sabato 28 gennaio 2017




Il “ Giorno della memoria”

Di Vincenzo Calafiore
20Gennaio2017Udine

Quel giorno risuoneranno gli echi di inni, cerimonie un po’ ovunque dove monumenti eretti alla memoria dovrebbero ricordare quel giuramento: mai…. Più! Ma è una ricorrenza, una doverosa ricorrenza, dopo si riprenderà a uccidere, continueranno ugualmente i massacri. Forse la vera lampada votiva sarà quella che arde in coloro che ricordando fanno in modo di non dare voce alle armi, a non alzare muri di filo spinato, che Auschwitz viva come monito afficnchè non si ripeta.”

E’ il 27 Gennaio che si celebra il “ Giorno della memoria a 72 anni da quel 27 gennaio 1945 in cui i russi entrarono ad Auschwitz.
Io scrivo adesso, non mi piace essere parte o prendere parte alla grande sceneggiata strappalacrime di tanti che di questa giornata proprio conoscono poco e anche se dovessero conoscerlo, saranno parole di circostanza, utili al momento, o per rappresentanza.
La domanda che spontaneamente più di una volta mi sono posto è: a cosa serve ricordare?
La risposta verrebbe da se solo ci fermassimo un attimo a riflettere, se solo ci guardassimo intorno, ed ecco che la risposta viene naturalmente da se: non serve a nulla così fatta, non serve a nulla così commemorarla!
“ Quei morti sono coscienza” e fanno o dovrebbero far parte della quotidianità individuale ad ogni latitudine, a ogni coscienza di qualsiasi nazione.
Probabilmente la si celebra per darsi una smacchiata alla coscienza.
Quindi i russi entrarono ad Auschwitz, nel Lager- simbolo nella memoria storica e nell’immaginario collettivo, nel delirio di onnipotenza di Adolf Hitler.
Il Fuhrer assistè drammaticamente alla fine del suo Reich dal bunker sotto Berlino, destinata a diventare un mucchio di macerie e un rogo.
Auschwitz, il Lager simbolo della tortura, della persecuzione e dell’eliminazione finale, è anche allo stesso tempo simbolo della profonda crisi della civiltà occidentale, e della ragione, dell’umanità che è morta.
Il Lager-simbolo della Shoah, evento qualificabile come “ umano”, anzi troppo umano, che sottratto alle leggi della Storia, si trasforma in un evento metafisico inspiegabile.
Noi non dovremmo neanche menzionarla questa giornata, nemmeno la Shoah, perché non ne siamo più degni, abbiamo infranto il patto di giuramento “ …….. affinchè non accada più, o che non si ripeta più “ parole e solo parole, poiché si continua a uccidere in nome di un Dio, si uccide per un ideale giusto o sbagliato che sia, si muore alle frontiere, si fanno nuovamente campi recintati da filo spinato per donne, uomini, bambini, vecchi, tutti assieme tutti alla stessa maniera senza alcuna umanità, perché non c’è nulla di umano in quelle cifre, in quei corridoi tra fili spinati, e in quei campi pronti a scoppiare.
Noi non dovremmo neanche menzionarla questa giornata poiché ne siamo indegni visto i risultati di certe politiche, visto l’ostruzionismo o la cecità di certe nazioni, nonostante i buoni propositi che ogni hanno vengono manifestati davanti a un microfono, nelle chiese, davanti a un monumento che ricordi la Shoah.
“ Quei Lager non sono stati un incidente “ e non restano un monito per tutti i popoli.
Ma chiediamoci pure quante Auschwitz sono scritte nella storia?
Un’analisi corretta e umana, profonda, dovrebbe rimuovere la moltitudine dei luoghi comuni antistorici e la stereo tipizzazione dei fatti e dei suoi protagonisti su cui si fondano le nostre conoscenze che ricordano di ricordare questa storia, letta tuttora da molti, come le agiografie su martiri cristiani e sugli eroi civili, solo in occasione delle ricorrenze ufficiali celebrative.
A oltre 70 anni dai fatti, non abbiamo imparato niente, non abbiamo conservato niente.
Quelli che uscivano in quei giorni da Auschwitz, scrisse Primo Levi, “ non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno. Era la stessa vergogna che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose, come San Valentino, come una ricorrenza importante, introdotta nel mondo delle cose che esistono e che la sua volontà sia nulla.
E allora il punto è di capire perché Auschwitz è stato un incidente della storia.
E’ da interrogarsi: “ non si ripeterà mai più o è destinata a ripetersi come una modalità scritta nel DNA del genere umano?”
Nell’insonnia della ragione adesso si rinnova la rimemorazione della apertura  dei cancelli di Auschwitz, dove si compì in larga misura lo sterminio degli ebrei  e non solo. Rimemorazione che non può diventare assolutamente routine, ma che dovrebbe servire a riannodare i fili della storia della tragicità della Shoah.
L’esperienza devastante dei prigionieri all’interno dei Lager richiama alle relazioni complesse fra storia e memoria, attraverso la testimonianza dei pochi, troppo pochi sopravvissuti che, come dimostrano da tempo da sola non basta a scongiurare altri orrori, altre fosse comuni, altri sgozzamenti, altri assassinii con autoveicoli e armi da fuoco, tritolo.
Forse Dio non è voluto intervenire allora come adesso, non perché non volle o non vuole  ma perché non era o non è in condizioni di farlo!
“ Ma ci sarà una coscienza che ci farà cogliere le catastrofi del tempo? Forse ci sarà una mezzanotte quando anche Dio si ricorderà della cerva che giace nella polvere e negli esilii e verserà due lacrime che bruceranno più del fuoco del mondo, e il suo silenzio. Dio che nasconde il suo volto per tutto il male fatto fino a oggi, ma dietro il celarsi di un volto è come se si nascondesse l’incapacità umana di vederlo quando c’è. E nelle scritture il non nascondermi il tuo volto, lo troviamo come espressione di una angoscia e di una ricerca costante. Allora l’olocausto lo vediamo come assenza di Dio!
Non è così, non è Dio ad essere assente, è l’uomo ad essere assente, ieri come oggi, ecco perché quel giorno mi “ spegnerò” non prima di rilanciare la stessa medesima accusa a questa umanità distratta e molto impegnata a produrre ricchezza per pochi e tanta miseria per il resto; questa umanità impegnata in cose futili che non portano da nessuna parte se non al disastro, alla disumanità, alla povertà e alla miseria spirituale nella quale andremo a cercare Dio che si nasconde per non farsi trovare ma che è lì in quel Viale dei Giusti.”
Primo Levi: “ …. I sopravvissuti non vogliono che il mondo dimentichi, perché hanno capito che i Lager non sono stati un incidente, un imprevisto della Storia”.

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