venerdì 14 marzo 2014


DIMMI, RACCONTAMI DELLA FELICITA’

 

By Calafiore

Se io ti chiedessi cosa sia la felicità, mi risponderesti che la felicità è trovarsi in una situazione diversa dalla solita.

Sai che non è vero poiché la felicità non è una situazione ma è semplicemente “il trovarsi” a vivere per una donna,per quella -unica donna- e potersi specchiare nella luce dei suoi occhi che ti guardano e ti seguono in ogni tuo ovunque specialmente quando ti senti “spento”. E non solo per lei!

Dunque su quella veranda da dove si vedeva il profilo di Capo Spartivento, sopra un mare turchese, provai a parlare con Dio. Certo al momento mi era sembrata cosa impossibile, mi sentii come uno stupido e stavo per ritornare dietro la vetrata e sedermi sulla mia comoda poltrona messa là, al centro per poter guardare tutto il mare che la vetrata poteva contenere, per ore e ore. Ma io con Dio ci volevo palare e quindi non me ne andai, rimasi lì all’in piedi con le mani sotto le ascelle per scaldarle; cominciai io e gli raccontai un po’ della mia vita anche se ne ero certo e lo sentivo, lui di me già sapeva tutto. A mano a mano che mi raccontavo nasceva una specie di racconto sgrammaticato e zeppo di errori, ma era la mia vita. Avvertii in me una strana serenità che mi fece volare sopra il mio vuoto esistenziale e non so per quanto tempo sono rimasto davanti a quel mare ma so di essere tornato diverso. Dopo steso sul letto con gli  occhi  chiusi nella morte apparente la sognai quella felicità.

Avevo più o meno 68 anni e s’erano già consumati molti bonus del tempo a mia disposizione, guardai il rimanente nelle mie mani e c’era pure la mia richiesta fatta a Dio, c’erano le mie speranze di una vita non migliore, ma uguale perché ancora è in me quel sottile piacere di continuare a saziare la mia sete di conoscenza, dell’umiltà e della ragionevolezza, di credere e quindi di continuare a parlare con l’unica persona che non mi avrebbe mai tradito: Dio.

Se pur in prestito a questo mondo lontano, mi sono diverse volte messo in viaggio su mari sconosciuti dove ho rischiato di annegare con tutto quell’amore che ancora volevo donare alla donna che ho da sempre amato senza maschere, con le mie casuali bestemmie, con i miei slanci di vaga giovinezza polverizzata già sul nascere. Con i miei fallimenti e le rare vittorie, ma sempre uomo, sempre eterno a Dio.

Dunque, vivere è raccontare la felicità quella vera che si prova stando vicini in un grande letto pelle con pelle e labbra con labbra, con le mani sul viso, con la luce negli occhi e le parole mancate sussurrate lontano dal mondo. La felicità quotidiana di poter incontrare un amico con cui sorseggiare un caffè, ascoltarlo con attenzione consci entrambi di non essere più soli in questo deserto senza Tuareg. E’ felicità quando sai di essere atteso da qualcuno non importa se dalla tua donna o dal tuo migliore amico, sapere d’essere amato senza un fine diverso per quel che sei e per quel che vali.

E non bisogna cercarla né trovarla nella futilità o nel godimento provvisorio di un bene materiale; ma sentirla in se ascoltando il silenzio e il suono della pace interiore senza menzogne, senza rancori, senza lontananze da Dio che sta dentro e cova, e scalda,non ti fa morire inutilmente. Ama ciò che hai! E’ questa la fonte della felicità non v’è altro.  

 

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