domenica 9 aprile 2017



Quando c’è un ritorno

Di Vincenzo Calafiore
10 Aprile 2017 Udine
 ““  Imparai a riconoscere le maschere dai volti che incontrai ogni giorno!
Giorni di tante maschere e pochissimi volti. “”

Lo so se volto lo sguardo a Sud di questa terra friulana trovo il mare, un mare muto di leggera risacca che porta a riva alghe morte.
In certe giornate, quelle in cui non si ha voglia di nulla, e di queste ne ho parecchie, nemmeno mi rado, le consumo strofinandole alle pagine dei libri letti, o le cestino un po’ alla volta assieme alle cicche delle tante sigarette fumate da un balcone proteso sul nulla da cui osservo lontani stormi di corvi.
In quel mio sommesso desiderio d’evasione immagino sempre le stesse cose, forse le più a mancarmi, le spiagge di sassi e il mare; quel mare cangiante, mai uguale nemmeno in un minuto, penso a quegli amici che non troverò più e quelli rimasti troppo presi e stretti dalla morsa della quotidianità ormai cristallizzata su di essi, a salvarsi tra questi è Stefano Federico che tanto mi rassomiglia pure nei sogni.
All’ennesima sigaretta comincia ad agitarsi quel mare scuro dentro e sono preso dalla forte frenesia di scrivere, cosa che faccio sempre quando sono così scombinato, e quindi torno a rinchiudermi nella tana.
Penso a delle città con le strade piene di preghiere tibetane e svuotate da violenze,e prostituzioni, dagli alti recinti che separano coloro freschi di profumo da quelli che sanno di fatica e sudore; in cui si muovono sicuri e protetti dai poteri del denaro.
Con questi pensieri in testa c’è poco spazio per la scrittura, sono disorientato e con la bile agli occhi, mi viene voglia di chiudere tutto e andarmene in un posto sicuro in cui ritrovare la serenità perduta e il coraggio di ammettere la mia sconfitta.
Dovrei essere ormai abituato alle tante sconfitte, come alle mie solitudini e alle solitarie passeggiate su strade che non mi portano da nessuna parte se non a quelle inquietudini che poi di notte hanno il sopravvento e mi costringono a vegliare e a immaginare quel che ero e cosa sono adesso, un uomo da dimenticare.
Se ci fosse un ritorno io ritornerei lì da dove sono partito un giorno, con una di quelle valigie di cartone  piccole di colore verde muschio intenso; una valigia di poche cose forse più di miseria e un tozzo di pane e di speranze che di realtà.
Già a quel tempo ero stato rapito da un sogno, un sogno che sapeva di libertà e di senso della vita, un sogno che voleva amore.
La mia fuga, allora, l’avevo programmata tutta a un traguardo…. raggiunto e superato come un mare grosso.
Ma oggi dentro questa tana non ho più un traguardo da raggiungere e da superare!
Le cose uguali a sassi tondi come uova preistoriche che rotolando riempiono i giorni di frastuono assieme alla mia vita che se ne va.
Riesco anche a darmi dell’idiota mentre la stilografica scivola sui fogli che vanno riempiendosi di parole infilate come perle in una specie di corollario che va aprendo varchi di luce in cui posso intravedere quel mio mondo pieno di luce e di spazi trapuntati dai papaveri!
E’ un abbaglio proposto dal mio forte sentire in me la vita prendere forme e colori che più amo.
Ma in tutto questo marasma c’è lei la mia stella polare che mi guida e mi rasserena; ha occhi miti e un sorriso primaverile, parla e si placa il mio mare, si ferma anche la stilografica … mi perdo e torno nuovamente ad essere rapito da un sogno lungo una vita breve come un bacio.
Lo so, lo so di essere perdutamente innamorato, lo sento e lo avverto in me in forma di parole e verbi da scrivere o da recitare in qualche mio silenzio o lontananza, distacco da una realtà ripudiata e messa a tacere con una preghiera intima e preziosa o come fosse un viaggio in Tibet.
La sigaretta sul finire scotta le dita, mi fa tornare alla realtà che mi trova seduto davanti a una scrivania piena di cose che sanno di parole. Tutto diventa poesia, respirata nell’aria rarefatta di un si alla vita che toglie il respiro e fa sorgere esigenze di nuovo amore, di nuove passioni che non tengono conto degli anni che si sono sedimentati uno sull’altro in strani approcci e magiche visioni.
Io amo, in questo tempo di vita a finire.

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