domenica 26 marzo 2017




Di Vincenzo Calafiore
27 Marzo 2017 Trieste


“ non lasciarmi in un mare travolgente d’emozioni
e prendimi come solo tu sai fare o potresti fare, affinchè ci siano ancora giorni, ancora sogni, ancora amore….. “

Oggi già ieri, già domani, in questa vita uguale ove si alternano desideri più o meno di sempre, quelli irrealizzati, già morti sul nascere eppure così vivi, così dirompenti, così presenti nelle mie quotidianità, nella mia quotidianità.
Andare via e tornare con la speranza di trovare qualcosa di diverso aprendo le finestre in un’alba quasi giunta o ancora da formarsi agli orli di un giorno, di uno scampolo di vita sperato e atteso in un intimi mante davvero speciale.
La mancanza o l’assenza di un fortunale che mi allontani da un sargasso lento e mortale è un tempo quasi irreale ove si consumano o si sono già consumate parole buone come suppliche, come preghiere per farti ancora rimanere in certi angoli o sprazzi di immolata gioventù, ancora nelle tue mani, ancora nei tuoi sogni così distanti dalle mie albe o dal mio albore.
Prendimi con tutti i miei no o le mie negazioni, piuttosto che lasciarmi in un si ancora da farsi o da significare; ascoltami e non lasciarmi in un continuo recitar monologhi assunti dalla memoria come percorso o tragitto, viaggio quotidiano per raggiungerti, per amarti o sognarti come bacio o carezza che sia, purchè tu rimanga vera, assetata terra in cui affondare le mani fino alle tue radici.
Tu sai e lo sai, la conosci bene la strada che a me ti porta che da ogni ovunque ti raggiungo per poterti amare, per poterti ancora ridisegnare prima che tutto diventi lontananza o distanza in cui si accumulano sogni e desideri come nubi agli orli di un’esistenza marginale se tu non sei agli occhi miei svegliandomi.
E’ un morire cercandoti,
è un desiderarti immaginandoti,
è vita che si appresta a divenir eternità volutamente spregiudicata, volutamente cacciata in un angolo in cui l’attesa di rinascere è quasi reale come quel mio forte desiderio di trovarmi dinanzi ai tuoi occhi in un incanto o tempesta, uragano in un urlo strozzato in gola come quel ti amo: momentanea preghiera verso un cielo che tanto pare siano gli occhi tuoi.
Se solo ieri avessi immaginato che la mia vita sarebbe stata così dolce e naufraga in un mare che di onda in onda, in un mare che più che avvicinare allontana, io l’avrei consegnata nelle mani di un domani in un attimo mio, in un attimo dissacrato, scarno di poesia, di ingenuità o di vaghe attese a cui tu a volte vieni o da cui te ne vai senza dolore senza rimpianti.
Allora, tienimi così!
Così come sono, uomo ancora capace di raggiungerti ovunque tu sia.
Capace di inventarsi un sogno purchè tu ci sia, esista per essere amata.
Di poche parole, più di silenzi e di sguardi discreti, in cui ti svesto o ti rivesto dopo un bacio, dopo una carezza; raggiungimi con quel si tra le mani come un fiore, come un sorriso o come un si eternamente vita.

Nessun commento:

Posta un commento