martedì 11 ottobre 2016



La paura di guardarsi dentro


Di vincenzo calafiore
12 Ottobre 2016 Udine

“ Se temete la solitudine, non sposatevi! 
( Anton Cechov) “

Porto via con me sempre il mio buon libro che tiro fuori nei momenti lunghi dell’attesa, in aereo, in treno; un libro che leggo e rileggo da una vita: “ La mia memoria, la memoria di Moby Dick “ e non bastano mai i giorni per leggerlo.
Sfogliare le sue pagine è come porre una resistenza passiva al gioco degli uomini fino alla depressione e alla follia.
Si tratta di quel rifiuto radicale che portiamo spesso dentro di noi, della “ nullità del vivere se non ci si guarda dentro .”
C’è  il desiderio, la necessità di comprendere tutte le distanze che via via sono state create che allontanano per una banale o forse voluta incomprensione dell’altro, dell’altra, che anima la  qualsiasi relazione, spinti anche da tensioni mai sopite.
Per questo ci portiamo dentro quel rifiuto conscio o inconscio, quella paura di guardarsi dentro!
Succedono cose strane con le parole e quando si legge il libro dell’uno e dell’altra saltano fuori le inquietudini e sembra di leggere il proprio diario …. Qualcosa che non c’è, ma che si avrebbe voluto, potuto, scrivere. E’ qui.
L’errore sta nel volersi sentire protagonista e non un semplice trasmettitore per donare la qualsiasi emozione, per questo essere < trasmettitore> non è cosa difficile, ma,anzi, molto piacevole.
Riemerge il diritto di leggere le pagine del nostro diario, leggere ad alta voce importante quanto, se non di più, di quella tradizionale silenziosa.
Quindi leggere a voce alta per farsi ascoltare ma anche ascoltare l’altra/o.
Ci sono le proprie solitudini e della propria solitudine si hanno delle percezioni particolari, del tutto personali.
Per alcuni essa rappresenta un fatto monocromatico ( è un argomento che già trattai tempo fa), qualcosa che non cambia mai di tonalità e quando ne avvertono il sopraggiungere vengono colti dallo stesso sgomento che proverebbero di fronte all’imminenza di un evento minaccioso.
Forse è importante più di ogni cosa guardarsi dentro prima di “ giudicare” reperire un’ulteriore modalità di comportamento che porta a considerare ed accogliere della nostra solitudine l’aspetto di mutevolezza. Chi è capace di sentire quanto possa essere preziosa la sua modulazione, è anche in grado di considerare l’altro/a, di considerane, oltre alle note melanconiche di quando diventa dura e struggente, anche la fecondità dei momenti in cui essa suscita tranquillità, calma, possibilità di dialogo col più autentico amore.
E ciò in quanto la paura di guardarsi dentro rappresenta il più delle volte la molla che fa scattare il timore del silenzio, identificato col “nulla”, col vuoto esistenziale.
“ Solo “ potrà definirsi colui o colei che, oltre a prendere le dovute distanze dagli altri, evita di entrare in contatto con se stesso se stessa, per fare i conti con le proprie emozioni e valutare le proprie scelte.
Se ogni individuo riuscisse infatti ad interrogarsi sul perché non riesce a star solo/a, potrebbe allargare il quesito fino a chiedersi perché non sappia stare in armonia con gli altri.
Probabilmente osserverebbe che la responsabilità è tutta sua e non degli interlocutori o compagni di viaggio. D’altra parte, di persone che vivono male la solitudine, come pure le relazioni, è pieno il mondo.
Ma è pur vero che spesso una tale condizione e constatazione rappresenta solo una difesa e, quindi un ulteriore passo verso la già descritta strategia di < evitamento >.
Se gli incontri interpersonali si realizzassero sotto l’auspicio del riconoscimento reciproco, e se la gioia del donarsi si coniugasse con un analogo atteggiamento dell’altro/a, potrebbero nascere rapporti autentici, privi di paure e pregiudizi, vivificati dal piacere della condivisione del proprio corpo…. Quello che tutti desideriamo: amare e essere amati per quello che siamo e non per quello che potremmo essere, fare l’amore per il desiderio di sentirci fusi in una sola unità durasse anche solo un attimo, ma autentico, puro, vero, unico; lontano dalla scadente volgarità espressa a volte in centimetri e diametri, duratura!
Cercando l’amore di sé continuamente nella conferma di un “si” di un ti amo!

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