venerdì 6 ottobre 2017





Amor che desiderio sei…

Di Vincenzo Calafiore
6 Ottobre 2017 Udine






“ anche quella volta Lei c’era e mi riparò
 dalle mie tempeste sotto le                                                  
sue ali. Amor che desiderio sei,
così grande più della verità, più grande
più profondo ancor più quando
ti sussurro t’amo! Con te non sono un uomo innamorato,
ma uomo felice sì. Ti appartengo e non ho scelta. Ogni volta
che accade mi svuoto e mi riempio di noi e in quel noi
c’è la parte più intima, la più vera, l’unica! “
                         Vincenzo Calafiore

Quando ami o l’Amore stesso non si lascia recintare dalle parole, il linguaggio è una convenzione umana, l’Amore è un qualcosa che va oltre l’esperienza limitata dei sensi. E’ dunque quasi impossibile il tentativo più straordinario mai compiuto dall’uomo per dare compiutezza a qualcosa di inesprimibile.
Le domande che ( semmai ) ci si pone è un sentire che sgorga dalla testa e risuona nel profondo là dove i pensieri non possono giungere e violare, ove regna incontrastato l’intuito. 
Chiedersi cos’è l’Eros e chi è Eros?
E’ amore, amore di qualcosa, desiderio di qualcosa che si desidera. Ma se lo si desidera significa che non lo si possiede, ne consegue dunque che amiamo ciò che non possediamo o potremmo possedere.
Allora l’energia dell’amore dunque si esaurisce con la conquista oppure esiste o potrebbe esistere un modo per trattenerla?
Certo, un povero ama la ricchezza perché non la possiede. Però anche un ricco può amare la ricchezza e un sano la salute. Nel senso che amano poterle avere anche in futuro: in una dimensione temporale, cioè, in cui non le possiedono ancora. Perciò è possibile continuare ad amare una persona anche dopo averla conquistata. Succede quando desideri conquistarla anche in futuro. E’ la tensione verso un obiettivo non ancora raggiunto che tiene in vita Eros. 
Bisogna sempre essere affamati, direbbe Steve Jobs. L’amore vive finché si fanno progetti e sogni in suo nome. Finché si coniugano i verbi al futuro. Finché coloro che si amano non smettono mai, almeno un po’, di mancarsi. 
Desiderio e piacere secondo Platone
La ricerca della verità che anima il pensiero del grande filosofo greco si imbatte nella necessità di definire i sentimenti umani. Tra questi cos’è il desiderio? Cos’è il piacere? Le frasi che seguono ne forniscono, in forma di metafora, il significato che vi attribuisce il filosofo. Da tempo dunque è connaturato negli uomini l’amore degli uni per gli altri che si fa conciliatore dell’antica natura e che tenta di fare un essere solo da due e di curare la natura umana. Se ad essi proprio nel momento in cui giacciono insieme si accostasse Efesto con i propri strumenti e domandasse “Cos’è dunque, uomini, che volete che vi succeda l’un l’altro?” e, trovandosi essi in difficoltà, chiedesse ancora: “Forse agognate questo, di congiungervi indissolubilmente l’uno con l’altro in una sola cosa, così da non lasciarvi tra di voi nè di giorno nè di notte? Perchè se bramate questo, sono pronto a fondervi insieme e a comporvi in una sola natura fino al punto che da due diventiate uno solo”. Dopo che la natura umana fu divisa in due parti, ogni metà per desiderio dell’altra tentava di entrare in congiunzione e cingendosi con le braccia e stringendosi l’un l’altra, se ne morivano di fame e di torpore per non voler far nulla l’una separatamente dall’altra. Abbietto è l’amante volgare innamorato più del corpo che dell’anima: non è un individuo che resti saldo, come salda non è nemmeno la cosa che egli ama. Infatti quando svanisce il fiore della bellezza del corpo del quale era preso “si ritira a volo” ad onta dei molti discorsi e delle promesse. Chi invece si è innamorato dello spirito quando è nobile resta costante per tutta la vita perchè si è attaccato a una cosa che resta ben salda. Che cosa strana sembra essere questa che dagli uomini viene chiamata piacere; e come sorprendentemente essa, per sua natura, si trova con quello che sembra il suo contrario: il dolore. Ed essi tutti e due insieme non vogliono coesistere nell’uomo, ma se poi qualcuno insegue l’uno di questi e l’afferra, egli, in un certo modo, è obbligato a prendere anche l’altro, come fossero attaccati ad un sol apice, pur essendo due. Socrate ha conoscenza dell’ordine del razionale, tratto dal caos, ma sul tema dell’amore ha imparato tutto da una donna, Diotima, e ora può dialogare.
Ha imparato, lui che non sapeva nulla, che amore è un demone possente che sta tra i mortali e gli immortali. Dunque un vicenda che sta tra gl’umano e quello sfondo pro-umano,abitato indifferentemente dagli animali e dagli uomini..Gli dei,infatti, sono dentro di noi,per cui l’uomo ha la sensazione di una possessione <,quindi l'io razionale subisce una dislocazione (atopia). L'amore diviene dunque qualcosa che dispone dell'io, che apre alla crisi, che lo toglie dal centro della sua egoità, dall'ordine delle sue connessioni,facendogli vivere un'esperienza di altro genere.. <figlio di povertà e bisogno, eros non è affatto delicato e bello, ma duro ispido,scalzo, senza tetto..riposa dormendo sotto il cielo aperto, nelle vie,in strade ignote. Ma è anche figlio di Poros, la via, il passaggio, il guado, facendoci tornare alla follia, che ci ha sempre abitato, vicina al distacco dalla terra, di cui come cerchio, facevamo parte integralmente.. Ci ricongiunge alla parte divina. E' misterico, occupa lo spazio tra vita e morte. Morte come dissoluzione dei suoi confini, limiti, configurando nuovi modi di rinascere. Platone erge amore a simbolo della condizione umana, e non è solo vicenda di corpi avvinti, ma ha in sè la traccia, la cicatrice,la memoria antica di quella lacerazione e costante ricerca di quella pienezza, per cui ogni amplesso è memoria, sconfitta, tentativo di ritorno all'Amore.






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