giovedì 27 aprile 2017


Come vuole sia


Di Vincenzo Calafiore
28 Aprile 2017 Trieste

Perchè c’è in me la strana sensazione dello straniamento come se io non appartenessi a nessuno e poi quel sentire fortemente la mancanza di un qualcosa non definita, e della quale o per la quale avere una latente nostalgia?
A volte avvertita come una specie di forza o dominante sensazione di allegria paragonabile a quella  rilasciata dalla visione di fuochi d’artificio; poco durevole o momentanea sopraffatta dalla mancata visione di ciò che più amo!  
C’è un volto che sta nel palmo delle mani, un volto da stringere con dolcezza e avvicinarlo alle labbra che vorrebbero baciarlo;
ci sono due occhi che sanno come guardarmi e allo stesso tempo chiedermi; occhi che hanno in se quella strana brillantezza che sono gli occhi che sanno amare.
Accade così che ogni giorno, tutte le mattine da un remoto ignoto vado in contro loro con altri occhi per avere amore, fosse solo un bacio.
Mi commuovono, fanno tenerezza, fanno amore!
E’ una vita che cerca vita in questo “ altrove “ di una lenta e inesorabile senilità stemperata, smorzata nei colori come un magico tramonto a cui andare sulle ali di quel voler ancora amare anche se nella lontananza o distanza tra occhi e labbra a volte incolmabile.
E’ un altrove o luogo non luogo, tempo non tempo … lei così dolce così irraggiungibile.
Lei così “ suono” che non ha voce è colore che ha voce, è forma che si trasforma in un limite da raggiungere o rompere o già lontano.
Cammina a piedi nudi o cavalcando un’onda d’emozione per giungermi nell’animo, per fuggire assieme all’iniquo vestiti da manti di seta, senza corpo perché lasciato come punto a cui tornare; se questo è amore, noi cosa siamo?
Tra le emozioni, lei, è l’emozione!
Ma che cosa sia l’amore, che cosa sia il significato, come e perché a un certo punto con voce esile si arrivi a dire : t’amo !
Io non lo so, non so o non saprei spiegarlo perché è linguaggio criptato del cuore un codice intraducibile e allo stesso tempo così palese, così evidente, così forte, così ingenuo tanto da farci commuovere o sorridere, essere felici o infelici, amati o rifiutati.
Cosa voglia dire questa comunicazione che viaggia sui fili delle intime felicità, uno scambio di mani tra cuore e anima, io ancora adesso non sono riuscito ad interpretarlo, ma quel che so è quella strana sensazione d’esistenza o d’essere, quel sentire dentro che obbliga a volte a pensare e rimanere svegli o sognare di sognare lei, alla quale consegnare parole e sentimenti che sanno di quasi eterno.
Allora perché il più delle volte proprio l’amare significa più levare che donare?
Perché se di donazione si tratta si sente in fondo al cuore quel sottile dolore che comprime il petto dentro una morsa?
Perché amare non è solo queste.
Amare non è solo un verbo anche sulla bocca degli stolti o di ciarlatani, o di quegli uomini che non sono capaci di amare e di donare amore.
Amare è il sacrosanto, la grandezza dell’umano che si manifesta tra anima e cuore.
Io amo o ti amo.  Lo dico sempre ogni momento ogni mattino, ogni sera, non solo in quei momenti di intima corrispondenza; glielo dico con quel mio e solo mio sentire che mi fa a volte  uomo a volte mare che si perde in altro mare; che mi porta a divenire altrove in un altrove dove forse lei chissà se sa di trovarmi. Ma basti che volga lo sguardo dove credo sia e mi ritrovo solo, così capisco che non sono mai stato con lei che sono stato solo e solo sarò stato sempre!
Eppure nonostante ciò io ugualmente ubbidendo a un forte richiamo d’eterno continuerò nonostante tutto a dirle: t’amo! Chissà perché!


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