sabato 15 ottobre 2016



Parole sotto chiave

Di vincenzo calafiore
15 Ottobre2016- Udine

“ Si vorrebbe tornare alla prima pagina in cui si ama
Mentre abbiamo già tra le dita la pagina in cui si muore! “

In questa notte strana, di luci ai suoi orizzonti orlata da antiche profezie, nelle parole di misere metafore, guardo come da uno specchio immagini propiziatorie di un qualcosa che deve ancora venire, un qualcosa indefinita già mia.
E scopro nuvole di parole che sanno volare, parole che volteggiando nell’aria frizzante fissano righi piene di parole, frasi che poi diventano pagine di un racconto che vorrei scrivere.
Scopro così di venire da un passato tormentato, di portarmi addosso settant’anni di solitudine e di ferocia, ora mi trovo davanti massiccia e genuflessa la mia anima mentre il mondo sta precipitando giù …. , insieme inizio di una marea di ricordi.
Ho visto nuvole di parole a forma di ala e si potrebbe volare, a forma di mare e si potrebbe  navigare.
Con la malinconia di un sorriso che non sorvola sui fatti, bensì ne spreme gli umori più segreti, i ricordi più reconditi penso a una vita diversa, a un sogno diverso ma c’è la mia età che porta consigli mi fa tornare al remo per continuare a vivere lontano dalle vaghezze, dall’essere ipocrita.
Allora conto con attenzione le memorie attraverso una simultaneità di emozioni che riaccendono pure un fervore di pensieri tra un motivo e l’altro, tra una visione personale e una impersonale quella che appartiene a un contesto più grande più immenso.
La cosa peggiore  è il momento della luce che dinapa le tenebre e apre la scena su un cartone comune ove volano parole che sono macigni; solo il pensiero mi fa venire voglia di riavvolgere tutto e far tornare la notte.
Quello che più mi atterrisce è la facilità con la quale si distribuiscono ad altri i famosi: ipocrita, menefreghista, ingrato, egoista etc. quando si dovrebbe ben tacere e guardare alla propria coscienza dai vicoli e di case cadenti nel buio bagnato dalla cattiveria.
Ma resto nel mio buio bagnato rischiarato dai versi di gabbiani che cercano barche e rive su cui posare distanti da una maestosa decadenza, portati via da una tramontana cattiva.
Là fuori oltre quell’inchiostro diluito in nuvole svaporate c’è un presepe che si sveglia al contrario, un presepe cambogiano di violenza velato da una specie manto mondano e incorporoso; è viene voglia di fare ritorno ad un sogno di perenne e alata solitudine.
E’ ancora un presepe vuoto e addormentato, una gabbia da cui è impossibile evadere, pregna di una ferocia grigia che non da tregua; un luogo di tanti luoghi desolati dove si conduce un’esistenza costruita sulla paura di uomini moribondi che parlano piano con la passione e l’accanimento d’un tempo.
Quest’alba immersa in una recita infinita in cerca di un io che sa che occorre il calore umano quando i fallimenti si sono stratificati e l’anima appare un acquario mai pulito con un vento nuovo che interrompe la pigrizia.
Per potermi salvare mi defilo, uno stare rintanato, nascosto agli occhi di un mondo ormai insopportabile in tutti i suoi aspetti!
E penso a coloro che pensando d’essere nel giusto non sanno di dover fare poi i conti con un mondo di fantasmi, di cose scolorite di irrimediabili perdite; a voi che vi mescolate in azioni vertiginose, nelle improvvise fenditure che avete creato, a voi che pieni di grumi di gesti e variazioni di tempi che vi rimane poi?
Già per voi è solo un attimo di piacere forse fine a se stesso l’amore per la vita! Quell’attimo di piacere che insegue soprattutto chiunque sia sopravvissuto al vostro disastro, una guerra distruttiva che si rinnova e si protrae.
Ma sbuca dal buio un raggio di sole, asciuga le ferite di una guerra appena finita e dove la primavera, forse, non è una stagione ma è un perenne amore di vivere appieno le emozioni di un sorriso buono, un sorriso che si nutre di buone emozioni….. eppure quasi sulla soglia di un romanzo che si vorrebbe scrivere e mancano le parole per iniziarlo! Che schifo.














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