giovedì 20 aprile 2017



Di stazione in stazione

Di Vincenzo Calafiore
21 giorno di Aprile, Udine

( 100 pagine in una… )


Il treno dopo aver attraversato le poche gallerie e larghe praterie in quell’estate del ’44 si arrestò sferragliando in una piccolissima stazione sperduta in mezzo a una prateria assolata che per un momento si interrompe, e si sente qualche sportello di un vagone aprirsi e chiedersi, poi il treno riprende piano la sua corsa, la prateria assolata torna ad essere di nuovo del frinire di cicale e del ragliare degli asini all’ombra di alte querce.
Affacciato da un finestrino respiro quell’aria calda piena di mosche e moscerini nei campi o per le vie di paesi sui fianchi o creste di colline; tornavo finalmente a casa dopo un lungo periodo trascorso in un sanatorio.
In quel vagone di Terza Classe la ragazza con la velina calata sul viso si guardava da uno specchietto rotondo, mani infilate in guanti lunghi, bella con quegli occhi grandi scuri come il ventre di una galleria, controllava le labbra dipinte da rossetto rosso.
Il padre in giacca blu e cravatta, leggeva distrattamente il giornale mentre con la coda degli occhi controllava con vaga indifferenza ciò che la figlia faceva.
“ In Prima Classe, non siamo riusciti a trovare posto, ma neanche nei vagoni di Seconda, io l’avevo detto a quella benedetta donna di mia moglie che mettersi in viaggio in questo periodo non sarebbe stata una buona idea…. “  Esordì l’uomo dopo aver ripiegato con calma il giornale. Lei dove si reca di bello?
Io ancora in piedi e con un gomito appoggiato al vetro dando le spalle allo scenario che scivolando spariva lentamente come certi ricordi nella memoria, risposi che mi stavo recando  a casa a Sambiase.
La ragazza seduta su quel sedile di legno, mi guardava con quegli occhi incantevoli su un viso bianco e sembrava interessata alla conversazione, stava attenta ad ascoltare.
“ E, quindi va a casa, torna dai suoi genitori per le vacanze come tutti… e che lavoro fa? Io sono un avvocato e siamo partiti stamane da Taranto; andiamo anche noi a Sambiase a conoscere la famiglia del suo fidanzato … Piacere Nicola La Bella, lei è Margherita mia figlia“. Mi chiese l’uomo dopo essersi presentato.
“ Domenico Pressitano, mi chiamo Domenico, giornalista e torno a casa dopo tre anni di sanatorio; a casa non c’è nessuno ad attendermi …. non c’è nessuno ad aspettarmi in stazione”. Rispondo senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di Margherita, che mi seguiva con interesse.” Mi siedo sul sedile di fronte dopo essermi presentato e vicino al finestrino di quel vagone semi vuoto.
“ Il fidanzato si è appena laureato in medicina… Si sono conosciuti all’Università e ora va a promettersi in sposa! Io sono fatto così… mi piacciono le cose fatte bene!” Aggiunge, mentre si accende una sigaretta.”
“ Così va a conoscere i suoi futuri suoceri, complimenti! Una bella ragazza come lei difficilmente rimane nubile….   Aggiungo rivolgendomi alla ragazza!
Lei annui chinando leggermente la testa; non smisi un attimo di guardare l’incanto di quegli occhi avvolta in una piacevole nuvola di acqua di lavanda.
In quell’estate paesana, dopo la guerra, c’era un gran fermento, le ferite andavano rimarginandosi, i morti erano stati seppelliti e messi dentro cornici ovali o in ovali d’oro appesi a una catenina al collo.
L’Italia ripartiva da zero.
A casa non c’era nessuno e una volta infilata la chiave nella serratura la prima cosa che vorrei fare è quella di dare aria e luce alle stanze … pensavo queste cose nella pausa di silenzio che era calato; mentre guardavo la ragazza con quel volto dietro una velina e con il corpo dentro un vestitino stretto in vita, blu a pallini bianchi, a campana sopra le ginocchia. Belle anche le gambe.. la guardavo e pensavo, immaginavo mentre il treno si avvicinava alla Stazione di Lamezia.

-          Continua  -

Nessun commento:

Posta un commento