lunedì 20 marzo 2017




Amore che amare sai
Di Vincenzo Calafiore
21Marzo2017 Trieste
  è possibile innamorarsi tanto?  Me lo sono chiesto a quell’età, non mi sono dato una risposta, ma ancora oggi a quella domanda io non so rispondere! “

Di quell’estate del ’66 s’erano persi ricordi e profumi, niente tracce di lei, se non che labili ricordi in certi momenti in cui dentro sale la marea fino agli orli degli occhi, che potrebbe essere pianto.
 Da poco s’erano conclusi gli studi al Ginnasio sul lungomare, dove da anni seduto a un banco dietro una finestra chinando la testa riuscivo a guardare il mare e la spiaggia, sottostanti; poi al suono della campanella di corsa fuori dall’aula fino alla gelateria all’angolo già piena di studenti e studentesse del Magistrale intenti a prendere un cono pieno di gelato.
Per gli insegnanti io ero già perduto ormai da cinque anni nei miei sogni, e non si perdevano un’occasione per farmi recitare qualche verso dell’Odissea che allora sapevo a memoria, specialmente quando dovevo recitare di Nausicaa, il mio primo approccio con quel mondo misterioso femminile.
Lei era sempre al solito posto seduta sullo schienale d’una panchina di ferro, in jeans e camicia con le maniche arrotolate fino ai gomiti, capelli biondi legati dietro la nuca con un laccetto rosso e un pullover gettato sulle spalle; era lì come se mi aspettasse e alla mia vista la vedevo mettersi in ordine i capelli scivolati sugli occhi.
In fila a prendere il gelato, la sentivo parlare e scherzare con le amiche, ogni tanto vedevo la sua mano passare sulla nuca; poi si avviò da sola alla ringhiera da dove mangiando il gelato non smise mai di guardare il mare.
La raggiungevo coi miei libri sottobraccio e il cono in mano, poco distante da lei, la guardavo di soppiatto, così faceva anche lei …. Senza dirci una parola, fino a quando non la raggiungevano le sue amiche.
La finestra sbatte violentemente, mi fa saltare dalla paura sulla sedia! Il tempo è cambiato repentinamente, qui in montagna è normale e ciò ha un solo significato: sta per arrivare la pioggia! E una volta che comincia non la smette per giorni.
Indosso un impermeabile e vado a chiudere il fienile ove sono accatastati legna e fieno, chiudo anche la stalla ora trasformata in laboratorio e metto gli scuretti alle finestre bloccandoli dall’interno con un robusto asse di rovere; il camino acceso pare un melagrano maturo, parla e canta, m’incanta e mi seduce col suo calore uguale a un’estate nel cuore.
L’inverno è stato lungo come il tempo di pensare nelle giornate tristi e solitarie in una casa in mezzo alla neve che è caduta abbondante la ricopriva tutta; quando non mi esercitavo al pianoforte uscivo di casa per foraggiare gli animali al limite del bosco, anche i due scoiattoli in casa che si rifugiavano sulle travi più alte quando iniziavo a suonare il pianoforte.
Era stata una canzone a riportarmi in dietro ai tempi del Ginnasio e del mio primo amore mai dichiarato, a quei capelli ribelli sugli occhi, a quelle labbra desiderate e mai baciate, chissà che fine avrà fatto, se fa ancora innamorare di lei solamente a guardarla.
Torno a socchiudere gli occhi ormai a questa età è facile tornare e andare, sognare e pensare,commuoversi e piangere; torna il brusio delle voci nei corridoi, visioni di volti freschi e luminosi di vita, che magia è la vita!
Riecheggia la mia voce in classe e mi vedo lontano, irraggiungibile, vorrei incontrarmi almeno una volta per risentirmi e rivedermi in quel momento preciso quando cominciai a sentire amore.
La tristezza è tutta in quel tempo del verbo volere: “ vorrei “ !
Ed è già sera, il temporale è passato, e su me ci sono milioni di stelle luminose e a portata di mano; tutto passa lentamente o velocemente, chissà perché ho sempre l’estate nel cuore a cui ho dato un nome, come una canzone, come musica.
Una melodia infinita la vita!

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