sabato 3 gennaio 2015







E’ UNO DI QUEI GIORNI…

Di Vincenzo Calafiore

Ci sono alcuni risvegli che hanno la capacità di rendere la giornata bella e accattivante, magari saltellando con una canzone in testa e salutare, fermarsi anche a scambiare qualche parola anche con la persona più antipatica fra le amicizie.
Ci sono invece certi risvegli che consigliano di rimanere a letto a continuare a sognare e a non incontrare nessuno.
Non è sempre così, ci si rende conto anche di avere un peso addosso che grava e non lascia spazio a diverse interpretazioni, è l’età, il dolore nuovo, un movimento che non si riesce più a fare, una certa stanchezza di tutto, specialmente di coloro che fanno di tutto per rovinare la vita agli altri.
Allora ci si alza ugualmente, magari ci si lava sommariamente e non ci si rade la barba, limitandoci ad indossare la maschera più adatta fra quelle negli armadi, per fare l’ingresso in scena.
Lo sconcerto più grande è la constatazione, il rendersi conto che è quanto meno vomitevole e pur si
“ deve” ad ogni costo mettersi in gioco, o in discussione, essere obbligati comunque a sporcarsi le mani e i piedi.
Oggi è uno di quei giorni scoloriti e senza desideri, volontà di fare alcun che.
Vorrei potendolo fare salire su un aereo e andarmene da qualche parte da solo al mare, e rimanere nel silenzio totale della coscienza, ad ascoltare e a pensare, immaginare e sognare cose irrealizzabili come una casa in riva al mare lontana dal pattume e dalla mediocrità quotidiani cui si è sottoposti.
Scrivo e penso a questo mare lontano sento perfino la piacevole sensazione di sprofondare le mani nella sabbia, e della salsedine in faccia, ma mi trovo davanti allo schermo del mio pc e le mani sulla tastiera, rimango deluso e in compagnia di una confusione in testa di desideri più strani, come quello di poter fare l’amore ed invece è solo pensiero.
I giorni se ne vanno spietatamente, diventando mesi, anni, e mi rendo conto di avere la mia età, delle tantissime delusioni, delle pochissime soddisfazioni e non so più cosa fare per rimettermi sulla corsia del “ + ” !
Come sempre e alla stessa ora qualcosa mi fa aprire gli occhi, faccio il primo caffè, e intanto apro la scatola che contiene i “ pizzini “ i miei famosi appunti volanti su qualsiasi pezzettino di carta, incisi di biro rossa o nera, blu, accendo il pc e apro il file del libro “ MAREE” .
Intanto fumo la prima sigaretta come fossero le sette ed invece sono le tre del mattino e sarei dovuto rimanere a letto…..
E’ un libro difficile, poiché il personaggio Sebastian entra ed esce continuamente dalla sua vita, si scontra con il suo passato e con l’odierno, lotta con il suo male che lo conduce piano alla morte; rileggo le pagine e comincio a scrivere a dialogare con Sebastian, e con la sua donna, Andreas. A fatica reggo lo sdoppiamento, il passare dal pensare al maschile al femminile, di agire, di amare. E mentre scrivo mi viene in mente il mio passato le cose perdute gli amici e qualcuno con cui sin dai primi miei vagiti ho vissuto. Mi fermo a pensare a questa cosa e mi assale la rabbia, il rancore, la delusione e il grande desiderio di allontanarmi da questo pattume odioso, se poi a questo si aggiunge l’altra delusione, quella di un amico che ora desidero solo ripudiare.
C’è un puntino che sullo schermo pulsando come un cuore, richiama la mia attenzione e torno nuovamente a scrivere a colloquiare con Sebastian e Andreas!
Noi imbrattatori di bianchi fogli, parolai prezzolati, inventori di parole, siamo ormai una razza in estensione, superati  da un’altra, rampante e famelica che predominano e invadono, con una dialettica diversa con parole lucide e taglienti. Si aggiunge ai “blasonati” scalzandoli a volte.
Allora mi rendo conto rapportandomi con questa specie che per me non c’è alcuna possibilità di “ galleggiare” in quel mare che è l’editoria invasa e satura, brulicante di esseri capace di tutto pur di raggiungere il suo scopo. E nonostante l’aver compreso di non avere nessuna via di scampo conscio della mia sconfitta, continuo ugualmente a riempire pagine di parole dentro uno schermo.
Eppure, stranamente sono felice e pur non sapendomela spiegare continuo nella mia alternanza dei meno e dei più a vivere a continuare a sognare, ad amare, a mettermi in discussione sempre, a valutarmi e a odiarmi, a buttarmi nel fosso e a risalire la china, perché sono un autore libero, sono un uomo libero e non un uomo lumaca costretto a portarsi addosso la sua casa pesante di cose futili e inutili!

Nessun commento:

Posta un commento