venerdì 30 gennaio 2015



IL FASCINO DELL’ATROCITA’

Di Vincenzo Calafiore



Alla fine del secondo conflitto mondiale sovietici e americani scoprirono le atrocità commesse in quei campi di sterminio ormai noti a tutto il pianeta.
Nel 1991 durante la guerra del Golfo diversi fotoreporter s’imbatterono in colonne di veicoli militari, incendiati dai bombardamenti americani, nel Sud dell’Iraq che contenevano ancora i corpi carbonizzati dei soldati, creature di carbone e cenere con le sembianze umane.
Vennero fotografate e quelle immagini allora avevano fatto il giro del pianeta, ma anche quelle dei campi di sterminio, allora.
Si era pensato che quelle orribili agghiaccianti immagini avrebbero potuto in qualche maniera cambiato il modo o la maniera in cui si guardava la guerra, che fino a quel momento era stata presentata  come un’operazione chirurgica, quasi incruenta; chi non le ricorda quelle parole?
Appunto per questo e perché avrebbero avuto quelle foto un effetto inquietante, furono giudicate inadatte e quindi non vennero mai pubblicate, ma fecero ugualmente il giro di tutte le redazioni del pianeta.
Come dimenticare la decapitazione di James Foley?
Penso che da sempre le immagini di morte sono state affascinanti, pur essendo allo stesso tempo ripugnanti; diceva Edmund Burke, filosofo irlandese, “ di una disgrazia atroce e inusuale; quindi sia che ce la troviamo sotto gli occhi sia che la immaginiamo ripensando al passato ci riempie di piacere”. Ma poi si affrettava ad aggiungere: “ Anche se quel piacere si mescola al disagio..”.
L’eccessivo fascino che esercitano le atrocità moderne conferma la sua teoria. Capita sempre o sovente che vedendo una persona morta o in agonia vaghiamo in una misteriosa sensazione di sollievo che ci porta a pensare: “Per fortuna non sono io”, e il terrore di immaginare: “ Un giorno toccherà a me.”
Certo che è difficile immaginare una guerra senza le foto degli inviati fotoreporter, sono immagini che raccontano, che turbano e definiscono le guerre e lo fanno proprio attraverso l’orrore; la sofferenza che rappresentano è la metonimia dei conflitti.
Mi chiedo: è dunque necessario vedere tutta la violenza della nostra era? Le immagini brutali possono suscitare reazioni opposti: l’invito alla pace o il desiderio di vendetta. Ma forse più semplicemente la tempesta di immagini tradisce l’indifferenza nei confronti di quello che significano, come se in un certo senso più vediamo e meno sappiamo.
La nostra è un’era scritta col sangue, da dimenticare, da cancellare. Ogni giorno ad esempio il gruppo jihadista attivo in Iraq e in Siria guadagna milioni di dollari grazie al contrabbando di petrolio e di reperti archeologici, ai rapimenti e alle donazioni private. L’economia del gruppo è basata principalmente sulla produzione e la vendita di risorse energetiche confiscate, dalle tasse e dalle estorsioni a cui sottopone i civili, dal sequestro di conti bancari e patrimoni privati, dai rapimenti. Si calcola che negli ultimi due anni l’organizzazione abbia raccolto circa quaranta milioni di dollari di finanziamenti da governi e privati di ricchi stati petroliferi come l’Arabia Saudita, il Qatar e il Kuwait compresa una vasta rete di donatori formata da principi, imprenditori e famiglie facoltose del Golfo Persico.
Sono cose note, ma necessarie alla politica, e fino a quando si continuerà ad obbligarne la convivenza le cose non potranno cambiare e chissà dove andremo a finire. Ma anche stiamo assistendo alla distruzione e al saccheggio di siti archeologici e musei. Assistiamo alla nostra distruzione pensando di non farne parte!
Ma ci sono anche le atrocità commesse contro le donne da parte di uomini imbecilli e peggiori delle bestie, uomini violenti che vivono di violenza, senza andare tanto lontano… sono tanti i casi, le statistiche parlano di un loro aumento. Questi “ mezzi uomini “ andrebbero sbattuti in galera con il vitto e l’aria e la qualsiasi cosa data una volta alla settimana fino a farli morire in prigione o semplicemente metterli in condizione di provare su loro la stessa violenza che hanno usato contro le donne.

mercoledì 28 gennaio 2015



IL GIOCO DELL’INCONTRARIO



Di Vincenzo Calafiore
E’ la nostra vita uno strano gioco dell’incontrario, è come trovarsi in diverse stanze in cui si soggiorna apparentemente per lunghi o brevi periodi, ma il tempo è lo stesso per tutti, cioè una specie di percorso obbligato a cui difficilmente ci si può sottrarre.
Questi “tempi” così precisamente rispettati, fanno vivere situazioni e ambientazioni singole, diverse per tutti, chiamate pure  giustamente o ingiustamente – esperienza -; di cosa io stia parlando non lo so nemmeno io, poiché non saprei dare una precisa definizione all’argomento di oggi. La prima che mi viene in mente è la – senilità- e onestamente altre meglio per definire la – nuova condizione- non ve n’è.
Nella prima “ stanza” piena di balocchi il tempo lo passiamo a giocare, ignari e senza pensare a chi ci ha permesso di giocare con tanti giocattoli e a chi ci ha nutrito, accudito, protetto, aiutati a crescere, a darci dei principi e valori, insomma a prepararci alla lunga corsa al massacro più avanti. Questa figura onnipresente, indispensabile, quasi pure abitudinaria è la Mamma, colei che ha mani grandi capaci di avvolgerci fra le sue braccia meglio di qualsiasi altro vello, che ci ha fatto attaccare alle sue mammelle per nutrirci.
La “ stanza dei sogni” ah….. l’età giovanile, mente e corpo perfetti, elastici; è una condizione in cui ci sentiamo come una vela piena di vento capace di affrontare i mari più pericolosi, più insidiosi, navigare in tutte le condizioni e sempre comunque legati con un invisibile  alle mani della madre, l’unica capace di salvarci nel suo porto sicuro. E’ la stanza più bella, in cui proviamo ad imparare a come procreare, a conoscere il sesso….. io me lo ricordo, si che  lo ricordo e basta, appunto.
E’ un argomento la – senilità – così vasto che è quasi impossibile la sua definizione, inutile provare a darne qualcuna; io ci provo a raccontarla a questa maniera e anche brevemente lasciando lo spazio alle aggiunte e varianti personali, al maschile e femminile.
E poi la “ stanza della maturità “ La più grande, il più grande crocevia di migliaia di strade più o meno caotiche, zeppa di semafori, di percorsi facili e difficili, di prove continue, di traguardi mai tagliati, di cose riuscite e fallite, di felicità e infelicità, di fallimenti e di pochissime e rare vittorie, di esami.
Ci cementiamo in questo gioco al massacro avendo già procreato delle fotocopie di noi stessi, è la stanza in cui abbiamo avuto la possibilità di fare delle scelte giuste o sbagliate, buone o brutte per le quali abbiamo pagato un prezzo. E’ la stanza in cui non ci sono specchi alle pareti e qui vi soggiorniamo più a lungo delle precedenti.
Poi un giorno così, sbadatamente, alzando gli occhi ci accorgiamo degli specchi e ci guardiamo! Come oggi io …… e mi sono chiesto: ma quanti anni ho?
E’ la condizione in cui scopriamo di essere stati dei buoni o cattivi genitori e sposi, ci rendiamo conto di aver comunque cercato di portare a buon fine il compito per cui siamo venuti al mondo, ma anche di essere o non essere stati dei buoni mariti, dei buoni padri, dei criminali, dei violenti, degli incapaci, degli stupidi, dei grandi lavoratori. E nonostante ciò continuiamo in certi casi a fingere, a continuare ad indossare una maschera per ingannare ancora; continuiamo a tradire i principi che la nostra grande “nutrice” ci lasciò nelle mani un giorno.
Tanti e sono davvero tanti in questa condizione cercano e credono di essere ancora nella stanza dei sogni, e continuano in una specie di lunga immaginazione che nulla è cambiato, che nulla è impossibile.
Ma nell’ultima stanza, la “ stanza della senilità” non ci sono più balocchi, né spazio, né mare! C’è il grande vuoto, la pochezza, le limitazioni, le assenze, la perdita della cosa a noi più cara, la più intima, la più importante: la virilità!
Senza questa è come trovarsi senza una gamba o un braccio peggio ancora senza memoria, e lo scopriamo a letto quando cerchiamo nel buio di una stanza di fare sesso e ci accorgiamo quanto facile sia stato farlo in passato quando toccando con mano sentivamo un “ nervo teso”, quanto difficile sia ora e deludente sentire nelle mani un nervo penzolante e brutto, buono in certi solo a fare la pipì, o come è già accaduto qualcuno tenendolo in mano csi chiede cosa se ne deve fare. E’ pure questa senilità oltre agli acciacchi, ai nuovi dolori, alle nuove deficienze ci fa dono della saggezza e con questa tutto potrà essere comprensibile, diversamente sarà un vero dramma.
Forse dovremmo imparare a convivere con questa nuova e ultima realtà per avviarci in quel triste viale del tramonto pensando che siamo stati luce e albe, mari più o meno calmi, dei buoni maestri o esempio, con i nostri rimorsi, coi ricordi e con un passato del quale forse sarebbe bene non tenerne conto…… “ ei fù “  !

sabato 24 gennaio 2015



O’SCIA’

Di Vincenzo Calafiore


Potremmo usarlo  “ O’scià” per dire ti amo, oppure ti voglio bene, o semplicemente ciao; una parola piccola che riempie gli occhi e il cuore di cose tutte inerenti all’amore, è emozionante. Ma ne esiste un’altra, stessa lunghezza d’onda, stessa brevità, ma dal significato completamente diverso “ SHOA’ “   che significa memoria o per non dimenticare, parola che costringe l’alzarsi in piedi e chinarsi in segno di saluto, di rispetto, a posare la mano sul cuore per un’eterna fratellanza.
“ SHOA’  “ è figlia di tante madri di cui vale la pena ricordarne alcuni nomi che hanno tutti assieme riscritto la storia dell’umanità intera, e hanno portato a sedere allo stesso tavolo tutte le lingue delle etnie che popolano questo pianeta blu, vincitori e vinti, stupidità e intelligenza:

Nome
Stato
Tipo
Operatività
Prigionieri
Vittime
Sottocampi
Web
Germania
Campo di lavoro
8 aprile 1942
11 ottobre
 1942

min. 600


Polonia
Campo di concentramento, sterminio e lavoro
20 maggio 1940
27 gennaio
 1945
400.000[3]
1.100.000[3]
Norvegia
Campo di concentramento
marzo 1944 - ?
800
250


Polonia
Campo di sterminio
marzo 1942
giugno
 1943
434.508 - 600.000[5]

Norvegia
Campo di transito
ottobre 1942 - ?
842



Germania
Campo di raggruppamento
aprile 1943
15 aprile
 1945

> 63.000[6]

Italia
Campo di transito
luglio 1944
aprile
 1945
11.116[7]
> 60[8]

Norvegia
Campo di concentramento





Belgio
Campo di prigionia e di lavoro
20 settembre 1940
settembre
 1944
min. 3.532
min. 391

Germania
Campo di lavoro
giugno 1933
marzo
 1934
e
 1940
1945
470-8.500


Germania
Campo di lavoro
luglio 1937
aprile
 1945
238.980 - 250.000[9]
34.375 - 60.000[9]
Polonia
Campo di sterminio
dicembre 1941
aprile
 1943
poi aprile
 1944
gennaio
 1945
184.300[10] - 350.000[11]


Germania
Campo di lavoro
marzo 1933
aprile
 1945
> 206.206[12]
> 31.951[13]
Norvegia
Campo di prigionia
dicembre 1941
maggio
 1945
 ?
min. 200

Germania
Campo di lavoro
maggio 1938
aprile
 1945
96.000[14]
30.000[15] - 74.000[16]
Italia
Campo di transito
gennaio 1944
agosto
 1944
5.000[17]
67[18]

Germania
Campo di prigionia
23 settembre 1943
29 giugno
 1945
872


Norvegia
Campo di prigionia
dicembre 1941
maggio
 1945
20.000



Polonia
Campo di lavoro
agosto 1940
febbraio
 1945
125.000
40.000
Paesi Bassi
Campo di prigionia e di transito
1943 - estate 1944



Germania
Campo di raggruppamento
luglio 1940
marzo
 1945
14.000
min. 302

Croazia
Campo di sterminio
agosto 1941
aprile
 1945
700.000

Kaufering/Landsberg
Germania
Campo di lavoro
giugno 1943
aprile
 1945
30.000
min.14.500

Kaunas (Kauen)
Lituania
Ghetto e campo di internamento



Estonia
estate 1943
28 settembre
 1944

ca. 2.400


Germania
aprile 1944
aprile
 1945
5.000
2.000


Francia
Campo di internamento
1939 - 1944




Leopoli (L'viv)
Ucraina
Campo di lavoro e di sterminio
settembre 1941
novembre
 1943




Majdanek (KZ Lublin)
Polonia
Campo di sterminio
luglio 1941
luglio
 1944
min. 200.000

Germania

inverno 1943
8 maggio
 1945




Bielorussia
Campo di sterminio
luglio 1941
giugno
 1944
200.000-500.000


Austria
Campo di lavoro e di sterminio
agosto 1938
maggio
 1945
195.000
min. 95.000
Germania
Campo di lavoro
settembre 1943
aprile
 1945
60.000
min. 20.000
Francia
Campo di lavoro
maggio 1941
settembre
 1944
40.000
25.000
Germania
Campo di lavoro
13 dicembre 1938
4 maggio
 1945
106.000
55.000
Germania
Campo di prigionia e di lavoro
settembre 1941
inizio
 1943
3.900
1.285

Germania
Campo di raggruppamento
marzo 1933
luglio
 1934
3.000
min. 16

Germania
Campo di raggruppamento
marzo 1933
luglio
 1934




Polonia
Campo di lavoro
dicembre 1942
gennaio
 1945
min. 150.000
min. 9.000
Germania
Campo di lavoro
maggio 1939
aprile
 1945
150.000
min. 90.000
Riga-Kaiserwald(Mežaparks)
Lettonia
Campo di lavoro
1942 - 6 agosto 1944
20.000?

16, incl. Eleja-Meitenes
Italia
Campo di detenzione
settembre 1943
29 aprile
 1945
25.000
5.000

Germania
Campo di lavoro
luglio 1936
aprile
 1945
min. 200.000
100.000
Polonia
Campo di sterminio
maggio 1942
ottobre
 1943
250.000


Polonia
Campo di lavoro (1939-1942); campo di concentramento (1942-1945)
settembre 1939
maggio
 1945
110.000
65.000
Campo di lavoro
marzo 1943
giugno
 1944
1.000?
460

Repubblica Ceca
Ghetto e campo di transito
novembre 1941
maggio
 1945
140.000
35.000

Polonia
Campo di sterminio
luglio 1942
novembre
 1943
min. 800.000


Estonia

15 settembre 1943
29 febbraio
 1944


22 (27?) incluso quello di Klooga
Polonia
Campo di lavoro e di sterminio
1942 - 1944
> 40.000
> 200.000


Paesi Bassi
Campo di raggruppamento
ottobre 1939
aprile
 1945
102.000



Il termine campo di concentramento è stato usato inizialmente per descrivere campi costruiti dal Regno Unito nella seconda guerra boera in Sudafrica.
Ma ancora prima dagli americani durante la lunghissima guerra “ razziale” tra bianchi e neri, tuttavia, il termine ha perduto molto del suo significato originale dopo la scoperta dei campi di concentramento nazisti e da allora il suo significato preciso è stato quello di luogo di patimenti e sofferenza, lavoro forzato e, soprattutto, di morte.
Per i campi di sterminio (in lingua tedesca: Vernichtungslager) non si può parlare di numero di prigionieri internati perché erano concepiti per l'immediata eliminazione dei deportati. Solo piccole percentuali di prigionieri venivano selezionati all'arrivo per servire nei Sonderkommandos, adibiti al funzionamento delle camere a gas e dei forni crematori. Queste speciali unità di lavoro venivano periodicamente sterminate a loro volta per preservare il segreto circa operazioni in corso.
Il comandante del lager Hans Bothmann riferisce ad un altro ufficiale nazionalsocialista nell’estate del 1942 parlando di 250.000 corpi già sepolti e altri 100.000 da seppellire a breve. Un  numero comunemente accettato si aggira sui 300.000- 340.000 morti  Il dato è desunto dai registri ufficiali del campo durante i suoi 12 anni di esistenza. Bisogna però tenere conto che negli ultimi caotici mesi del conflitto molti deportati, trasferiti da altri campi, vennero internati a Dachau senza essere registrati regolarmente.
La tabella - basata su stime molto approssimative - tende a far rientrare nei morti dei campi di sterminio anche le centinaia di migliaia di ebrei uccisi nelle città e nei villaggi di Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, i morti del ghetto di Varsavia e altri. Questo significherebbe far salire il conto delle vittime dello sterminio a 7-8 milioni, il doppio di quanto si calcolava fino al 1963. Il totale delle vittime riportate ammonta a circa 6 milioni di morti dal 1933 al 1945 (la somma dei dati qui sopra riportati, tenuto conto delle note, dà 5.919.482). Queste morti sono concentrate per la stragrande maggioranza dal 1939 al 1945; infatti se si contano le vittime dei campi già attivi prima del 1939 si arriva "solo" a 370.000 (ed è anche da notare che questa è una cifra totale, che riguarda strutture attive ad esempio dal 1933 al 1945: nella cifra in sé non c'è indicazione se queste vittime siano state uccise prima del 1939 o dopo).
MA l’intero significato di questa immensa parola rosso sangue “ SHOA’ “ sta racchiuso in un’altra conseguente parola “ STUPIDITA’ “  A tal proposito  Albert Einstein ebbe a dire:
« Duecosesonoinfinite:l'universoelastupiditàumana.Dellaprimanonsonosicuro. »

Il termine "stupidità" ha due accezioni distinte: una vede una condizione d'incapacità o insensibilità, indotta da meraviglia, sorpresa; l'altra una condizione duratura, come dire un handicap. Generalmente "stupidità" indica "incapacità" e "carenza", sul piano materiale e su quello moraleCarlo M. Cipolla definisce lo stupido come "una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita". Basta guardare quel che oggi accade ancora: La bestia umana non sarà mai sazia di sangue e si continuerà in nome di una religione, di una presunta libertà, di una presunta indipendenza ad uccidere cambiando semplicemente il metodo, oggi si uccide con la supremazia economica ( il potere delle banche) e con i coltelli sgozzando persone come agnelli pasquali. O’SCIA’ !!