasia ci faceva vedere la nostra madre patria: la Grecia.
Non potevano mancare il “mangiadischi” e la radio a transistor solitamente appoggiata sopra ad uno scoglio per ascoltare le partite; mia madre allora, giovane e bella, agile, con quello sguardo dolce e severo allo stesso tempo, innamorata di mio padre, se lo coccolava e se scappava qualche momento d’intimità noi ci tuffavamo in mare per lasciarli un po’ soli.
Lei pensava a tutto, era la regista, l’organizzatrice, la reggente!
A noi figli vicino all’ora di pranzo, dava l’incarico di apparecchiare la tovaglia plastificata a fiori, che bloccavamo a terra poggiando agli angoli pesanti sassi, mentre Gino Paoli cantava “ Sapore di Sale” e Riccardo del Turco “ Luglio”.
Piatti in plastica così pure i bicchieri, la bottiglia termica, e non poteva mancare l’anguria messa in acqua al fresco!
Sulla spiaggia erano molte le famiglie, più o meno numerose, nascevano i primi amori, scappavano i primi baci nascosti fra gli scogli!
Mio padre sotto l’ombrellone ci seguiva con gli occhi, non ci perdeva di vista, faceva il bagno assieme a mia madre che non lasciava mai sola mentre noi eravamo impegnati a conquistare la figlia della famiglia accanto che alla fine si aggregava alla nostra per giocare a carte o ascoltare la musica, mentre le autovetture parcheggiate poco distante, coi finestrini aperti, ospitavano qualcuno che si addormentava sui sedili posteriori.
Si giocava a calcio e nell’acqua, fino al pomeriggio inoltrato.
Il momento triste arrivava e bisognava ripiegare tutto, si puliva la spiaggia e poi il commiato dalla conquista con la promessa di rivederci la domenica successiva alla quale si faceva di tutto per non mancare.
Poi come accade immancabilmente le cose cambiano in nome di un progresso che ha spazzato via tutto, e su quella spiaggia nacque un villaggio turistico, cambiò pure la musica che spazzò via Frank, Burt, Doris,Paoli,Peppino di Capri, invece della melodia venne il gran rumore e il parlato. Fu l’inizio della fine, un cambio epocale che non associava ma disgregava, così pian piano si assottigliarono sempre più “ quelle domeniche” e di loro rimasero riposti in un armadio la tovaglia a fiori e le bottiglie termiche, il bidoncino di 5 litri d’acqua e tante fotografie in bianco e nero di visi sorridenti e di ragazze mai più incontrate.
Sono rimasto io, irriconoscibile e sgraziato come il mio tempo assetato di ricerca di quei momenti, piccoli fotogrammi dietro il bianco degli occhi, nella memoria che ripropone per non farmi morire da ignoto.

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