venerdì 20 giugno 2014


                        LA SOLITUDINE

 

di Vincenzo Calafiore

 

 

Amore la conosco bene la solitudine, a volte adorabile compagna a volte gelida carezza nel cuore e sono stati baci di arresa.

Ai tuoi occhi di brezza iniziai a parlare come il mare.

Come il mare io ti parlo e tu vieni a cercar le mie braccia che ti proteggono, docile di labbra azzurre nell’alba, splendenti ai miei occhi stanchi inutili alla tua luce.

Si amavano di notte  le mani, quando arcaici e palpitanti urli scorrevano sotterra e le dune bianche stirandosi come arcaici dorsali sfiorati da carezze di seta, mani, labbra che giungendo toccano.

Guardami e prendi unisci il sangue al sangue tuo.

Amiamoci con le nostre labbra che nascono da tempesta dura, labbra squarciate, speme su speme in mezzo fra vermiglio e azzurro.

Là come il mare io ti amo in un letto, ancella sanguigna.

Come il mare ti parlo e già muori nel serrato urlo d’amore, là nel fare il giorno e tra le scure sabbie della notte.

Siamo corpi in balia di ore e baci di dente contro dente. Corpi tesi di crescente desiderio come onde che su dai tuoi piedi carezzano le cosce, corpi che sollevandosi fluttuano sopra un mare di grandi ti amo.

Amore, come il mare ti parlo in una estesa intimità di vivente solitudine.

 

 

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